La crociata dello Stato contro il fumo sarà lodevole, ma non ci sembra seria di Enzo Biagi

La crociata dello Stato contro il fumo sarà lodevole, ma non ci sembra seria La crociata dello Stato contro il fumo sarà lodevole, ma non ci sembra seria Il fumo fa male. Lo dicono tutti: anche il ministro della Sanità. Provoca il cancro, danneggia ì polmoni, indurisce le arterie. Fa vivere, tutto sommato, sei anni di meno. In America stampano sui pacchetti di tabacco una ammonitrice avvertenza: « Attenti, stimola i tumori». In Russia, un manifesto riproduce uno scheletro che accende la sigaretta a un giovanotto e una frase spiega: « Così sì brucia la salute ». In Inghilterra, un affisso mostra un distìnto signore prigioniero dietro sbarre formate da « super col filtro », ma uno slogan lo incoraggia: « Se vuoi,. puoi essere libero. E' solo un'abitudine ». Da anni, medici ed educatori illuminano i cittadini sui nefasti influssi della nicotina. Da anni, la sigaretta costituisce, per milioni di persone, un piacere, un calmante, un costume: è la prima cosa che chiede Jacqueline Kennedy, sconvolta, all'ospedale di Dallas; è l'ultimo desiderio di Mata Hari che va verso il plotone. C'è chi considera il fumo un vizio e chi una gioia, chi muore a cent'anni riempien¬ do ancora una volta la pipa e chi se ne va a quaranta, col sistema nervoso a pezzi. Bismarck non riusciva a pensare senza un sigaro, Cavour sveniva a sentirne l'odore. E' un bisogno che non risponde a una logica: « Ma perché fumi? », chiese la moglie a Gorki, divorato dalla tosse. «E tu perché vivi? », fu là risposta. Dopo il rapporto del dottor Terry, che ha studiato tutte le conseguenze del diffuso fenomeno, sono fiorite le polemiche e c'è stato anche qualche provvedimento. Studi per rendere meno nociva la combustione, trasmissioni televisive per illustrare gli effetti dell'alcaloide contenuto nelle foglie dell'esaltante pianticella, opuscoli di propaganda, conferenze, bocchini speciali che dovrebbero in parte neutralizzare le cause del male, anche se, come si osserva, riducono il diletto: « E' come baciare una donna per telefono », ha detto qualcuno. A Eastland, una cittadina del Texas, il consiglio comunale ha deciso di punire con mille dollari di ammenda, o con tre mesi di car¬ cere, chiunque sia sorpreso ad aspirare fumo di tabacco nel territorio municipale. Un nuovo proibizionismo. E' un veleno, insomma, e su questo tutti concordano. In Italia, lo vende e lo produce soltanto lo Stato, che ne trae un guadagno di oltre quattrocento miliardi. Lo Stato vieta ai fabbricanti stranieri di fare pubblicità, ma quando manda all'estero i prodotti del Monopolio incita gli svizzeri o i francesi ad acquistarli. C'è dunque una morale per uso interno e una tipo esportazione. Il consumo è, anzi, in aumento, con notevole incremento per il bilancio delle Finanze, per gli infarti e per i carcinomi. Ma ieri squilla un nuovo e sacrosanto grido di allarme, ha inizio una nuova e benemerita campagna « che punta soprattutto sull'esempio piuttosto che su esortazioni moralìstiche ». Lodevole iniziativa, non c'è dubbio, anche se, a nostro avviso, tutto il discorso è più che altro platonico. Stabilito che il tabacco abbrevia l'esistenza, lo Stato, che ne è l'esclusivo mercante, per porre qualche ri- , medio alla incresciosa situazione, propone ai medici di non fumare davanti ai clienti e ai farmacisti di farlo nella retrobottega, prega la Rai di non suggestionare il pubblico, eliminando dai dibattiti e dai filmati i fumatori, specialmente quelli popolari; gli insegnanti, poi, dovrebbero cominciare a far quello che han sempre fatto gli studenti, chiedere, cioè, il permesso di andare a lavarsi le mani; i ferrovieri sono invitati a intervenire più energicamente per far rispettare il divieto che dovrebbe vigere in qualche scompartimento. I membri del « Rotary », poi, sono invitati ad astenersi, con collettiva decisione, dal tirar fuori il pacchetto al termine delle riunioni conviviali. Questi suggerimenti del ministro della Sanità hanno, ripetiamo, un nobile scopo ma un debole effetto. Ma se questo governo non è neppure riuscito a far varare una legge che interdica di fumare nei locali pubblici, provvedimento che, secondo attendibili testimonianze, è già in vigore nel Congo! Ma se il pericolo è davvero così incombente, se sedici milio¬ ni di italiani corrono il rischio di uccidersi lentamente, a chi affidiamo la loro salvezza? Ai dottori, alle levatrici, ai professori, agli iscritti ad un rispettabile clubl Fumano i giovanotti, le ragazzine, si fuma rielle aule e negli ospedali, e noi speriamo nei moderatori? Ma se alla tv di Lugano, a chi prende parte ad una discussione, offrono anche un whisky: nella vicina repubblica è forse aumentato l'alcoolismo? Questa etica statale ricorda altri precedenti: quando si schedavano « quelle signore », considerate indegne, e si speculava sulla loro attività, tassando le case chiuse. Lo Stato intervenga pure, ma non con le esortazioni: coi fatti. E cominci, magari, a fare in modo che dalle nostre sigarette vengano eliminati, oltre alla nicotina, anche i chiodi, le lumache e quegli altri ingredienti non contemplati dalle normali regole della concia. Altrimenti, varrà sempre quell'aggiunta sprezzante che si legge spesso nei cartelli che ordinano « Vietato fumare per chi non ne ha». Enzo Biagi

Persone citate: Bismarck, Cavour, Jacqueline Kennedy, Mata Hari

Luoghi citati: America, Congo, Eastland, Inghilterra, Italia, Lugano, Russia, Texas