La Francia ripete "no" all'Inghilterra nel Mec di Alberto Ronchey

La Francia ripete "no" all'Inghilterra nel Mec L'Intransigenza di De Gaulle e asseluta La Francia ripete "no" all'Inghilterra nel Mec Il ministro degli Esteri De Murville dichiara: «La situazione economica non consente alla Gran Bretagna di entrare nel Mercato Comune. Non dobbiamo mettere in pericolo la Comunità» - Tutti i Cinque si dicono favorevoli a trattare con Londra Fanfani proclama che il trattato dì Roma impone di negoziare - E lancia un estremo appello alla «responsabilità storica» dei Sei: «Non si può ignorare che siamo dì fronte ad un grande problema politico che interessa non soltanto l'Europa» La crisi è nell'aria? (Dal nostro inviato spedale) Bruxelles, 18 dicembre. La conferenza del Mec è cominciata con una discussione preliminare, sulle condizioni dell'Inghilterra e sulla sua domanda d'ingresso nella Comunità. I sei ministri hanno preso la parola a uno a uno ripetendo tesi già note, quasi in un rito accettato per tacito accordo allo scopo di allontanare 11 momento delle conclusioni: quello dell'urto fra l'opinione dei Cinque e il « veto » francese. Il tedesco Brandt, l'olandese Luns, il belga Harmel, il lussemburghese Gregoire e Fanfani hanno chiesto l'apertura del negoziato con l'Inghilterra. Il francese Couve de Murville, staccando le sillabe, ha illustrato l'opinione di De Gaulle. Cinque a favore e uno contro: ma l'isolamento del-: la Francia nella discussione non può tradursi facilmente in una decisione. Al di là delle dispute giuridiche sui casi in cui si applica la regola della unanimità, la questione è politica: fino a che punto i Cinque sono disposti a forzare l'opposizione francese? E' quello che si vedrà domani. Stasera l'olandese Luns ha detto: «La crisi è nell'aria». Il dossier che si trova sul tavolo dèi ministri comprende quattro documenti. Primo: il verbale del Consiglio, che il 10 luglio chiese alla Commissione esecutiva delle tre Comunità unificate (Mec, Euratom, pool carbone-acciaio) il suo parere sull'apertura del negoziato, come vuole la procedura fissata dai trattati. Secondo: il « parere » della Commissione, pubblicato il 20 settembre. Terzo: la conferenza-stampa di De Gaulle del 27 novembre. Quarto: i rapporti verbali di Rey e Barre sulle condizioni , della Gran Bretagna dopo la svalutazione della sterlina. Anche il parere della Commissione è favorevole all'apertura del negoziato, vi si legge che fra il Continente e il Regno Unito esiste « una certa complementarietà sul piano scientifico e tecnologico», poiché in Inghilterra « i mezzi industriali e il mercato non sono sufficienti », mentre nella Comunità « gli investimenti scientifici e tecnologici sono relativamente meno sviluppati che in Gran Bretagna». Questo è importante in vista della possibilità di «invertire il processo che provoca un ritardo sempre maggiore dell'Europa rispetto agli Stati Uniti ». Secondo i tecnici della Comunità, l'Inghilterra eccelle nella fisica teorica, in quella nucleare e in quella dei solidi, nella chimica, nella biologia molecolare, nell'aeronàutica, nei calcolatori elettronici e nella tecnologia atomica. Il 14 per cento dell'energia elettrica prodotta dagli Inglesi è d'origine nucleare, la potenza installata dalla Gran Bretagna è pari a 4 mila megawatts contro 2 mila della Comunità. Inoltre la Commissione osserva che «in alcuni settori chiave come l'elettronica le ditte britanniche d'avanguardia sembrano spesso più indipendenti dall'industria americana di guanto siano le ditte del Continente ». , Sebbene l'ampliamento della Comunità ponga molti problemi (prezzi agricoli, legislazione fiscale, politica monetarla), la burocrazia europea conclude che si devono «aprire negoziati nelle forme più appropriate». Tale parere non è mutato dopo la svalutazione della sterlina. Ma De Gaulle. come tutti sanno, ha opposto un veto all'apertura delle trattative, sostenendo che l'incompatibilità fra l'Inghilterra e la Comunità sarebbe cosi manifesta, da non aver bisogno d'una dimostrazione. Per quale ragione De Gaul le rischia una crisi del Mec (senza .tener conto del parere della Commissione, anzi interpretandolo a rovescio) se davvero i negoziati possono dimostrare solo uno stato d'incompatibilità? Molti rispondono come Roger Massip sul Figaro di stamane: perché « egli teme che i Sei si trovino impegnati ih un processo che condurrebbe inevitabilmente Iall'accordo» e perché «la sua ostilità all'ingresso della Gran Bretagna è dovuta a ragioni, che sono anzitutto di ordine politico». All'interno, della Comunità, è diffuso il sentimento che in ogni caso la convivenza europea non può continuare fra i « veti » di De Gaulle. Questo non è più il Consiglio del Mec, sembra il Consiglio di sicurezza dell'Onu. Ma gli altri governi possono reagire, perché il Mec è comunque vitale per la Francia: si calcola che nel '68, la Francia riscuoterà dal finanziamento agricolo un beneficio netto pari a 300 o 400 miliardi di lire, quasi il costo ufficiale della force de frappe atomica per un anno. E tuttavia Couve de Murville è abile, vi è qualche dubbio sulla risolutezza di tutti i Cinque, l'economia britannica suscita preoccupazione. Stasera qualche funzionario del gruppo francese aveva in mano l'Economist, con la bandiera inglese a mezz'asta in copertina per il deficit della bilancia commerciale di novembre (153 milioni di sterline), le nuove tensioni valutarie, la ripresa della «oromanìa», le prospettive della contesa di Bruxelles. Da un lato, il momento è difficile per chi sostiene la Gran Bretagna, dall'altro, la coalizione' che fronteggia De Gaulle è incerta — oltre un certo limite — come tutte le coalizioni. Alberto Ronchey