«Era ossessionato dall'idea pazzesca che nella tomba fosse sepolto un manichino»

«Era ossessionato dall'idea pazzesca che nella tomba fosse sepolto un manichino» Colloquio atei Ologgio comi 1 pavontl dei follo «Era ossessionato dall'idea pazzesca che nella tomba fosse sepolto un manichino» Gianni Viti (trentaquattrenne, scapolo, originario di Piacenza) ha tre fratelli e due sorelle, tutte persone note e stimate nel Novarese - Dieci anni fa ebbe un incidente stradale: si fratturò la testa e rimase claudicante - Tifoso del « Torino » e iscritto al « Club granata », la tragica fine di Meroni lo sconvolse - Con un paio di cesoie ha scoperchiato il feretro ed ha aperto uno squarcio nel torace della salma - Prima di andarsene ha scattato cinque fotografie (Dal nostro inviato speciale) Oleggio, 27 dicembre. Gianni Viti, di 34 anni, il giovane folle che ha profanato a Como la tomba del calciatore del «Torino» Gigi Meroni, appartiene ad una delle più note famiglie di Oleggio, un paese a diciotto chilometri da Novara. Il Viti, nato a Vernasca (Piacenza) il 24 agosto 1933, venne qui con i genitori nel 1938. Ha cinque fratelli: Carlo, impresario edile; Giuseppe, panettiere; Giulio, emigrato per lavoro in Francia; Maddalena, sposata ad Arona e Gianna, moglie di un avvocato novarese. Lui, scapolo, abitava da solo in una casetta d'affitto in corso Matteotti 29. Stasera, quando è giunta la notizia del suo* macabro gesto, nessuno in paese si è troppo meravigliato: quasi tutti conoscevano la sua ossessione per la vicenda di Meroni, dovuta forse ai postumi di un grave incidente stradale che gli era toccato. Il fratello Carlo, l'impresario edile, ha detto: «Gianni era un bravo ragazzo, onesto e lavoratore. Poi, dieci anni fa, ebbe un incidente motociclistico. Qui, nei pressi di Oleggio, si scontrò con uno "scooter", cadde e si fratturò il cranio. Rimase per sessanta giorni all'ospedale e ne uscì con il braccio destro paralizzato e la gamba sinistra offesa, tanto da rimanere claudicante. Incominciò a fare storie per la liquidazione dell'assicurazione, poi non volle più vivere in famiglia ». Carlo Viti ha proseguito: « Ogni tanto sia io che i miei quattro. fratelli venivamo a conoscenza di qualche sua scappatella, alla quale cercavamo di porre rimedio. Quando una quindicina di giorni fa seppi che si era messo in testa la storia di Meroni lo affrontai decisamente e riuscii a farlo sottoporre a visita medica da parte di uno psichiatra. Andò a Novara, dal prof. Francesco Martelli,primario di neurologia all'Ospedale Maggiore, che lo invitò a ripresentarsi. Mio fratello mi disse, però, che non ci sarebbe ritornato, perché temeva che lo volessero internare in manicomio ». Cos'era la storia di Meroni che ossessionava il folle? Mezzo paese ne è a conoscenza. Un giornalista di Oleggio, il pubblicista Umberto Gottardello, racconta: « Due settimane fa Gianni Viti venne a casa mia. Era eccitato. Mi disse che dovevamo fare un grosso "colpo" giornalistico. Secondo lui Meroni non era morto e quello sepolto a Como non era che un manichino. Voleva che andassi con lui a Como munito di macchina fotografica per documentare la sua asserzione ». Quando il Gottardello, fingendo di interessarsi alla cosa, gli prospettò le difficoltà dell'esumazione, Gianni Viti rispose che era facilis simo: « Io sono favorito dalle forze delle tenebre » replicò. Il maresciallo dei carabinieri, Onida, dice che il folle non ha mai dato fastidio a nessuno in paese. Fino allo scorso anno lavorava alla tessitura « Carminati ». Poi il posto non gli piaceva e, un po' con le raccomandazioni dei fratelli (tutte persone assai stimate) e perché era un invalido, ottenne l'impiego di portinaio diurno allo stabilimento « Galliardi » che fab brica indumenti intimi lem minili. Tifoso del «Torino», affi liato al locale « Club granata », il giovane era stato scon volto dalla morte di Gigi Meroni. Nei giorni scorsi si era confidato con diverse perso ne: iCMeroni non è morto — diceva — tutte le notti viene a fare allenamento a casa mia e mi balla sullo stomaco: proprio non ne posso più». Al colmo di questa ossessione la scorsa settimana andò dall'avvocato Vittorio Minola, con studio a Novara, a chiedere il suo intervento perché, attraverso l'esumazione della salma del calciatore si constatasse che quello' nella tomba non era Meroni. L'esumazione l'ha fatta lui, il folle. Con un paio di cesoie ha aperto il feretro ed ha operato uno squarcio nel r^t to del cadavere. Poi ha scattato cinque fotografie. In tasca al Viti, oggi a Como, sono state rinvenute le istantanee. Sviluppo e stampa erano stati fatti presso lo studio fotografico di Carlo Gavinelli in via Li berta 103 a Bellinzago. Narra il Gavinelli: « Gianni Viti, che conosco di vista, venne a casa mia, con il rotolo da sviluppare, lunedì scorso, giorno di Natale. Il negozio era chiuso ma, evidentemente, egli sapeva che abito al piano superiore. Mi disse che era un lavoro urgente; risposi di passare a prendere le fotografie mercoledì. Così stamane verso le 10 è venuto. Aveva usato una macchina da pochi soldi e soltanto cinque fotogrammi erano rimasti impressionati. Stampai cinque cartoline, il formato richiesto. Non so bene quali immagini riproducessero: per me erano soltanto delle macchie scure ». Piero Barbe Una delle ultime immagini dello scomparso calciatore Gigi Meroni