Una madre è uscita dal carcere per assistere i suoi bimbi morenti di Luciano Curino

Una madre è uscita dal carcere per assistere i suoi bimbi morenti La donna ohe ucciso II marito violento a Novara Una madre è uscita dal carcere per assistere i suoi bimbi morenti Deve scontare dieci anni - Soppresse a colpi di scure l'uomo, esasperata dai continui maltrattamenti cui erano sottoposti lei e i figli - Gli ultimi due (gemelli) di due anni e mezzo, sono nati in carcere minati da un male di famiglia - Ora sono ricoverati, senza speranza, alla Clinica pediatrica e la donna ha avuto il permesso di vegliarli Maria Grazia Russo, in carcere perché ha ucciso il marito che picchiava i figli, viene accompagnata da due agenti dalla prigione alla Clinica pediatrica per vegliare i suoi bambini, Giuseppe e Antonio. Sono gemelli di due anni e mezzo, nati ammalati, incurabili. La madre li guajv da, si china a baciarli e dice: « Non c'è guarigione ». E" terribile, ma è cosi e nessuno può farci niente. La madre ha 36 anni. Ho visto troppe donne con i figli che morivano tra le braccia e tutte speravano, si illudevano, erano capaci di ingannarsi. Maria Grazia Busso, invece, ripete tetra: «Non c'è guarigione». Anni grami di miseria, di umiliazioni e di inganni uccidono anche la speranza e non lasciano alcuna illusione. La vita è spenta. « Signora, che cosa farà, dove andrà quando avrà scontato la pena?». La domanda sembra impaurirla. Non lo sa, non ci ha mai pensato. Trentasei anni. Chissà se ha mai avuto una giornata tutta felice? Lei dice di si, il giorno dalle nozze. «Piangevo di gioia». In un paese della Calabria, e lei aveva speranze e sogni. Ma non è durato molto. Il marito le faceva fare figli e la picchiava. « Avesse picchiato soltanto me, ma non perdonava nulla ai bambini, con loro era una bestia », ha detto la donna al processo. La dolorosa necessità di lasciare il paese, la ricerca di un lavoro all'estero e lei aveva sempre un bambino attaccato al seno, vedeva il marito picchiare .gli altari bimbi e implorava ò urlava come pazza: «Basta». Rispondeva lui: «Così irr-zrana a vivere»: Poi la fami' glia era ritornata in Italia, si era stabilita a Novara. Erano nati sei figli, due erano morti. «Anemia, Un male di famiglia» dice ora la donna, rassegnata, e sembra che parli di una maledizione. E' una maledizione. E' l'anemia emolitica cronica, la chiamano «anemia mediterranea» ed è una tara ereditaria. Maria Grazia Russo non sa se «portatore» del male è stato il marito o è lei. Ma ricorda l'agonia di due figli (uno è morto dopo 25 mesi, l'altro dopo quattro anni e mezzo) e sa che il male è spietato. Ha ucciso il marito due anni fa. Aveva visto uno dei figli con la faccia gonfia per le botte e la notte lo aveva sentito gemere nel sonno e svegliarsi per un incubo, urlando: «Basta, papà». Il marito dormiva. Lo ha ucciso con una scure. L'hanno condannata a dieci anni. Sedici anni di violenze subite hanno contato come attenuanti, inoltre i giudici hanno riconosciuto alla donna anche la seminfermità mentale. Quando ha ucciso il marito. Maria Grazia Russo era incinta di quattro mesi. In carcere sono nati due gemelli. Dice la donna: «I bambini sono colpiti di testa perché ho avuto tanti spaventi e tribolazioni ». Colpiti di testa: il termine clinico è « microcefali ». Cranio e cervello non sono sviluppati. « Ed erano sempre pallidi — dice la madre. — Quando hanno avuto quattro mesi sono stata sicura: anemia. Non c'è guarigione ». Ci sono altri bambini nel «nido» del carcere. Maria Grazia Russo li ha visti crescere, imparare a ridere, a camminare e a parlare. I suoi gemelli erano troppo gracili e cerei, «colpiti di testa». Strappa il cuore vedere questi due fratellini Non parlano, non hanno mai riso né sorriso. Piangono e si lamentano quasi sempre. Non si resiste a guardarli negli occhi: tristi e disperati, con uno sguardo che implora aiuto, ma che aiuto si può dare? La madre è convinta: «Non sanno parlare, ma capiscono tutto ». Ma cosi non è peggio? Giuseppe e Anto nio vedono gli altri bambini correre e giocare, li vedono felici, vedono le altre madri ridere con i figli, ma la loro madre non ha mai sorriso perché da troppi anni non è più capace. L'altro ieri, essendosi aggravate la condizioni, i due gemelli sono stati' traspòrtati alla Clinica pediatrica, per essere curati con trasfusioni. Era la prima volta che uscivano dal carcere e sono entrati in un ospedale. Il magistrato, dott. Silvestro, su richiesta del capo della Mobile dott. Sgarra, ha concesso alla madre di assisterli. Al mattino, due poliziotti l'accompagnano alla clinica e la sera la riportano in prigione. Naturalmente, gli agenti non perdono mai di vista la detenuta. La donna prende in braccio i figli, asciuga loro le lacrime, dice parole dolcissime — chiama i figlioletti « principini miei » — e accarezza loro i capelli che so¬ no biondi. I poliziotti devono stare lì e si direbbe che è il servizio peggiore che gli è toccato nella loro carriera. Povera donna, che pena... Viene la suora e chiede alla Russo: « Mamma, ha bi¬ sogno dt qualcosa?». Lei fa di no con il capo. Ha bisogno di tutto, ma chi può darle qualcosa? La speranza, per prima. Vede passare nel corridoio altre madri venute a trovare i figli. Arrivano con doni e dolci e lei non ha nulla da portare. Vede donne che escono con il figlio guarito, e ridono quelle donne. Ma chi potrà ridare il sorriso a Maria Grazia Russo? Luciano Curino Maria Grazia.Russo veglia I piccoli gemelli Giuseppe ed Antonio nella Clinica pediatrica di Torino (Moisio)

Persone citate: Maria Grazia, Maria Grazia Busso, Maria Grazia Russo, Moisio, Russo

Luoghi citati: Calabria, Italia, Novara, Torino