Quando la polizia vigilava il Vaticano di Carlo Casalegno

Quando la polizia vigilava il Vaticano STATÒ E CHIESA NEGLI ULTIMI CENT'ANNI Quando la polizia vigilava il Vaticano Si potrebbe scrivere la storia delle relazioni tra Chiesa e Stato dal 20 settembre 1870 in poi — il conflitto, i taciti accomodamenti, infine la conciliazione e quasi la collaborazione fra i due poteri —, solo pubblicando i rapporti della questura di Roma ai ministri degli Interni ed ai prefetti della capitale. Per molti anni dopo la breccia di Porta Pia, il commissario « dei Borghi » vigilò con sospettosa attenzione su quanto avveniva attorno ed oltre la soglia vietata del Vaticano, e cercò di conoscere attraverso ecclesiastici amici o cattolici moderati, che non mancarono mai, quello che « si macchinava > dietro il portone di bronzo. Nei momenti di crisi, bastava un'insolita « uscita di carri con casse » per temere che Leone XIII avesse deciso di partire nottetempo esule per Malta; ed occorreva controllare « con riservate investigazioni », per esempio, la voce che il Papa stesse per fulminare la scomunica nominativa contro Umberto I. Le forze di polizia proteggevano, sì, le funzioni religiose, le persone degli ecclesiastici, il libero movimento dei pellegrini italiani e stranieri; ma dovevano soprattutto difendere i diritti dello Stato dalle acclamazioni sovversive al Papa-re, dagli intrighi dei nostalgici, dalla resistenza di avversari che rifiutavano il regno d'Italia come « nato coi latrocinio e col sacrilegio », secondo le parole della Civiltà cattolica. Già alla fine del secolo, peraltro, i rapporti di polizia rivelano una situazione meno tesa, meno inquietante. Leone XIII protesta contro i festeggiamenti civili del 20 settembre; tuttavia ordina che sale e musei del Vaticano restino aperti: « vennero ammessi perfino coloro che vestivano da garibaldini — riferisce il bravo commissario — e tutti indistintamente si dimostrarono educati e rispettosi più ancora dei pellegrini in genere... Sempre per volontà del S. Padre... i clericali tennero un contegno riservato e corretto ». Per Cri spi, il « pericolo rosso » prevaleva ormai sul « pericolo nero»; suscitando l'indignazione non solo di Adriano Lemmi, gran maestro della massoneria ma del moderato Ferdinando Martini, egli,voleva che «l'autorità civile e la religiosa procedano insieme in un'opera di restaurazione e di difesa » Giolitti vede Stato e Chiesa come due parallele the non debbono incontrarsi, ma nemmeno combattersi. La polizia riceve l'ordine di impedire che le processioni siano ostacolate dagli anticlericali: obbedisce col massimo zelo anche in un quartiere acceso come il Tiburtino, « ove predomina l'elemento operaio e quello di pregiudicali per reati comuni ed affigliati alla mala vita ». Basterebbe il tono diverso dei rapporti burocratici per avvertire che, al principio del '900, le autorità non vedono più nel « partito dei gesuiti » un nemico dello Stato: gli animi, malgrado punte irriducibili sono cambiati dalle due parti; e la conciliazione, prematura come formale atto politico (ancora nel 1919 Vittorio Emanuele III fermerà le trattative avviate tra il presidente Orlando e l'inviato del Vaticano), è già operante nella vita quotidiana. Un'atmosfera di vera guerra religiosa, di scisma, in Italia non c'era stata neppure negli anni più duri del Risorgimento; e la pace arrivò abbastanza in fretta. Istruzioni ministeriali e rapporti di polizia (peccato che non si possa per ora confrontarli con quelli del ventennio fascista e del dopoguerra) appaiono in buon numero tra le centinaia di documenti che Pietro Scoppola ha raccolto in Chiesa e Slato nella storia d'Italia (editore Laterza). In questo libro voluminoso ma di facile lettura, le relazioni tra società politica italiana e mondo cattolico, dal discorso di Cavour su Roma capitale ai lavori della Costituente repubblicana, sono rievocate attraverso atti ufficiali, note diplomatiche, articoli di stampa, appunti c lettere private; bre¬ vi premesse ad ogni capitolo Ila formula: «liberà Chiesa in inquadrano e chiariscono i do- I libero Stato »; lo Stato fonte cumenti. La scelta è bene equilibrata; ed ha il merito di concedere il giusto spazio non solo alla politica del Vaticano, ma ai contrasti, ai casi di coscienza, ai dibattiti ideologici della parte cattolica. Un'opinione assai diffusa, e spesso ripetuta nei discorsi celebrativi, finisce per ridurre il dramma dei rapporti fra Stato e Chiesa ad una specie di commedia degli equivoci: nel Risorgimento laici e cattolici non avevano capito la possibilità di lavorare insieme per il bene comune; chiariti i malintesi, i cattolici hanno accettato le idee risorgimentali ed i patrioti si sono riconciliati con la religione. Basta una scorsa ai documenti di questa antologia, per veder confermato che la verità è molto più complessa. C'è stata, nell'ultimo secolo, una doppia rivoluzione: nella Chiesa e nello Stato. La Chiesa è mutata, tra il «Sillabo» di Pio IX che scomunicava la democrazia, la libertà religiosa, la civiltà moderna, ed il Concilio Vaticano II; ma nemmeno lo Stato, soprattutto per la politica ecclesiastica, è più quello del Risorgimento. La Chiesa ha accettato, solennemente, l'unità italiana e la rinuncia a Roma; lo Stato, prima firmando i Patti lateranensi, poi inserendoli nella Costituzione della Repubblica, si è distaccato dal programma di Cavour. Nel marzo 1861, affermando davanti al primo Parlamento nazionale il diritto dell'Italia su Roma, egli aveva indicato come fondamento npn solo della pace religiosa, - ma del progresso della cattolicità, unica di sovranità; la Chiesa oggetto di diritto, ma protetta dai princìpi liberali. Solo attraverso la separazione, indipendente nella sfera spirituale « che sola le compete », per Cavour la Chiesa poteva riconciliarsi coll'autorità civile e « firmare la pace... fra lo spirito di religione ed i grandi principi della libertà ». La nostra Costituzione accoglie non la formula di Cavour, ma la variante che il cattolico Tommaseo voleva un secolo fa: « libera Chiesa e libero Stato ». Riconosce alla Chiesa ciò che essa aveva sempre rivendicato, la sovranità; ed al principio della separazione sostituisce quello della parità e della autonomia. Forse c'era qualcosa di utopistico nella concezione cavourriana; probabilmente questa è l'unica base possibile per una. solida pace religiosa tra lo Stato e la Chiesa cattolica, che può «aggiornarsi» ma non mutare la sua essenza. Il precetto costituzionale non contiene nulla che impedisca la laicità dello Stato o l'eguaglianza dei cittadini di ogni confessione; e tuttavia il problema della libertà religiosa appare rovesciato dai tempdel Risorgimento. Ora essa dipende in larga misura dalla coscienza politica dei cattolicianche per quei ritocchi al Concordato che, come disse l'onMoro vent'anni fa quando sdiscuteva l'art. 7, dovrebbero « rendere i termini della pace religiosa perfettamente aderenti allo spirilo liberale e democratico della nostra Costituzione ». Carlo Casalegno

Luoghi citati: Italia, Malta, Roma