Nelly Sachs., la poetessa della persecuzione ebraica

Nelly Sachs., la poetessa della persecuzione ebraica La conferenza di Luciano Zagari al Goethe lnstitut torinese Nelly Sachs., la poetessa della persecuzione ebraica Nel destino del suo popolo la scrittrice vede il dolore e le speranze dell'umanità Serata di grande interesse, ' ieri, al « Goethe lnstitut », dove il professor Luciano Zagari, giovane e valente germanista, ha tenuto una conferenza su Nelly Sachs, premio Nobel 1966. L'incontro ideale tra i torinesi e la poetessa avveniva sotto l'egida dell'Università di Torino e della fondazione ebraica « G. De Levy», rappresentate (tra il pubblico che gremiva la sala) dal professor Sergio Lupi e dal rabbino capo Sergio Sierra. Nelly Sachs ha 76 anni. Nata a Berlino in una famiglia di industriali ebrei, coltivò giovanissima ■musica, danza e poesia. Ma fu soltanto il nazismo che la strappò alla Sua est lenza appartata e donò « alla sua figura, tutto sommato scolorita, una voce tragica ». Nel 1940, quando era già votata al campo di sterminio, la Sachs ottenne, grazie- all'amicizia della scrittrice Selma Lagerlòff, un permesso di residenza in Svezia. In quella terra, dove risiede tuttora, il trauma delle persecuzioni ebraiche la portò a rimeditare la cultura della sua gente e a imprimere una svolta decisiva alla sua poesia. L'opera della. Sachs costituisce indubbiamente un'alta testimonianza sul genocidio nazista: c'è, in essa, il fumo che esce dai camini, la polvere delle colonne che si avviano alle camere a gas, i ragazzi strappati brutalmente alle madri, le vittime che cercano un ultimo amichevole segno di vita (volo d'uccello o riverbero di sole), lo sgomento dei superstiti invocanti qualcuno che gli insegni di nuovo a vivere. C'è. tutto questo, ma al di là del compianto e della partecipazione, la tragedia del popolo ebraico è soprattutto un'occasione amarissima per riscoprire, ' ciclicamente, la storia di Israele, per individuare nelle sue cadute e ascese il segno di un destino comune a tutti gli uomini. L'orrore, che domina con lacerante potenza nella prima fase della sua poesia, non viene esorcizzato con la penetrazione storica: i carnefici sono addirittura senza volto, appena senti il loro passo cadenzato, appena brilla, dal loro cinturone, una fibbia. La Sachs trova uni* liberazione morale e poetica limitandosi alla rappresentazione quasi rituale di un antico, primordiale gioco di caccia e di fuga (due parole chiave che si rincorrono nei suoi versi), tra carnefice e vittima. Quelio che ad un lettore contemporaneo può parere un limite, conferisce alle sue liriche più alte una solenne staticità, una dimensione cosmica. In una seconda fase la scrittrice, pur adombrando sem¬ pre le recenti persecuzioni, trova un più sicuro ancoraggio nella tradizione biblica e cabalistica: giungendo aduna meditazione religiosa del mondo dove s'inseguono, da una poesia all'altra, costanti liriche come polvere e farfalla, a cadenzare una vicenda perenne di morte e resurrezione. Conquistandosi uno stile che, non immune da cedimenti, raggiunge una potente càrica simbolica. Anche se, per la sua estraneità alle avventure avanguardistiche di mezzo secolo, mette in imbarazzo gli interpreti. La poetessa, con un tratto gentile, ha inviato una lettera agli organizzatori della serata, ringraziando coloro che « le facevano l'onore » di parlare della sua poesia e di j ascoltarla. m. La poetessa Nelly Sachs, vincitrice del Nobel 1966

Luoghi citati: Berlino, Israele, Svezia