Le scuole medie e l'università «nera» sono le più sicure speranze del Congo di Giovanni Giovannini

Le scuole medie e l'università «nera» sono le più sicure speranze del Congo NON C'È CAPITALE PREZIOSO COME ALCUNE MIGLIAIA DI LAUREATI Le scuole medie e l'università «nera» sono le più sicure speranze del Congo I belgi avevano diffuso l'istruzione elementare, non quella superiore: nel '60 il paese si trovò libero, ma privo di classe dirigente - Solo i gesuiti nel dopoguerra avevano costruito un'università, «Lovanium», aperta agli indigeni - Ha ora duemila allievi e centoventi professori; prepara in fretta, e con successo, i « quadri » del futuro - Gli studenti hanno la vita dura - Ora non cercano solo i corsi che aprono la strada alla politica, ma anche le carriere tecniche - « Sta nascendo un nuovo tipo d'uomo », dicono gli insegnanti italiani della Facoltà di medicina (Dal nostro inviato speciale) Kinshasa, dicembre. Prima di lasciare il Congo, vado ad una trentina di chilometri a sud di Kinshasa (ex Ijéopoldville), tra l'accavallarsi monotono di deserte colline a panettone di un grigio verdastro. Candida ed imponente, appare d'improvviso e spicca su di un'altura l'università di Lovanium, una delle più grandi e moderne d'Africa, una delle cittadelle in cut si giuocano i destini del Paese. Tutte le speranze, che oggi finalmente sembrano timidamente affiorare, nella pace interna, nell'assestamento politico, nel miglioramento economico, potranno presto rivelarsi vane se il Congo non saprà formarsi uomini capaci. «Mes enfants — fa dire Aimé Césaire al suo Lumumba nella Saison au Congo —i bianchi hanno inventato e portato qui molte cose, e buone e cattive. Delle cattive non starò ora a dire. Ma quel ch'è certo e sicuro, tra le elione c'è la birra. Bevete dunque, bevete! ». Tra le ' buone, lasciando l'amaro sarcasmo del poeta, c'era anche la scuola elementare (molti paesi, non solo africani, potevano invidiare il tasso d'alfabetizzazione del Congo); ma non c'era certo l'istruzione media o tanto meno universitaria:., che bisogno avevano di andare avanti negli studi, questi negri destinati per l'eternità a fare i fattorini, gli scritturali: i sergenti? Col passare del tempo, al¬ tri giudizi possono forse essere rivisti: non la condanna per aver fatto trovare all'appuntamento con l'indipendenza un Paese totalmente sjirovvisto di quadri. In mancanza di laureati, i sergenti si erano autopromossi generali, gli scritturali ministri, i fattorini capitani d'industria. Non poteva non succedere quello che è successo fino ad oggi. Unica eccezione (merito, come in tutto il campo educativo, più della Chiesa che della vecchia potenza coloniale), era questa università dl Lovanium. Dall'omonima università-madre belga, i gesuiti erario venuti tra le due guerre a costruire un primo centro per infermieri ed agronomi, e dal '46, cominciando con istituti am- ministrativi e commerciali, avevano realizzato progressivamente la struttura di un vero e proprio ateneo. Nel 1960, le autorità coloniali potevano mostrare con orgoglio professori europei e studenti africani al lavoro negli splendidi impianti. Oggi c'è un'altra università, più piccola, a Lubumbashi (Elisabethville). e se ne tenta di avviare una terza a Kisangani (Stanleyville). Gli studenti universitari congolesi sono duemilacinquecento complessivamente, e duemila solo a Lovanium. Quanti saranno, a sette anni dall'indipendenza, i laureati in patria ed all'estero? « Forse un migliaio — dice, dopo averci pensato su, il giovane segretario generale Albert Mpase —. Poco, troppo poco, niente. Il grosso è uscito da Lovanium: 284 congolesi, 172 europei, ottanta africani di altri paesi. Ma il ritmo aumenta, non riusciamo più a far fronte alle richieste, quest'anno c'erano quattromilacinquecento aspiranti a duemila posti». Vige infatti il numero chiuso, e non tanto per un problema di aule ed attrezzature. La povertà è tanta che ammettere un giovane all'università significa dargli alloggio, vitto, qualche soldo, e spesso occuparsi di sua moglie e dei suoi figli (sono ragazzi che arrivano tardi agli studi, presto alle nozze). Scapoli e coppie di studenti vivono in edifici dove regnano assoluti nitidezza, pulizia, ordine; le famiglie degli altri sono ospitate in un villaggio ai piedi della collina. Il costo dello studente è quindi altissimo per la collettività. Il signor Mpase tiene a dirmi che ormai Lovanium è statale e laica, perché il governo sopporta il settanta per cento della spesa ordinaria mentre il resto viene da governi, fondazioni, enti stranieri (Vaticano, Stati Uniti, Germania Occidentale, Comunità Europea). Ma presidente del consiglio d'amministrazione è sempre l'Arcivescovo di Kinshasa, mons. Malula, amministratore generale mons. Gillon, rettore mons. Tshibangu («il nostro primo rettore congolese, da quest'anno accademico», tiene a farmi notare Albert Mpase). Il costo è alto per la collettività, la vita è dura per gli studenti. Parlo con molti di loro, e mi sento pervadere da un senso di ammirazione, quasi di commozione. Arrivano logicamente meno preparati sotto infiniti aspetti agli studi universitari, e si tormentano per progredire, e si impegnano dal mattino sino a tarda sera. Un bicchiere di birra o un caffè al ristorante universitario, costituiscono un lusso, come una sigaretta, una gita in città, a Kinshasa. Cosa farete per Natale? «Organizzeremo qualcosa tra di noi, andare a casa costa, e abbiamo da studiare». Anche a loro piace ridere (passano furtive le matricole con l capelli rapati a zero), discutere (sono spesso in agitazione per motivi non molto diversi da quelli dei loro colleghi italiani). Ma Mobutu li tiene , personalmente d'occhio, è venuto a Lovanium (ed è stato applaudito' pur non parlando da demagogo) ad ammonirli che «lo studente non è un consumatore qualsiasi, un privilegiato, un gate, ma è tlenuto già durante l'università a dare il suo contributo allo sforzo della nazione ». E del resto sono loro i primi a capire che, in questa fase dello sviluppo del Paese, solo la laurea può inserirli di colpo nella «nuova classe». Naturalmente ambiziosis simi, rivelano però negli ultimi tempi diverse e più realistiche aspirazioni. Subito dopo l'indipendenza, tutti volevano di colpo diventare ministri, sottosegretari o quanto meno ambasciatori: i laureati in legge, scienze politiche o economiche o sociali sono stati quasi duecento sui primi complessivi 284 (seguiti da uno spam to gruppo di ventiquattro in medicina). Quest'anno per la prima volta, il rapporto si è invertito: tra gli studenti, gli aspiranti-ministri sono passati in netta minoranza. Che studenti, che laureati sono? Discuto a lungo con molti professori su tante ombre che nessuno obiettivamente può ignorare: difficoltà per l'ambiente stesso dal quale così fulmineamente escono, per le pecche del l'insegnamento medio, per la facilità al ritenere mnemonico o la scarsa inclinazione alla sìntesi o così via. Ma tutti i miei interlocutori sono d'accordo nel ritenere che si tratta di ostacoli superabili attraverso lo sforzo dei giovani, la severità del docenti. Tra t centoventi professori, figurano quest'anno tre incaricati e cinque assistenti congolesi, primo nucleo di un futuro, sempre più afri cono senato accademico II grosso è ancora belga, ma non mancano — al solito — in posizioni di rilievo gli italiani: il prof Carlo Rossetti, direttore delle cliniche universitarie ed ordinario di dermatologia, il prof. Accigliaro (ostetricia). Gatti (batteriologia). Valeri (ostetricia). Sono, naturalmente, questi nostri connazionali, personaggi d'eccezione: il prof. Rossetti dedica il suo tempo libero all'organizzazione di una cooperativa agricola dì lebbrosi in una zona dell'interno, vicino a Kikwit, dove vivono ed operano altri medici come il torinese dott. Giuseppe Sapio, ex allievo di A.M. Dogliottì, ed il dott. Contardo Rossi. Vogliono evidentemente bene a questa gente ed a questo paese, ma non sono né apostoli né missionari o visionari; sono professionisti seri ed affermati, il loro giudizio è valido più dt quello di qualsiasi altro osservatore. Dice il prof. Rossetti a conclusione di una lunga chiacchierata (e della mia inchiesta): «Tra infinite difficoltà, attecchisce e cresce più rapida e vigorosa di quanto si pensi la pianta di il" nuovo, moderno uomo congolese; anche il Congo sta uscendo ormai dalle tenebre ». Giovanni Giovannini