Perché ritrova ora tanto successo it teatro dimenticato del Ruzante?
Perché ritrova ora tanto successo it teatro dimenticato del Ruzante? Recitato e ristampato In Italia dopo pia di tre secoli Perché ritrova ora tanto successo it teatro dimenticato del Ruzante? Borghese e colto, sentì il popolo e la campagna come nessun altro scrittore del '500 Esattamente tre secoli e mezzo dopo l'ultima edizione, si pubblica per la prima volta in Italia tutta l'opera del Ruzante. Lo stupore è legittimo. Ma al gran pubblico, che da una decina d'anni ha imparato a conoscere sul palcoscenico un teatro che non poteva leggere sulla pagina se non in testi sporadici e incompleti, non sarà inutile ricordare che la meteora di Angelo Beolco detto il Ruzante impallidì, e quasi si spense, agli inizi del Seicento, con la stessa rapidità con cui aveva acceso e attraversato il firmamento letterario rinascimentale. Fama in parte postuma: acclamato in vita come autore e attore, soltanto dopo la sua morte (1542) il Ruzante ebbe la ventura di avere stampate e ristampate più volte le sue commedie. Poi, raramente interrotto, un silenzio durato sino a quando due francesi « riscoprirono» lo scrittore padovano. Ricuperato dalla cultura italiana contemporanea, il teatro dèi Ruzante ha ora anche una sua degna edizione. L'ha curata, coronando quasi vent'annl di ricerche e di studi, Ludovico Zorzi. Egli non soltanto ha pubblicato un testo «che tiene selettivamente conto delle fonti e ne propone una trascrizione ortofonica secondo moderni criteri di grafia»; ma anche offre a fronte, con ricchezza di note, la versione italiana dì quella parte, la più cospicua, scrìtta in pavana, cioè nel dialetto del contado di Padova, che il Ruzante usò soprattutto per esprimere il «naturale» del mondo rusticano che gli urgeva di rappresentare, anche se poi finì col contrapporlo polemicamente al « fiorentinesco » dei letterati. Ma non era anche lui un letterato? E' una domanda alla quale, presto o tardi, deve rispondere ogni studioso del Ruzante. Si sa che Angelo Beolco nacque insieme al suo secolo (recenti scoperte d'archivio inducono ad anticipare di un paio d'anni la data tradizionale del 1502) in una ricca famiglia di origine milanese. Ma era figlio naturale e, sebbene 'fosse stato accolto ed educato con ogni cura nella famiglia paterna, c'è stato nell'Ottocento chi non ha resistito alla tentazione di considerare il suo stato illegittimo come un presagio, oltre che un'occasione, di Una vita all'insegna del genio e della sregolatezza, da « artista maledetto ». In realtà, come dimostra lo Zorzi nella sua'acuta Introduzione, e lo confermano gli studi del Sambin e del Menegazzo, il Ruzanfe fu «un borghese colto e attivo »; nella casa e all'ombra del patrizio Alvise Cornaro, suo protettore, committente, amico e padrone, riuscì a conciliare, forse dopo .qualche sbandamento giovanile, la vocazione dì teatrante con le necessità della vita quotidiana, anche se non arrivò a comporre «il contrasto tra la città e la campagna che innerva da capo a fondo » la sua opera. E fu una fortuna: proprio nella rappresentazione di questo dissidio e soprattutto delle aspirazioni e dei sentimenti del mondo contadino, con il quale egli ebbe continua dimestichezza, sta la grandezza dell'arte scabra e potente del Ruzante. Arte realistica; e meno per il tentativo di « rinnovare dall'interno le consuetudini umanistiche mediante l'innesto di forme e motivi attinti alle tradizioni popolari», che per la prospettiva classista nella qua- le, con qualche sforzatura e tuttavia non senza fondamento, lo Zorzi colloca l'opera ruzantesca. Ma in particolare perché, al contrario della Commedia dell'Arte, e nonostante egli l'abbia in qualche modo anticipata, dietro il teatro del Beolco non c'è il vuoto, morale e politico, di una società che ha ritardato di secoli la presa di coscienza da parte di una vera borghesia e delle stesse classi popolari. Nei due Dialoghi, nella Moscheta, nella Betìa (qui restituita per la prima volta nella sua integrità insieme a preziosi inediti, come le due splendide Orazioni; e nelle altre sue commedie — di cui lo Stabile torinese e il suo regista De Bosio hanno già dato eccellenti traduzioni sceniche — il Ruzante svela davvero « il rovescio delle immagini idealizzate e stilizzate... della letteratura ufficiale di quello stesso periodo ». Alberto Blandi RUZANTE: Teatro - Edizioni Einaudi - pagine 1710, lire 12.000.
Persone citate: Alberto Blandi, Alvise Cornaro, Angelo Beolco, De Bosio, Ludovico Zorzi, Menegazzo, Sambin, Zorzi
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