L'eccidio di Meina non fu ordinato dall'alto di Tito Sansa

L'eccidio di Meina non fu ordinato dall'alto Parlano a Osnabrùck le SS che comandavano la zona L'eccidio di Meina non fu ordinato dall'alto Citati come testi il gen. Wisch, il col. Kraas, il magg. Leumann e Theo Saevecke, che fu vice-capo della polizia nazista a Milano - Hanno lanciato pesanti accuse ai cinque imputati, ma neanche loro sono usciti indenni dall'interrogatorio - E' risultato che Saevecke e Wisch (quest'ultimo è svenuto per le contestazioni ed è rimasto 3 ore in barella) « sapevano » della strage, e non fecero nulla per impedirla (Dal nostro inviato speciale) Osnabriick, 16 gennaio. Ho visto oggi succedersi sulla poltrona dei testimoni nella Corte d'Assise di Osnabriick alcuni importanti uomini dell'occupazione nazista in Italia, la cui sola vista nei giorni dopo l'8 settembre 1943 incuteva terrore. Quattro ex alti ufficiali delle SS, che per un certo periodo fecero il bello e il cattivo tempo tra il Lago di Garda e la frontiera francese: il generale di brigata Wisch, comandante della divisione corazzata Leibstantìarte Adolf Hitler (la guardia del corpo del Fiihrer), il colonnello Kraas comandante del secondo reggimento della divisione e il magg. Lehmann, ufficiale d'ordinanza del generale, nonché il vice capo della polizia politica tedesca a Milano, Theo Saevecke, oggi funzionario della polizia criminale per conto del governo di Bonn. I quattro sono stati citati come testimoni di accusa al processo per la strage di Meina, del settembre '43, compiuta da alcuni reparti della truppa favorita di Hitler. Non sono venuti invano. Per difendere se stessi («Nora abbiamo dato alcun ordine, non abbiamo mai torto un capello a un ebreo, non ne abbiamo saputo nulla», hanno detto), essi hanno messo nei guai più di quanto ci si aspettasse gli ufficiali loro ex subalterni, accusati di avere organizzato l'eccidio. La carneficina sul Lago, anche dopo le testimonianze degli alti papaveri ascoltati oggi, assume l'aspetto di una iniziativa personale di un gruppo di ufficiali e il movente di essa appare la rapina, Roehwer, Krueger e Schnelle — i tre capitani delle SS di stanza sulla riva piemontese del Lago Maggiore—avrebbero dato l'ordine di uccidere non per odio razziale, ma soltanto per impossessarsi dei beni delle loro vittime. I testimoni d'accusa, tuttavia, non sono tutti usciti dall'interrogatorio con le penne intatte. E' risultato dagli interrogatori durati fino a sera che due di essi vennero a sapere della strage, non fecero nulla per punire i colpevoli, ma invece fecero di tutto per insabbiare la faccenda, riuscendovi. Avrebbero potuto punire i rei già allora, nel '43, ma preferirono far finta di nulla o addirittura addossare la responsabilità agli italiani. Wisch, Kraas, Lehmann e Saevecke non hanno nulla di militaresco nell'aspetto, nell'abbigliamento, nel tono. Anzi si presentano molto meno militarescamente del tedesco medio sulla cinquantina. Eleganti, camicia bianca, fazzoletto nel taschino, pettinatissimi, abbronzati, si potrebbero prendere per viveurs che si ostinino a non invecchiare. E' da notare che tutt'e quattro, benché abbiano fatto carriera nelle SS, sono incensurati. Curioso è che tutti, a un quarto di secolo dalla strage di Meina, continuano a parlare col tempo presente. «Da noi porcherie del genere non succedono » dice uno. « L'ufficiale ha il diritto se un ordine viene rifiutalo di uccidere seduta stante il ribelle » dice un altro. « Se uno ammazza un ebreo, io lo denuncio immediatamente alla Corte marziale » e così via. Parlano delle loro SS come se nulla fosse cambiato. Usano il passato solamente per i morti: Himmler era, Dietrich diceva, Heydrich voleva, eccetera. Dieci ore è durata l'udienza odierna, alla quale ha assistito anche una scolaresca di quattordicenni con la maestra. Era la prima volta che c'era un po' di pubblico. Il gen. Wisch si è sentito male, è dovuto rimanere tre ore in barella, un medico gli ha fatto una iniezione. Dagli interrogatori non è venuto fuori molto, salvo un paio di accuse generiche. Wisch ha inchiodato l'ex capitano Roehwer il quale venne da lui un giorno a protestare perché un altro ufficiale (Boldt, il quale verrà ascoltato il 30 gennaio) si rifiutò di uccidere alcuni ebrei a Meina. e ha accusato anche l'ex capitano Krueger del quale la truppa diceva che aveva fatto assassinare degli innocenti. Il colonnello Kraas ha tessuto l'elogio di tutti gli uomini di stanza sul Lago Maggiore, fino a quando è risultato d'improvviso che a Meina un certo pomeriggio di sabato all'albergo « Meina » c'era stato pure lui. Da quel momento è diventato meno loquace. Il maggiore Lehmann invece non ha mai saputo nulla, neanche che c'erano delle SS sul Lago Maggiore. Saevecke (amico di Kappler, quello delle Posse Ardeatine e delle razzie di ebrei italiani nell'ottobre 1943) non fece mai nulla contro un israelita. Seppe soltanto che «gli italiani si impegnavano troppo poco contro gli ebrei », E la strage sul Lago Maggiore? Con qualche sforzo il tenacissimo presidente della Corte d'Assise, Haack, è riuscito a far dire all'ex generale Wisch e all'ex vice capo della polizia politica Saevecke che « sapevano ». Seppero ma non fecero nulla. Wisch, informato che dal Lago Maggiore era stata ripescata una salma, mandò a Meina tutti e due i giudici militari della sua divisione (Diefenthal e Jochum, i quali verranno ascoltati domani). «Perché tutti e due per una sola salma? — ha domandato il rappresentante dell'accusa —. Forse volevate nascondere qualcosa? ». L'ex generale Wisch non ha trovato una risposta e ha farfugliato che «forse i due giudici militari partirono l'uno all'insaputa dell'altro ». L'inchiesta comunque, che allora indicò come indiziato il capitano Krueger, fu insabbiata. Un omonimo del capitano Krueger fu ucciso in Russia dai suoi uomini per uno scambio di persona. Pare che usasse così nelle SS quando uno sbagliava. Dal funzionario della polizia criminale Saevecke la Corte è riuscita a sapere che pure lui era informato a suo tempo. L'avv. Mazzucchelli gli denunciò l'uccisione della moglie signora Froehlich, il console turco gli denunciò l'assassinio di un ricco ebreo di Istanbul, i giornali svizzeri pubblicarono la notizia del ritrovamento di una salma nel ramo elvetico del Lago Maggiore. Si trattava di persone che fino al 22 settembre 1943 avevano abitato nell'albergo «Meina». « Ordinai un'inchiesta — ha raccontato oggi Saevecke — che però andò a vuoto. A quel tempo — si è giustificato l'uomo che ebbe il suo ufficio all'hotel Regina di Milano — avevamo ben altro da fare. Ogni giorno a Milano, venivano uccisi dai partigiani italiani quattro, cinque, talvolta anche dieci tedeschi ». Saevecke ha specificato che si trattava di « crocerossine e bambini ». Tito Sansa