Sarà eterno il mito dell9ara? di Alberto Ronchey

Sarà eterno il mito dell9ara? Sarà eterno il mito dell'ora? In quattro giorni, dopo la svalutazione della sterlina, 450 tonnellate d'oro sono state comprate da privati sulle piazze di Londra, Zurigo, Parigi. E' una febbre dell'oro. Il «pool» fra le banche dei maggiori Paesi occidentali ha fattoi fronte alla domanda, sostenendo l'offerta con.grave sacrificio, per contenere il prezzo dell'oro fino intorno ai 35 dollari l'oncia, pari a circa 700 lire al grammo. Gli speculatori possono rimetterci l'osso del collo, com'è già accaduto. Ma se molti risparmiatori seguissero la- córrente, susciterebbero grossi guai. L'attacco è rivolto anzitutto contro il dollaro (la risèrva degli Stati Uniti fronteggia la domanda col 50 per cento dell'oflerta di oro), ma se attraverso una catena di eventi il prezzo,dell'oro fosse per necessità rivalutato rispetto al dollaro, ossia se il dollaro fosse svalutato, si trascinerebbe dietro tutte le monete e uno scompiglio incontrollabile. Il: commercio dell'oro appartiene alla sfera dei molti fatti irrazionali del mondo: voi potete ragionare nel modo più rigoroso possibile, ma se davvero la moltitudine si sbaglia siete voi che vi sbagliate e la moltitudine vince la scommessa. Questi compratori di lingotti, napoleoni, sovrane, croci svizzere, col complesso di Mida 0 Goldfìnger, non capiscono che la forza vera di una valuta come il dollaro sta nel reddito nazionale che ha dietro (quest'anno pari all'incredibile cifra di 500 mila miliardi di lire), ossia nella produzione, nella- tecnologia, nel mondo reale che garantisce il potere di acquisto effettivo del dollaro. Ma se continuano a non capirlo, e sono sempre di più a non capirlo, allora prima o poi accadrà il contrario di ciò che è logico. . La contraddizione è implicita nello stesso sistema detto Gold exchange standard: quello che permette di saldare ì conti internazionali anche in dollari è sterline (anziché solo in orò, come accadeva prima col semplice Gold standard) per non vincolare il commercio alle ' limitate disponibilità d'oro. Infatti è uh sistema di transizione. II potere dell'oro è contesta¬ to, ma non superato, e chi vuole può ancora considerarlo il « talismano contro la paura». Dunque l'atavico istinto della tesaurizzazione può convivere e urtarsi con l'economia moderna. La psicologia dell'era dei galeóni e delle diligenze perdura nell'era delle astronavi e dei computers. Harold Wilson fu buon profeta, qualche anno fa, quando scrisse: « Noi non pensiamo più di saldare i nostri debiti interni trasportando lingotti attraverso il paese, ma negli affari internazionali viviamo ancora all'epoca di Carlo II. con diligenze cariche d'orò che arrancano nel fango, facile preda dei briganti di strada ». E tuttavia, non sarebbe giusto, biasimare solo gli speculatori. e i risparmiatori ignari che li seguono. Non crede nell'oro anche De Gaulle, suggestionato da un economista come Rueff? E' una fede esclusiva, che lo spinse anche alla lite col suo ex ministro delle Finanze Gisoard D'Estaing. De Gaulle crede nell'oro. Se non altro in odio al dollaro. Nel '65 dedicò una sua famosa conferenza stampa alla proposta di abbandonare il Gold exchange standard non già per andare avanti, ma per tornare indietro al puro e semplice Gold standard, il vecchio « tallone aureo ». «...L'oro che non cambia natura — disse De Gaulle — e che può essere trasformato in lingotti, barre o monete, che non ha nazionalità, che è considerato eternamente e universalmente il valore fiduciario inalterabile per eccellenza... » Poco mancò che si rifacesse agli alchimisti, i quali rappresentarono 1 ' oro col sole, o celebrasse proprio come Goldfìnger la sua il divina pesantezza ». In seguito la Banca centrale francese ha comprato quant'oro ha potuto, finché ha potuto. E nei giorni scoi si, anche se la Banca ha veri duto per conto suo, poiché la corsa all'oro cornini'i'i a a far panra, non è mancato all'Eliseo o al Quai d'Orsay chi ha ripetuto a qualche vi si tutore straniero che è pròssimo il momento d'una rivalutazione dell'oro, o svalutazione del dollaro: ne dà notizia Henry Tanner sulla Herald Tribune di Parigi. « Qualcuno in Francia — conferma Raymond Aron sul Figaro — auspica questa rivalutazione dell'oro. Non si spiega diversamente il fatto che un giornale abbia potuto avere notizia della cifra di perdite del pool, nel momento in cui tale informazione doveva alimentare l'in quietudine, se non provoca re il panico... Questi piccoli Machiavelli, se anche non rispettano le regole iradizior ' della convenienza di plomatìca, dovrebbero alme no meditare sulla leggenda dell'apprendista stregone». Il gollismo non è ancora l'ultima trincea del partito di re Mida. Ci sono anche i russi, che aspettano la rivalutazione dell'oro. Non l'aspettano solo per assistere alle contorsioni del capitalismo, ma per interesse diretto: l'Urss, con il Sud Africa, è fra i massimi produt tori d'oro del mondo. Secondo le stime del Fondo monetario internazionale, la sua . produzione oscilla tra 200 e 300 milioni di dollari l'arino. L'Urss regola la sua bilancia dei pagaménti con le vendite d'oro. Negli anni scorsi, dopo la crisi agrico¬ la, comprò grano all'estero per 325 tonnellate d'oro. L'aumento del prezzo in dollari sarebbe una manna per colmare le falle della pianificazione. Proprio nelle ultime setti mane, sulla via Puskin di Mosca s'è aperto un negozio in valute, per i forestieri, che vende lingotti d'oro come souvenirs dell'Urss, marcati falce e martello, a prezzi che superano di molto i 35 dollari l'oncia: è un simbolo dell'attesa. Eppure l'orgoglio bolscevico, che può essere nell'acciaio di Maghnuogorsk, nella centrale elettrica di Bratsk, nella produzione di isotopi o in qualsiasi cosa, non è cer-to nell'oro ereditato con l'impe ro minerario della Siberia dagli Zar. Eppure Marx definì l'oro « un avanzo di bar burie ». Eppure Lenin predisse che il Paese dei Soviet, con l'oro, avrebbe lastricato i bagni pubblici. Ma il rublo conserva quel suo nome, che deriva dal -verbo rubit. tagliare:' poiché un tempo si tagliava in oro e argento Lassù è un'arte antichissima che risale agli Sciti. Alberto Ronchey