I punti di forza e le incognite del terzo «miracolo» giapponese

I punti di forza e le incognite del terzo «miracolo» giapponese IL GIAPPONE MODERNO HA CENT'ANNI I punti di forza e le incognite del terzo «miracolo» giapponese Dopo il 1868, quando gli americani né spezzarono l'isolamento, l'impero riuscì ad accogliere la moderna civiltà occidentale senza distruggere le tradizioni - Alla fine della guerra del 1895 con la Cina, incominciò a creare una grande industria con ritmo prodigiosamente rapido - Annientato nel 1945 accettò, con slancio, quanto prima aveva combattuto: la democrazia, il pacifismo, l'impegno civile -1 capitani d'industria sono audaci e gli operai disciplinati come militari - Ma è anche equilibrato lo sviluppo economico del paese? non è troppo legato alla prosperità americana? (Nostro servizio particolare) Tokio, 12 dicembre. Il 12 settembre 1872, a Tokio, i dignitari del nuovo regime di Meiji si riunirono alla stazione di Shimbashi. Il Giappone « moderno » aveva soltanto quattro anni, e già inaugurava la prima ferrovia. Gli uomini continuavano a portare il kimono, alcuni esibivano le terribili spade dei samurai. Quando 11 treno fu pronto a partire, tutti si tolsero le scarpe per salire, come sulla soglia della porta di casa. Cinquantasette minuti dopo, la Corte ed il governo scendevano a Yokohama, raggianti ma imbarazzati: erano tutti a piedi nudi, le scarpe erano rimaste a Tokio, ben allineate lungo la banchina della stazione. Altri aneddoti si raccontano sugli inizi « eroici » del nuovo Giappone, e più divertenti: come quello delle dame di Corte intente ad allacciare i corsetti appena arrivati da Parigi sopra i loro abiti freschi di atelier. Errori ben scusabili: il paese aveva fretta di «modernizzarsi», aprire le porte all'Occidente. E fu il primo « miracolo »: mentre' la colonizzazione occidentale dilagava in Asia ed in Africa, il Giappone riuscì a conservare la sua indipendenza. Si potrebbero fare paragoni stimolanti e significativi con la Cina dì allora. I mandarini al potere non esprimevano che disprezzo per 1 «barbari» dell'Occidente, e gli chiudevano la porta in faccia; i samurai giapponesi nutrivano per gli europei timore ed invidia, li lasciavano sbarcare per copiare le loro armi. A Pechino l'imperatrice Tseu-Hi rifiutava ostinatamente l'evo moderno; a Kyoto l'imperatore Meiji decideva di buttarvisi a capofitto. Sotto i colpi degli stranieri la vecchia Cina centralizzata crolla e si sfascia; ma il Giappone, spezzettato e disunito, si fonde in un'unica nazione. A Tokio, l'innesto occidentale attecchisce subito; a Pechino tutto quanto arriva dall'Occidente imputridisce e va in rovina; come dirà con sarcasmo Mao Tsetung. Sono d'altronde la Cina comunista e il Giappone dell'imperatore Meiji che bisognerebbe confrontare. In entrambi i paesi nasce una generazione di rivoluzionari che si gettano con ardore nella lotta. Ma in Giappone i rivoluzionari incominciano subito a costruire: non distruggono il vecchio mondo. In Cina, Mao ed i suoi compagni d'arme dedicano la maggior parte della loro esistenza a distruggere, a far piazza pulita di tutto, ed arrivano al potere già avanti negli anni. È' sorprendente costatare che la Cina del 1967 si dibatte ancora con certi problemi che il Giappone aveva già risolto un secolo prima. I cinesi rispondono, è vero, che Tokio ha scelto la soluzione più facile (quella dell'imitazione) mentre essi coltivano un'ambizione ben altrimenti rivoluzionaria: rifiutare qualsiasi formula già sperimentata, sia cinese che occidentale, e costruire un mondo migliore « inventato » dalla Cina. Comunque sia, i giapponesi si volgono oggi con crescente interesse alla storia dei loro primordi, vi cercano il segreto dei successi iniziali e le cause dei disastri seguenti. Prima scoperta: il Giappone feudale era assai più prossimo all'Europa di quanto generalmente non si creda. Mostrava una centralizzazione politica già avanzata, e gli stessi clans costituivano dei piccoli Stati moderni con una solida burocrazia. Aveva un'economia pre-moderna con un mercato nazionale, buone comunicazioni, un sistema bancario e monetario evoluto Il Giappone pre-moderno inoltre ha saputo contare sulle sue sole forze senza lasciarsi « invadere » dall'aiuto straniero. Per contro, ha appreso a meraviglia la lezione degli esperti occidentali, pagati profumatamente, ed ha importato dall'estero le migliori macchine industriali. La rapidità dello sviluppo economico che oggi ol sorprende tanto era già notevole sotto l'imperatore Meiji. Le prime grandi fabbriche ed i primi trusts compaiono tra il 1895 ed il 1905, il periodo che coincide con la vittoria sulla Cina e sulla Russia. Il decollo segue alla guerra russo-giapponese. Gli investimenti crescono con stupefacente celerità La produzione Industriale .umenta di dodici volte tra il 1900 ed il 1940, contro le tre volte del resto del mondo. Tuttavia l'età d'oro del Giappone non doveva sopravvivere alla fine della dinastia Meiji (1912). Agli uomini di Stato che guidavano il paese in quell'epoca subentrarono spiriti mediocri, burocrati senza fantasia. In mancanza d'un arbitro al di sopra dei clans rivali, l'esercito salì i gradini del potere imponendo il suo brutale dominio ad un popolo eccellente, ma del tutto sprovveduto di maturità politica. Sorsero problemi nuovi, che i militari credettero di risolvere con la forza: l'industrializzazione, l'urbanesimo, il proletariato operaio, l'impoverimento delle campagne, l'inflazione demografica... Dopo il 1930, i progressi del Giappone sono legati all'aggressione e all'avventura coloniale. Peggio ancora, il paese pensa che il vento soffi in favore del fascismo; e punta su Hitler, gettandosi nella folle avventura di Pearl Harbour. Agosto 1945. Devastato dalle bombe (cento città distrutte, per non parlare di Hiroshima), il Giappone capitola. La disfatta, l'occupazione, la miseria potrebbero spingerlo verso nuove violenze: verso l'estrema sinistra, la resistenza agli americani, i preparativi segreti per la rivincita. Niente di tutto ciò. Il paese si schiera, con stupore generale, per tutto quanto ha combattuto fino a ieri: l'amicizia per gli Stati Uniti, la democrazia, il disarmo integrale. Compare un Giappone nuovo, profondamente segnato dalle sventure, ma che ha imparato la lezione; dalla prova terribile nasce un autentico pacifismo. Il paese scopre là libertà; un'ottimismo dilagante ed incontenibile dice ai giapponesi che cento milioni di abitanti possono ben vivere in pace su queste quattro isole strette. Riveduto e corretto, è il Giappone della dinastia Meiji che rivolge lo sguardo all'Occidente. La sua insaziabile voglia di fare e dl agire ' risorge, con questa differenza: che è passata dai militari spazzati dalla guerra ai nuovi tecnocrati. La pace rilancia il paese sulle vie del commercio e dell'industria. I tecnocrati e gli ingegneri hanno ereditato L'ardore temerario dei capitani in guerra; lo spirito frugale e la disciplina del soldato dl ieri sussi- ste in parte nell'operaio di oggi. Questa nuova furia non espone il paese ad altri « incidenti »? Vi sono dei punti deboli nell'economia giapponese. Il «surriscaldamento» dell'industria e lo squilibrio della bilancia con l'estero sono fenomeni ricorrenti. L'espansione commerciale non susciterà reazioni ostili all'estero e riflessi protezionistici, se ingigantirà ancóra, troppo in fretta e senza precauzioni? Infine, mentre ieri il Giappone aveva tragicamente sottovalutato gli Stati Uniti, oggi non commette lo stesso errore di valutazione, ma ih senso inverso, puntando troppo sull'America? E' il caso di chiederselo, perché nessun paese sarebbe oggi altrettanto vulnerabile del Giappone, se l'economia americana entrasse in crisi. Robert Guillain Copyright 41 « Lo Monde» a per niella de «La Stampa »

Persone citate: Agosto, Hitler, Mao, Robert Guillain