A Roma (mille miliardi di debiti) si dimette il sindaco Petrucci

A Roma (mille miliardi di debiti) si dimette il sindaco Petrucci Era. siato elotto mio! Muglio 1966 A Roma (mille miliardi di debiti) si dimette il sindaco Petrucci Lascia la carica perché si presenta candidato democristiano alle elezioni politiche - In seguito alla sua rinuncia anche gli assessori sono decaduti - La successione si presenta difficile - Da anni gravi problemi attendono soluzione (Nostro servizio particolare) Roma, 13 novembre.. Con mille miliardi di disavanzo, le strade più sporche d'Italia, il traffico caotico e molti altri problemi, Roma è da stamane anche senza sindaco e senza giunta. Amerigo Petrucci, in carica dal luglio del 1966, s'è dimesso per presentarsi candidato nelle liste della de alle elezioni politiche del maggio o giugno 1968. Anche gli assessori, da lui delegati, sono decaduti. Petrucci ha annunciato le sue dimissioni in una lettera all'asses sore anziano Attico Tabacchi (de) e in un documento che sarà letto domani sera al Consiglio comunale. La crisi è aperta e appare di difficile soluzione, per i contrasti fra i tre partiti della maggioranza, de, psu e pri. Petrucci era apparso l'uomo nuovo quando, nell'aprile del 1964, divenne per la prima volta sindaco, in sostituzione del dimissionario prof. Glauco Della Porta. Aveva una lunga esperienza amministrativa che s'era formata come consigliere provinciale dal 1952 al 1960 quando si presentò alle elezioni e fu eletto consigliere comunale. Divenne assessore all'urbanistica, uno dei settori più confusi e criticati di Roma. Successivamente fu anche segretario politico della de romana fino all'aprile 1964 quando subentrò a Della Porta come sindaco. Ebbe un gran numero di voti nelle consultazioni comunali del giugno del 1966 e venne confermato nella carica. Il suo programma sembrava rispecchiare fermenti nuovi, idee originali concrete e « giovani » (Petrucci ha 45 anni). Tutti gli riconoscono capacità, doti amministrative, chiarezza di soluzioni. Ma, intanto, i problemi della capi tale si sono ingigantiti. Non bastano le qualità di un uomo; occorre una « politica » per rimuovere gli ostacoli, per annullare influenze interessate, per arginare manovre speculative. L'ultimo esempio s'è avuto nei giorni scorsi. La zona di Capocotta, 1100 ettari che fronteggiano in gran parte la tenuta presidenziale di Castelporziano, doveva essere lottizzata per conto di società private, costituite da noti personaggi, che progettavano di far sorgere una vera città balneare. Si trattava dì distruggere un paesaggio fondato sulla « macchia mediterranea », l'unica rimasta in Italia e, perciò, protetta dalla legge. Dovevano nascere 1700 ville, alcuni alberghi per una popò lazione di ventimila abitanti, oltre a piscine e attrezzature balneari e per battelli. La Giunta comunale doveva dare il proprio benestare alla « convenzione », quando esplosero le polemiche. Intervennero « Italia nostra » e il Consiglio nazionale delle ricerche, opponendosi decisamente al progetto. La Giunta decise, all'ultimo momento, « ulteriori accertamenti ». Secondo alcune stime, il valore della città balneare sarebbe stato di ventisette miliardi. Non è il solo problema. Le finanze del Campidoglio sono fallimentari: oltre mille mi liardi di disavanzo. Ogni mese il Comune, per pagare i dipendenti, deve ricorrere in extremis a prestiti bancari e dello Stato. Il medico provinciale, prof. Del Vecchio, ha denunciato da mesi che Roma è la città più sporca d'Italia. Gli amministratori in parte negano questo triste (e reale) primato, in parte lo giustificano sostenendo che mancano i mezzi per rimediarvi. Dicono, comunque, che fra un anno e mezzo, cioè nel 1969, i servizi della nettezza urbana saranno potenziati e riformati. Intanto negli ultimi tre giorni, lo sciopero dei netturbini ha dato a Roma un aspetto desolante: ogni giorno si sono ammucchiate nelle strade più di quattordicimila tonnellate di rifiuti. Il traffico cittadino è con vulso, disordinato, causa di nevrastenie per gli utenti. Il luglio scorso, all'improvviso, Roma si trovò paralizzata, benché la circolazione fosse ridotta come ogni estate, quando decine di migliaia di romani sono in vacanza. Era accaduto semplicemente che, senza darne preventiva notizia, il Comune aveva modificato i sensi di marcia sui Lungotevere e in altre strade centrali. L'unico provvedimento ca pace di snellire il traffico, cioè la costruzione della metropo litana, non va avanti. Mancano i fondi, v'è una esasperan te lentezza burocratica. Roma ha una linea di metropolitana cosi breve che un inglese la definì « un metro di metrò ». E si potrebbe proseguire elencando le borgate di baracche, la mancanza di scuole sufficienti, l'applicazione crescente di sovrattasse, il caos edilizio, la sopraelevazione di palazzi in zone centrali, la distruzione « per errore » di ville protette dalla Sovrintendenza alle antichità. Le dimissioni di Petrucci, anche se determinate ufficialmente dal proposito di presentarsi alle elezioni politiche « per difendere Roma in Parlamento » — come l'ex sindaco fece sapere a suo tem po — possono forse interpretarsi come la rinuncia di un amministratore dotato e capace ad un compito che supera le forze di chiunque, se non è sostenuto da una precisa visuale politica. Ed è questo un dovere dei partiti, tanto più urgente quanto più Roma affonda, di giorno in giorno, nella catastrofe amministrativa, urbanistica e organizzativa. Lamberto Fumo

Persone citate: Amerigo Petrucci, Del Vecchio, Della Porta, Glauco Della Porta, Lamberto Fumo, Petrucci