Un esercito pacifico invade dal Giappone tutta l'Asia

Un esercito pacifico invade dal Giappone tutta l'Asia PRIMO OBBIETTIVO: NON RESTARE ISOLATI Un esercito pacifico invade dal Giappone tutta l'Asia All'antico colonialismo Tokio ha sostituito un'opera tenace di penetrazione economica - Lo scopo è creare un immenso mercato di popoli riscattati dalla miseria: soltanto così si stabilirà attorno alla Cina l'unico efficace «cordone sanitario», prima che Pechino «esploda» come terza potenza mondiale - Anche i russi commerciano col Giappone, e hanno chiesto la sua collaborazione per lo sviluppo della Siberia (Nostro servizio particolare) Tokio, 18 dicembre. Nel dicembre 1966 il ministro degli Esteri Takeo Miki lanciava l'idea di una « sfera Asia-Pacifico », alla cui organizzazione il Giappone avrebbe dovuto dare un contributo importante. Certo, il «piano Miki » non era tutta la politica estera del paese, ma una solida base, un nucleo centrale attorno al quale avrebbe preso corpo ogni altra iniziativa. Prima cura del Giappone è non restare isolato. In un mondo di blocchi e di gruppi regionali, il governo di Tokio non vuole rimanere « orfano ». Ma lo interessano le associazioni economiche, non le ideologie. L'Europa costruisce il suo Mercato Comune. L'Asia, non potendo crearne uno proprio, deve per lo meno costituire un'unione più stretta dei partners economici. Anche di fronte agli Stati Uniti, il Giappone si sente isolato; associandosi all'Asia, può ristabilire un migliore equilibrio. Infine, nel quadro asiatico, teme di essere (e di restare forse a lungo) l'uni: co paese sviluppato, l'unico ricco di fronte alle sollecitazioni dei poveri. Questa situazione particolare lo induce (seconda preoccupazione) a modificare profondamente la « sfera Asia-Pacifico» allargandola ai paesi « occidentali » ' e « moderni » del settore: Australia, Nuova Zelanda,' Canada. Terzo punto: il governo giapponese ha cambiato totalmente parere sulle relazióni economiche con i paesi sottosviluppati dell'area. I rapporti tipo « patto' coloniale » sono ormai esclusi; l'interesse del Giappone xrr. tutti no sono persuasi- a Tokio— è di aiutare quei paesi ad industrializzarsi e ad espandersi. Deve- farne dei partners, non dei vassalli, senza temere che essi diventino col tempo dei concorrenti pericolosi. Si può dire che questo piano contrasta con la politica americana in Asia, Certo, per un cumulo di ragioni, il Giappone continua a coltivare l'alleanza degli Stati Uniti; non ha le mani nette nella guerra vietnamita. Ma, secondo Tokio, l'America sbaglia di fronte ai « problemi » del Vietnam e della Cina. Non esiste che una ri cetta efficace contro il comunismo, ed è la lotta alla miseria; e non c'è che un modo per « contenere » la Cina: elevare nei paesi che la circondano la diga protettrice dell'alto livello di vita, del progresso dell'istruzione e della tecnica, dell'industrializzazione. Bruciare miliardi di dollari nell'incendio vietnamita è, a giudizio di Tokio, una tragica assurdità. Gli asiatici sono i primi a rendersene conto ed è una delle ragioni per cui aprono le porte al Giappone. Ecco dunque i giapponesi diffondersi a migliaia sulle strade familiari del continente, fanteria pacifica di commercianti e di ingegneri, seguiti da diplomatici. Import-export, investimenti, accordi economici, aperture di credito, assistenza tecnica: questo è essenzialmente il lavoro delle ambasciate giapponesi nell'Asia del Sud-Est. Da Hong Kong a Giakarta, dal Borneo a Bangkok come a Manila, Taipeh e Seul, verso il Nord, la diplomazia nipponica è guidata da uomini d'affari La lóro azione,'insieme con quella dei governi locali, sta diventando uno dei principali motori dello sviluppo della regione. Sempre più frequenti compaiono non soltanto l beni di consumo made m Japan, ma gli impiantì industriali giunti da Tokio e da Osaka e le fabbriche-pilota montate da te cnici giapponesi con finanziamenti giapponesi: acciaierie in Malesia ed a Formosa, impianti petroliferi in Indonesia, centrali elettriche In Birmania, Indonesia, Cambogia; telecomunicazioni ed officine automobilistiche in Thailandia, indùstrie del legnp nelle Filippine... L'Asia «bianca», fatto notevole, è ancor più spinta dell'Asia « gialla » nell'opera di riconciliazione con il paese del Sol Levante. L'Australia, che fino a ieri detestava il Giappone, ne è divenuta il secondo fornitore ed 11 terzo cliente. E' la sua fonte prima per l'approvvigionamento del carbone e presto lo sarà del ferro; gli fornisce (con la Nuova Zelanda) l'85 per cento della lana di cui ha bisogno. Lo stesso si può dire del Canada, divenuto 11 terzo fornitore del Giappone dopo Stati Uniti ed Australia: Ottawa vende grano, petrolio, carne, legno, carta, uranio per i reattori atomici di pace. Ultima novità della zona del Pacifico, e delle più sorprendenti, il Giappone sta estendendo la sua azione fino alla Siberia. L'invito è venuto da Mosca, che da tre o quattro anni rinnova a Tokio l'offerta di partecipa¬ re allo sviluppo delle sue terre più fredde. Tre grandi progetti sono In discussione: 1) forniture di impianti alle industrie siberiane, soprattutto a quelle del legno, in cambio di materie prime; 2) sfruttamento del petrolio siberiano e del metano di Sakhalin (Tokio fornirebbe le pipelines); 3) sfruttamento della gigantesca miniera di rame di Udokan, nella regione del lago Baikal. E' chiaro che l'Urss vuole affrettare lo sviluppo della Siberia per meglio far fronte alla pressione cinese. Ma la Cina «entra» nei piani giapponesi di espansione economica? Certo, non c'è un posto preciso nella « sfera Asia-Pacifico » di Miki; e tuttavia anche con 1 cinesi Tokio persegue una « diplomazia economica ». Gli scambi clno-giapponesi risultano nel '66 più attivi di quelli russo-nipponici. Pechino sembra auspicarne un maggior incremento, malgrado le condanne (a parole) della «reazionaria politica» del Giappone. E Tokio ne ricava già benefici non trascurabili. Ciò che è importante, è restare in buoni rapporti con il gigante cinese, prepararsi al futuro, in previsione del giorno In cui Pechino entrerà in scena come grande potenza economica. La situazione asiatica in generale, e quella del Giappone in particolare, risulteranno allora profondamente modificate. La Cina occuperà il terzo posto nella gra¬ duatoria mondiale delle potenze, sostituendosi al Giappone che l'avrà tenuto per un certo tempo. Avrà un miliardo di uomini e bisognerà pur Intendersi: ma senza cedere il posto se non alle condizioni più vantaggiose. Crediamo che il Giappone pensi di poter un giorno sostituire la protezione americana con una garanzia internazionale: un Giappone pacifico e poco armato, garantito da un patto fra 1 tre giganti che lo circondano — Stati Uniti, Urss e Cina — è probabilmente la miglior soluzione del problema della sua sicurezza. Robert Guillain Copyright di « Le Mondo a e per l'Italie de « Le Stempa a

Persone citate: Robert Guillain, Takeo Miki