Il concerto Maderna-Faber ieri all'Auditorium della Rai
Il concerto Maderna-Faber ieri all'Auditorium della Rai Il concerto Maderna-Faber ieri all'Auditorium della Rai L'esecuzione del « Concerto per oboe » di Bruno Maderna ha provocato una piccola (e salutare) battaglia tra il folto pubblico - Applausi e dissensi altrettanto convinti L'esecuzione del Concerto per oboe di Bruno Maderna ha provocato, nella sala dell'Auditorium straordinariamente affollata, una piccola e salutare battaglia, terminando tra applausi e dissensi altrettanto intensi e convinti. Non c'è nulla di strano nel fatto che una parte del pubblico si sia inalberata di fronte all'uso di certi nessi seriali e di certi vocaboli timbrici che nella musica contemporanea sono insediati da una ventina d'anni, ma che a Torino raramente accade di sentire. Quel che occorre precisare è che. fra i compositori d'avanguardia, Maderna è certamente uno di quelli che tali vocaboli usano non come fine a se stessi, per il gusto pionieristico d'inventarli, ma subordinandoli a un preciso intento di comunicazione, secondo un rapporto tra contenuti espressivi e mezzi tecnici che è praticamente quello tradizionale di ogni grande compositore del passato. E' probabile che ad un secondo ascolto il significato di questo Concerto riuscirebbe evidente anche a molti di quelli che ieri sera ne hanno preso scandalo. Consta praticamente di sei cadenze per oboe (quattro per l'oboe vero e proprio, là prima per oboe d'amore e l'ultima per corno inglese), attraversate, qualche volta sorrette, ma più spesso contraddette da intermezzi orchestrali, ' in alcuni dei quali ha grande parte la percussione, nutritissima d'ogni sorta di esotici strumenti. Le sei cadenze danno fondo alle possibilità espressive di quello strumento poetico che è l'oboe, sacro alla malinconìa e alla solitudine, e raggiungono spesso valori di melodica commozione al quali ha dato grande risalto l'esecuzione stupenda, quasi parlante, di Lothar Fabér, ammirato poco prima anche nell'esecuzione del Concerto in sol minore di Haendel. I cui nobili e compassati quattro tempii nel loro salubre classicismo, sembrano cubetti di ghiaccio net vassoio del' frigorifero, ih confronto, ai tumult/i romantici e alle malinconie morta}! da cui è percorso il Concerto di Maderna. Naturalmente lo stupore del pubblico si è appuntato principalmente sugli, intermezzi orchestrali, perché questi sono, per l'appunto, « gli altri», il mondo esterno, la caotica e disumana realtà contemporanea che attraversa e distrugge là vita del poeta: si pensi, per esempio, alla drammatica battaglia di timpani che -infuria, nel corso dell'ultima cadenza. E perché l'inizio del Corecerto è particolarmente ostico e ingrato? Perché — si potrebbe arrischiare — lì, nella dichiarazione della serie, l'opera deve porre le basi stesse del linguaggio con cui vuole esprimersi, secondo la sorte a cui l'uomo moderno è ridotto, se diamo retta alle inquietanti ipotesi di strutturalisti e filosofi del linguaggio, sulle orme del grande Saussure. In apertura di concerto una trascrizione per grande orchestra, ad opera dello I stesso Maderna, dello splendido mottetto In ecclesiis di Giovanni Gabrieli, che il nostro pubblico ha altra volta avuto la fortuna di ascoltare nella veste originale, per voci sole, doppio coro, organo e strumenti. E alla fine una vibrante esecuzione della Prima Sinfonia di Scuumann, accolta da applausi scroscianti, come quelli che già avevano rimeritato l'eccellente oboista. m. m.
Persone citate: Bruno Maderna, Giovanni Gabrieli, Haendel, Lothar Fabér, Maderna
Luoghi citati: Torino
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