II «Sansone» di Haendel ali 'Auditorium della Rai di Massimo Mila

II «Sansone» di Haendel ali 'Auditorium della Rai L'apertura della stagione sinfonica invernale II «Sansone» di Haendel ali 'Auditorium della Rai U problema annuale di trovare una grandiosa composizione che impegni parimenti il coro e l'orchestra, per inaugurare la stagione sinfonica del Programma Nazionale, è stato risolto quest'anno attingendo il Sansone alla ricca miniera degli oratori di Haendel. Abbandonando il genere pomposo e aristocratico dell'opera italiana, compromesso nelle sue possibilità di comunicazione dal diaframma della lingua straniera, Haendel trovò se stesso, volgendosi all'oratorio in lingua inglese, grazie al contatto con un pubblico più largo, esteso anche agli strati popolari, in grado di seguire le vicende bibliche, e già perfettamente familiare con esse. La qualità robustamente popolana dell'arte di Haendel poteva spiegarsi in questi componimenti di stile drammatico, nonostante l'assenza delle scene. Fu così che questo compositore tedesco, passato armi e bagagli nel campo dell'opera italiana, potè infine diventare il musicista nazionale dell'Inghilterra, e nel contatto col popolo esplicare la grandiosità della sua struttura artistica e morale. « Il gigante Haendel — scrisse un poeta inglese, il Pope — si erge, come l'audace Briareo, con cento braccia; egli viene a scuotere, a smuovere, a risvegliare l'anima ». E' musica,'la sua, e in particolare quella di questo Sansone, tratto dal Samson agonist di Milton ad opera d'un abile librettista, che fluisce con la spontaneità della natura. I cori, in ispecie, traboccano come ruscelli in piena: si direbbe che il musicista non faccia che dare l'avvio, con ' l'invenzione iniziale, a una forza della natura, che poi si srotola per conto suo. Nella semplice integrità delle sue funzioni illustrative (più che espressive) è musica dì prima del peccato originale: quel peccato originale che è appunto l'originalità e la sua ricerca, con l'implìcito scavo verso un'espressione^jperspnalmente rivissuta. g i g Tali valori romantici ' non bisogna chiederli a Haendel. La sua musica illustra con inalterata oggettività gli aspetti del mondo, ivi compresi gli animi dei personaggi. Un critico autorevole come Romain Rolland attribuisce ad Haendel « finezza e profondità di genio psicologico ». Nientemeno. Sarebbe un po' difficile verificare tali doti nella « tragicommedia eroica e popolare » di questo Sansone, che procura la sorpresa, tra l'altro, d'un protagonista colto non già nello splendore della sua forza leggendaria, bensì in un momento di debilitazione e di affannò. Fatto tanto più singolare, in quanto Haendel amava notoriamente i personaggi fatti a sua immagine e somiglianza, cioè dotati di gigantesca forza fisica e morale. Il risultato è che i due personaggi principali. Sansone e la tortuosa Dalila, risultano piuttosto sbiaditi, ancorché for-. niti di alcune bellissime arie: quella di Dalila con l'eco d'un coretto di ancelle, e quella primaverile, quasi bucolica di Sansone, nel terzo Atto. Non da meno è l'aria assegnata nella prima parte dell'oratorio al personaggio di Mikah, un seguace di Sansone che si esprime attraverso la voce di contralto: aria che attua un modulo tipico dell'ispirazione haendeliana, cioè quel la della sarabanda lenta e piena di pace, secondo l'esempio sommo dell'aria «Om bra. mai fu », del Serse. I cori sono altrettanti punti di forza e di felicità costruttiva: quello che chiude la prima parte, con uno spunto tematico straordinariamente fresco e popolare, quello grandioso che dovrebbe chiudere la seconda parte, ma che ieri sera fu spezzato a cavallo tra la seconda e la terza; e quello finale della catastrofe, quando Sansone sradica le colonne del tempio e muore con tutti i Filistei Dal punto di vista del rilievo dei personaggi, bisogna riconoscere che soltanto uno emerge plasticamente dal discorso musicale, ed è quello, ben congeniale a Haendel del gigante Harapha, il bieco antagonista di Sansone, simile a un truculento Morgante. Forse perché la parte glie ne offriva il destro, il basso Anton Diakov si è distinto fra i suoi colleghi come quello che. si ricordava sempre d'essere un personaggio, non soltanto una voce, e ha sottolineato gustosamente i risvolti quasi comici, da spettacolo popolare, del suo ruolo. A parte il fatto di cantare più come in un concerto che come in un dramma, anche i suol quattro colleghi si sono fatti apprezzare e applaudire per la coscienziosa precisione e proprietà di stile: il soprano Angeles Chamorro, 11 tenore John van Kesteren, Sansone, il contralto Norma Lerci- e il basso Boris Carmeli. ' Magnifica esecuzione del coro e dell'orchestra, quello istruito con la consueta efficacia dal maestro Ruggero Maghini, e questa concertata, guidata e spronata, insieme a tutti gli altri elementi dell'esecuzione, dalla vigile bacchetta di Igor Markevitch. Unico neo di questa bella esecuzione, accolta con lunghi applausi dallo splendido pubblico della serata inaugurale, il fatto che l'oratorio non sia stato eseguito né in italiano, il che avrebbe consentito una più diretta partecipazione allo svolgimento drammatico, né nella lingua originale, bensì in tedesco. Mentre il fatto di avere alleggerito lo spartito d'alcune arie, vuol essere considerato con molta comprensione ed Indulgenza. Massimo Mila l'oratorio diretto da Igor Marhevitch, con ii coro istruito da Ruggero Maghini

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