La confessione di Quero nel viaggio Roma-Torino

La confessione di Quero nel viaggio Roma-Torino II delitto di Allignano rievocato dall'omicida La confessione di Quero nel viaggio Roma-Torino Abbiamo seguito il trasferimento dell'assassino - «Perché ha ucciso?» - Ci ha risposto: «Iprof. Leoni mi chiese ragione di tre vetri rotti nell'autorimessa - Lo colpii con un pugno al nasofuggi, lo raggiunsi sulla rampa e continuai a picchiare» - All'arrivo a Torino piange: «Penso al male che ho fatto ai miei figli» «E alla bimba del professore?» «Anche per questo volevo uccidermi» Osvaldo Quero è ritornato tra cinque carabinieri. Durante il viaggio lia conversato e ha dormito. Poi ha visto dai vetri del treno le colline e la periferia di Torino ed ha ceduto a un pianto silenzioso. Lo hanno portato in carcere. Ci sarà il processo ed è difficile prevedere quale sarà la condanna. Comunque, già da tre settimane Quero sta pagando il suo delitto. Ha viaggiato da Roma a Torino in uno scompartimento riservato, con un maresciallo e quattro carabinieri scelti. Abbiamo fatto lo stesso viaggio, abbiamo parlato con il prigioniero. Alla stazione Termini, quando sale sul treno, Quero è pallido, gli tremano le labbra, guarda la folla — viavai di gente libera — e si guarda i polsi incatenati. Ha un velo di lacrime. I carabinieri non lo perdono d'occhio. Per risollevargli il morale gli tolgono i « ferri », gli parlano in modo bonario. « Quero, perché ha cercato di uccidersi? ». Risponde: « Non potevo più vivere pensando, ogni minuto, a quello che avevo fatto. Pensavo sempre ai miei figli e avevo terrore che si vergognassero per me. Non era più vita, quella ». Racconta che sabato 2 dicembre, alle due di notte, è arrivato con la sua auto in una strada deserta di Roma. Voleva avvelenarsi con un miscuglio di candeggina e coca cola, ma ha provato disgusto ed ha ingoiato venti pastiglie di chinino. Poi si è sdraiato sul sedile posteriore, si è coperto con un telone ed ha aspettato la morte. La polizia lo ha trovato 12 ore dopo.- Lo ha creduto - addormentato, invece era in preda a un forte sopore causato dal farmaco. Quero ha visto gli agenti, ha afferrato la bottiglia con la candeggina ed è riuscito a berne un sorso. Il treno corre nella notte. Ad Orbetello Quero chiede che ora è. Sono le 22,30. Ha un brivido: è l'ora del delitto. « Il professore mi aveva provocato — dice. — Quella sera era sceso con me nel garage. Abbiamo portato la macchina nel box e ci siamo avviati all'uscita. Prima di salire la rampa che porta al .cortile, il prof. Leoni si è accorto che il portone dell'autorimessa aveva alcuni vetri rotti». Il professore ha chiesto, brusco: « Come mai sono rotti questi vetri? ». Ha risposto Quero: « Non lo so. Non sono il custode della casa, ma l'amministratore ». « Li faccia cambiare ». « Ma, professore, è meglio aspettare che ci siano altre rotture, poiché l'assicurazione della casa paga solo i danni di oltre 50 mila lire». «Lei, Quero, non fa gli interessi della casa » ha risposto il professore. « Mi ha detto questo con rabbia — racconta il prigioniero — e ha sbattuto il portone, colpendomi a una gamba. Ho perso la testa. Gli ho sferrato un pugno in faccia, facendolo cadere. Si è rialzato ed è scappato su per la rampa. L'ho inseguito e colpito ancora. Non mi rendevo conto che gli stavo sbattendo la testa contro il muro E' scivolato a terra... ». Non riesce a continuare il racconto. Al mattino ha confessato il delitto alla moglie. Quero ricorda: « Mi ha guardato per qualche minuto in silenzio, tremava. Poi mi ha detto: "Vai via, ti sei macchiato di sangue. Non toccare i bambini. Vai a costituirti ". Sono stato pazzo a non ascoltarla ». Breve fermata a Genova e alle 4,50 il treno riprende la corsa. Quero si addormenta. Si sveglia poco prima di Alessandria e gli diamo una copia de « La Stampa ». Legge l'articolo che parla del suo trasferimento a Torino, guarda la fotografìa scattata a Roma, mentre esce ammanettato dall'ospedale. Poi legge la cronaca della partita della Juventus a Bucarest. Alla stazione di Moncalieri gli accompagnatori si alzano e si infilano i pastrani. Quero capisce e non se lo fa dire: porge i polsi per i « ferri ». Intanto guarda dal finestrino: le colline che si stagliano nel cielo livido, le case della periferia. « Questa è Torino » mormora. Incomincia a piangere Cerca di asciugarsi gli occhi con il dorso della mano, ma gli è difficile per la. catena. «Quero — gli diciamo — sua moglie e i suoi bambini Osvaldo Quero arriva a Porta Nuova: sono passate tre settimane dal delitto stanno bene. I suoi compagni della tipografia hanno raccolto dei soldi per i suoi bambini ». E* commosso. Risponde che rivedere i suoi bambini è il suo desiderio più grande, ma ha paura che siano alla stazione e che lo vedano con le manette. Porta Nuova, ore 7,55: decine di persone si fermano per vedere l'uomo tra i carabinieri, lo riconoscono: « E' Quero ». Il tipògrafo è pallido, tiene gli occhi abbassati. I fotografi lo tempestano di lampi. E' rassegnato, non'Veagisce. Intanto la folla dei curiosi aumenta, e lui sente ripetere alle sue spalle: « E' Quero. E' l'assassino del prof. Leoni ». C'è chi gli posa una mano sulla spalla e gli resta a fianco per qualche passo: racconterà di avere toccato il Quero. Scambiamo ancora qualche parola con lui. « I mìei non ci sono — dice —. Meglio così. Sarei morto di vergogna se mi avessero visto tra questa folla curiosa ». Gli diciamo che prima dì Natale, forse, sua moglie andrà a trovarlo. « Speriamo che possa venire. Ho voglia di vederla: Ho voglia di rivedere i mìei bambini. Gli ho fatto tanto ma¬ le... ». « Quero — gli chiediamo — non pensa mai che ha fatto tanto male a un'altra bimba: alla figlia del prof. Leoni?». Sta per salire sul cellulare che lo porterà alle Nuove. Si volta e ci risponde: «Ci penso. Anche per questo volevo morire». Ieri sera abbiamo parlato con la moglie, ad Alpignano. « Almeno so che è qui — ha detto —. Farò subito domanda per poterlo vedere. Avrà freddo e gli porterò qualcosa di lana, con un biglietto che gli hanno scritto i bimbi. Gli dirò che loro chiedono sempre di lui. Questo lo aiuterà ».

Persone citate: Leoni, Osvaldo Quero, Vai Via