Gli uccisori di Tandoj partano oggi La Corte respinge le istanze della difesa di Guido Guidi

Gli uccisori di Tandoj partano oggi La Corte respinge le istanze della difesa IL PROCESSO DELLA MAFIA ALLE ASSISE DI LECCE Gli uccisori di Tandoj partano oggi La Corte respinge le istanze della difesa I difensori avrebbero voluto far rinviare il dibattito per motivi di procedura - La bella vedova del commissario di P. S. soppresso ad Agrigento si è costituita parte civile, ma non si è presentata - Drammatica scena in aula: la madre del ragazzo ucciso per sbaglio urla in lacrime agli imputati in gabbia: «Cu fu? Chi accise miu fìgghiu?» («Chi è stato? Chi ha ucciso mio figlio?») - Ma l'omicida risponde con indifferenza: «Non cerchi fra noi il colpevole» (Dal nostro Inviato speciale) Lecce, 22 novembre. Il processo per la morte del commissario di Pubblica Sicurezza dott. Tandoj è cominciato, e presumibilmente andrà avanti fino alla fine. Per il momento almeno, ogni ostacolo sembra che sia stato rimosso: la Corte d'Assise ha respinto — o meglio ha risolto in qualche modo — alcune eccezioni procedurali che avevano come obiettivo il rinvio del dibattimento; domani i giudici cercheranno di ricostruire e di apprenaere quello che è accaduto fra Agrigento. Raffadali e Favara in un decennio, fino a quando la sera del 30 marzo 1960 venne ucciso con cinque colpi di pistola il dott. Tandoj. Cercheranno soprattutto di stabilire se sopprimendo il capo della Squadra Mobile di Agrigento i mafiosi vollero eliminare un avversario o, come sostiene l'accusa, vollero impedire che un loro succubo o un loro complice potesse parlare non appena, trasferito a Roma, non fosse più soggiogato dalla paura. I giudici oggi si sono limitati a conoscere da lontano coloro sui quali dovranno pronunciarsi, perché tra il dibattito sulle questioni procedurali e la decisione se ne è andata via tutta l'udienza. Chi sono gli imputati? Ad eccezione di uno, Vincenzo Di Carlo, il « professore » pere/té ha insegnato nelle scuole di Raffadali, dove è stato anche giudice conciliatore e segretario della de, oltre che aspirante capo della « cosca » mafiosa (è un uomo robusto, molto sicuro di sé, sulla cinquantina), gli altri sono poveri contadini. La mafia di Raffadali è essenzialmente rurale, interessata cioè a far vendere i terreni a un prezzo basso, per fare in modo che poi li acquistino gli altri ad un prezzo decuplicato. Sono venti (sei omicìdi, un tentato omicidio, associazione per delinquere,( ; : I f ( 11 f 111M111 ! ' 1111 ! I [ 111 i M1111111111 ! ! 11 ! 11111111 11 un carrettiere di Raffadali che ! ! Il 11 ! 1M111111 ! 111111 ( 111111111 i ! 11 ! Il i r ; i 111 r 11M111111estorsione e danneggiamenti), ma oggi, suddivisi cinque in una gabbia e undici in un'altra, erano presenti in aula soltanto sedici: tre sono latitanti (uno. Santo Librici, è negli Stati Uniti), uno è trattenuto in un altro carcere e verrà nei prossimi giorni. La madre dì quel ragazzo, Nini Damante, che ebbe la sventura di trovarsi là sera in cui fu uccìso Tandoj in viale della Vittoria ad Agrigento, e fu colpito da un proiettile non certo indirizzato a lui, li ha aggrediti, li ha insultati. Non hanno reagito. Soltanto Giuseppe Baeri, fu ingaggiato dalla mafia perché eliminasse il dott. Tandoj, ha replicato, ma senza scomporsi, senza eccitarsi. In istruttoria ha confessato tutto; evidentemente intende ritrattare ciò che ha detto. Pia Vanella, la madre di Nini Damante, ha cinquanta anni, è la moglie di un impiagato dell'Enel. La morte del figlio l'ha distrutta. Da sette anni insegue disperatamente il sogno dì assistere alla condanna degli assassini. Ha bussato a tutte le porte: da quella del Capo dello Stato a quella dei presidenti del Senato e della Camera, ha chiesto di essere ricevuta anche dal Papa. Nel 1963 la sua tenacia fu premiata: l'inchiesta venne riaperta. Pia Vanella oggi si è presentata in aula per costituirsi parte civile, portando con sé una grande fotografia del figlio. « Cu fu? Cu fu chi accise miu fìgghiu? » (« Chi è stato? Chi è stato che ha ucciso mio figlio?»), ha urlato rivolta agli imputati. Nessuno di quelli nelle gabbie ha battuto ciglio. E Pia Vanella è tornata a insistere. « Cu fu? Cu fu? ». Allora Giuseppe Baeri, il quale ha ammesso in istruttoria di avere sparato in cambio di una promessa (non mantenuta) che gli venissero versate centomila lire, ha replicato. « E' giusto quello che dite signora, è giusto che cerchiate l'assassino, ma non qui... ». « Ah — è scattata la povera madre — allora tu si chi ha accise miu flgghiu. Tu si l'assassinu... ». I carabinieri hanno cercato di calmarla, e poi, mentre continuava a urlare disperata, l'hanno accompagnata fuori dell'aula. Il ruolo dell'accusatiice se lo è assunto, giuridicamente, anche Lelia Tandoj, la vedova. Ma la signora non si è presentata, né intende farlo in futuro. Ha dato incarico con una procura a un legale, avv. Cavallaro, di difen¬ dere la memoria del marito. Non si è presentato, né si presenterà, neanche il padre del dottor Tandoj, il quale invece non sì costituirà parte civile. Il colonnello Giuseppe Tandoj, ottantaduenne, in una patetica lettera ai giornali ha spiegato il motivo di questo suo atteggiamento. « La punizione del colpevole — ha scritto — non mi farà purtroppo riavere mio figlio. Ho pensato al processo di Lecce, ho pensato anche alla possibilità di far difendere la memoria di mio Aglio da un buon avvocato. Ma poi ci ho rinunciato perché qualcuno avrebbe pensato che mi preoccupavo di certe tesi assurde. E' per questo che ho deciso di mettermi da parte, di rimettermi alla decisione dei giudici, a quello che riusciranno ad accertare. Mio Aglio dette ampie dimostrazioni delle òue capacità e del suo coraggio. I suoi superiori di allora potrebbero testimoniare, e questa sarebbe la difesa migliore. Le note caratteristiche di mio Aglio parlano chiaro: era un funzionario irreprensibile; la sua capacità è fuori discussione ». Non è da escludere, però, che abbia avuto una notevole influenza sulla decisione di non costituirsi parte civile anche l'eventualità di incontrarsi con la nuora in aula: dopo quanto è accaduto e dopo quanto sì è accertato, i rapporti fra la vedova Tandoj e il suocero non sono ovviamente rimasti buoni. Quali sono state le eccezioni procedurali? Due imputati in questo processo — Vincenzo Alongì, di 36 anni, e Giovanni Scifo, dì 30 anni, latitante — sono stati già assolti dalla Corte dì Agrigento per il medesimo reato per cui oggi dovrebbero essere giudicati: avere ucciso cioè, su ordine di Vincenzo Di Carlo, l'ex pretendente alla qualifica di « boss » della mafia di Raffadali, Antonino Galva¬ no, il 21 gennaio 1959. Il dott. Tandoj li denunciò e li arrestò, ma, pur conoscendoli, avrebbe evitato di denunciare e arrestare i mandanti. Perché? La legge stabilisce che non si può essere giudicati due volte per lo stesso reato, neanche se, dopo l'assoluzione, si confessi la propria responsabilità. La Corte ha risolto il problema: ih questo processo non si contesterà a Vincenzo Alongì e a Giovanni Scifo di avere ucciso l'ex aspirante « boss » di Raffadali; ma si parlerà egualmente di loro, perché dovranno difendersi dall'accusa di associazione per delinquere. Sono due personaggi troppo importanti per ricostruire la situazione e stabilire fino a che punto il dott. Tandoj avesse dei rapporti con la mafia perché i giùdici rinunciassero ai due. Guido Guidi imputati commissario Cataldo Tandoj (Telefoto