Ballate e filastrocche popolari in «Militari, borghesi e ragazze»
Ballate e filastrocche popolari in «Militari, borghesi e ragazze» Sul palcoscenico del Gobetti, cinto per tre lati da uno sconnesso steccato ricoperto di scritte e di laceri manifesti (l'impianto è di Emanuele Luzzati), cinque musicanti entrano ad uno ad uno con chitarre, fiati, piatti e tamburo, chiacchierano tra loro, preparano e accordano gli strumenti in attesa che il pubblico si raccolga. Proprio come per uno spettacolo in piazza. Dopo un po' sì spengono le luci in, sala, s'accendono i riflettori, quei cinque cominciano a cantare, da soli, a gruppetti, tutti insieme. E canteranno sino alla fine dei due tempi che Piero Novelli e Dino Tedesco hanno intitolato Militari, borghesi e ragazze alla maniera, appunto, degli imbonitori di piazza. Che cosa cantano? Ballate, filastrocche, inni, stornelli, canzoni: il repertorio, insomma, dei cantastorie di paese e di città da almeno due secoli, che ancora viene tramandato di bocca in bocca e che gli studiosi del folclore, o semplicemente gli appassionati del canto popolare, vanno raccogliendo e registrando per salvarli dall'oblìo. Dal Piemonte alla Lombardia e al Veneto, è all'incirca la Valle del Po, con qualche puntata tra i contrafforti alpini o nell'Emilia e anche più a sud. Si va dalle ballate narrative alle tiritere salaci, dalla parodia o dal rifacimento dì canzonette in voga ai canti di lavoro, della malavita, dì galera. Non mancano le canzoni e gli inni anarchici o socialisti dì protesta o dì denuncia: si esalta Giordano Bruno « martire delta ragione », si celebra il pugnale dì Caserio, i coscritti di Napoleone si lamentano, ì partigiani inveiscono a Badoglio. C'è una famosa canzone carceraria di Brofferìo ed una rozza ballata degli ergastolani di Portolongone, c'è una filastrocca scherzosa su Garibaldi e una cantata sulla fine di un brigante sardo. La «prima» dello spettacolo al Teatro Gobetti Ballate e filastrocche popolari in «Militari, borghesi e ragazze» Gli autori Novelli e Tedesco hanno voluto ricreare il clima delle « recite di piazza » Lo spettacolo ha un buon ritmo e una giusta misura. Trascinati da Gìpo Farassino, che ha voce, humour, sensibilità e abilità nel porgere, e che sta affermandosi come uno dei migliori specialisti del genere, gli altri attori-cantanti-suonatori si prodigano senza risparmio: Lia Scutari canta con impeto e con vigore, Piera Craviguani dice con garbo, lo spiritoso Tino Zerni e Pino Ruga eccellono nelle parti strumentali. Un pubblico divertito e partecipe li ha applauditi tutti, con calore e richieste di bis. Si replica. della retorica populista. Novelli e Tedesco si sono saggiamente astenuti da ogni commento. Hanno preferito che parlassero ì poeti, gli scrittori e ì politici ai quali sono attinti i brani che legano le canzoni e, nello stesso tempo, le diradano con piacevoli diversivi. E altrettanto saggiamente hanno evitato gli eccessi di cultura: i dialetti non sono stretti, spesso si canta in lingua, sia pure nell'italiano barbaro e pittoresco dei cantastorie di cui si ripetono alcune orripilanti cronache: una crudele ostessa fa a pezzi la figlia e ne imbandisce le carni agli avventori.
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