La gente di Eboli si è stretta attorno agli angosciati familiari delle vittime

La gente di Eboli si è stretta attorno agli angosciati familiari delle vittime La gente di Eboli si è stretta attorno agli angosciati familiari delle vittime Otto delle dodici vittime erano emigrate al Nord per lavoro e stavano rientrando a casa per una vacanza - Identificate anche le tre salme sconosciute -1 feriti migliorano: negli ospedali ne sono ricoverati ancora una quarantina - Dopo le esequie otto bare sono partite in treno per i paesi d'origine Un treno transita sul luogo della sciagura di Battipaglia dove la linea ferroviaria è stata riattivata su di un solo binario. Sullo sfondo, squadre di. operai al lavoro per ripristinare il traffico nei due sensi (Telefoto) (Dal nostro inviato speciale) Eboli. 10 novembre. Trentasei ore dopo il disastro, otto delle dodici vittime hanno ripreso il treno per il Sud. Composte nelle bare, in carri riservati colmi di fiori, tornano ai rispettivi paesi dove, sino alle 4,55 di ieri mattina erano diretti da vivi. E' assurdo. Sono calabresi e siciliani, povera gente emigrata al Nord per lavorare. I congiunti li scortano straziati. Lì attendevano a casa, contenti; sono venuti a prenderseli nel cimitero di Eboli, nell'obitorio di Salerno. « Li vogliamo portar via subito », imploravano stamane, smarriti. Dinanzi a questa richiesta, i funerali solenni, stabiliti per domattina, sono stati anticipati ad oggi pomeriggio. Nel camposanto di Eboli — tenuto con cura — l'arcivescovo di Salerno, mons. Demetrio Moscati, ha officiato una Messa funebre, su un piccolo altare allestito sulla scalea esterna della cappella. I dieci feretri fra i quali quelli d'una donna e di un uomo che soltanto nella sera sono stati identificati nei coniugi Gaetano Calasi e Domenica Vento di Milazzo (le altre due vittime sono a Salerno) erano allineati su un palco damascato. Lì sfioravano i rami di due palme, simbolo biblico dì sofferenza, ma anche di pace. C'erano molte personalità; attorno ai parenti, si stringeva, affettuosa, la folla di Eboli. Grandi corone avevano inviato il Capo dello Stato, il presidente del Consiglio,, i ministri dell'Interno e dei Trasporti, il presidio, militare di Persano, quest'ultimo in omaggio al soldato Martino Candreva, ventun anni, che tornava a Cerzeto (Cosenza) per abbracciare il padre infermo. Durante la cerimonia, sfrecciavano i treni della Battipaglia-Potenza che corre accanto al cimitero, fi loro fischio era agghiacciante, in questa circostanza. L'arcivescovo ha letto, alla fine della Messa, un messaggio del Papa il quale « dal letto delle sofferenze eleva fervide preghiere per la pace degli estinti, per il sollievo dei congiunti, colpiti da cocente dolore, per i feriti e per quanti hanno prestato la propria opera nei soccorsi ». Terminato il rito, le otto bare sono partite. Due ali di folla le hanno salutate in silenzio, lungo il tragitto sino alla stazione. E' stato l'ultimo atto della tragedia. Per tutto il giorno, ad Eboli e Salerno, è sfilato il corteo delle famiglie schiantate dal dolore. Arrivavano stanchi dai lunghi viaggi notturni. Venivano soprattutto dalla Calabria, dalla Sicilia, da Milano e da Prato, dove alcune vittime s'erano trasferite dal Meridione. Le povere donne del Sud si disperavano urlando. Gli uomini apparivano tetri, chiusi in un impenetrabile cordoglio. Renza Reginella, una toscana, s'è abbandonata su una sedia, dinanzi all'obitorio di Eboli. Non gridava. Mormorava, disfatta, « Le bestiacce me l'hanno mangiato ». Parlava di suo marito, Sebastiano Reginella, morto con il fratello Ignazio nella catastrofe. I due fratelli erano partiti ieri notte da Prato, dov'erano operai, per recarsi a Calatafimi a riabbracciare la madre morente. Lasciano due figli ciascuno, in tenera età. S'avvicina un soldato, porta sulle braccia una divisa militare. Stirata. Non sembra un'uniforme nuova di zecca. « Per chi è? » chiedo. « Dobbiamo vestire Martino Can¬ dreva », risponde. L'affiancano un fratello e tre cugini dei soldatino perito. Sono venuti dalla Calabria. Suo padre non sa nulla. « Ci sono altri parenti? », chiede in tono giudiziario un magistrato. La dura esigenza del riconoscimento s'impone. « Ci sono altri? Si facciano avanti, se no perdiamo tempo », incalza. Arrivano due donne sconvolte, sorrette da congiunti piangenti. Sono tutti vestiti di nero; sono le figlie di Vito Russotto, 76 anni, Domenica e Marianna. Abitano a Milano dove il loro padre era rimasto due mesi ospite. Rientrava a Cammarata (Agrigento) con una lontana parente. E' una delle due donne sino a stamane sconosciute. Il magistrato invita un giovane, Nicolò Spinelli, a seguirlo nell'obitorio. Si ode un urlo. Ha riconosciuto sua madre, la donna che viaggiava con Russotto. Si chiama Crocifissa Giordano. 59 anni, siciliana. Un'altra vittima ha un nome. E' cognata di Domenica e Marianna Russotto. Giunge un uomo sulla sessantina. « Voglio mio figlio », supplica. Suo figlio, per fortuna, non è qui. Forse è ferito. Così, per tutto il giorno, sino ai funerali. Poi la partenza delle otto bare, accompagnate dai congiunti. Gli altri morti identificati partiranno domani. I feriti migliorano. Negli ospedali ne sono ricoverati una quarantina; gli altri venticinque già dimessi. Antonio Celona, 28 anni, di Cannobio (Novara) e Angelo Saladino, l'apprendista quindicenne di Varallo Pombia (Novara) stanno meglio. Proseguono le due inchieste, giudiziaria e tecnica. Lamberto Fumo I funerali sono stali anticipati a ieri pomeriggio