Dieci anni alla madre accusata d'aver causato la morte della bimba

Dieci anni alla madre accusata d'aver causato la morte della bimba LA SENTENZA ALLA CORTE D'ASSISE DI IMPERIA Dieci anni alla madre accusata d'aver causato la morte della bimba La donna, trentenne, nata a Torino, ha pianto dopo il verdetto - Due anni anche al marito (Dal nostro corrispondente) Imperia, 27 novembre. Dopo oltre tre ore di permanenza in camera di consiglio, la Corte d'Assise d'Imperia, presieduta dal dottor Pietro Garavagno, ha riconosciuto la trentenne Teresa Provera, nata a Torino e residente a Camporosso, colpevole del reato di maltrattamenti seguiti da morte in danno della propria figlioletta Maria Grazia Russo, di 19 mesi, e, con la concessione della diminuente del vizio parziale di mente, l'ha condannata alla pena di dieci anni di reclusione, all'interdizione perpetua dai pubblici uffici, e ha ordinato che a pena espiata essa venga affidata ad una casa di custodia e cura per un periodo di anni tre. Ha inoltre condannato il marito, Martino Russo, di 28 anni, nato a Taurianova (Reggio Calabria), ritenuto responsabile di omicidio colposo nei confronti della stessa creatura, alla pena di anni due di reclusione. Per l'intera giornata avevano parlato i difensori dei due imputati. Aveva esordito il giovane penalista Roberto Laura, di Ventimlglia, primo patrono a difesa del Russo. Egli aveva sostenuto che il marito della Provera era sempre stato all'oscuro di quanto la donna stava compiendo nei confronti della propria figlioletta. Oberato dal lavoro com'era, egli non aveva avuto il tempo necessario per sorvegliare la condotta della donna. Pertanto egli ha concluso col chiedere l'assoluzione del suo patrocinato per non avere commesso il fatto. L'avvocatessa Evelina Cristel, di Sanremo, che difendeva l'imputata principale, ha sostenuto che Teresa Provera, dopo un'infanzia travagliata e un'adolescenza penosa, si era affacciata alla vita tarata psichicamente e fisicamente. La penalista ha poi sostenuto che nessun nesso di causalità esiste tra i maltrattamenti inferti dalla donna alla piccola Maria Grazia e la sua morte, in quanto essa fu dovuta soltanto a causa naturale, e cioè a broncopolmonite bilaterale batterica. Continuando nella sua arringa, la penalista sanremese ha dichiarato che Teresa Provera iniziò la serie dei maltrattamenti e delle sevizie in danno della povera creatura quando si trovò al primo mese di gravidanza, il che aveva accentuato in lei il vizio parziale di mente che già la affliggeva. A conclusione della sua arringa, l'avv. Cristel ha chiesto alla Corte di degradare il reato maggiore contestato alla Provera da maltrattamenti seguiti da morte in quello di maltrattamenti semplici e di concedere a lei quelle attenuanti generiche che il procuratore generale, dott. Antonio Penco, a conclusione della sua requisitoria le aveva negato. Dopo la lettura della sentenza, che i due imputati hanno ascoltato impassibili, Teresa Provera, che per tutta la durata del processo non aveva rivolto uno sguardo a suo marito, lo ha abbracciato e quindi, piangendo, ha lasciato l'aula. jj# ^

Luoghi citati: Camporosso, Imperia, Reggio Calabria, Sanremo, Taurianova, Torino