Una «Montica ili Monza» tempestosa e sanguigna

Una «Montica ili Monza» tempestosa e sanguigna IL DRAMMA DI GIOVANNI TESTORI Una «Montica ili Monza» tempestosa e sanguigna Sabato scorso, la prima rappresentazione a Roma della Monaca di Monza di Giovanni Testori ha rinfocolato polemiche che già serpeggiavano alla vigilia del debutto: e molto si continua a discutere sulla regìa di Luchino Visconti, che per eccessivo amore dello spettacolo avrebbe sacrificato l'opera dell'autore lombardo tagliandola più del giusto ed arricchendola di stravaganti coloriture. Chi abbia ragione, non è affar nostro. Diremo invece che il dramma, letto in volume, è senz'altro un lavoro di grosso e rispettabile impegno, superiore in tutti i sensi alle precedenti fatiche teatrali del Testori. Ben viva e sanguigna, e gonfia dì turbinose passioni, è infatti anche questa Monaca di Monza. Dove la storia secentesca di Marianna de Leyva, costretta dal padre a farsi suora e macchiatasi di atroci delitti per cui morì in carcere, esplode con bieca violenza. Non è davvero il caso di ricordare il diversissimo taglio della vicenda nelle celebri pagine dei Promessi Sposi. LI avevi il grandissimo Manzoni che affrontava l'antica cronaca con superiore verecondia, mescolando orrore e pietà; qui il Testori si getta con furia sulla torbida esistenza della monaca senza fede, divenuta amante di un avventuriero, infanticida, complice di delitti e di turpitudini. Troppa lontananza, insomma, nel gusto; e, naturalmente, troppa differenza di statura poetica. Eppure, anche se non escluderemmo il sospetto di una compiaciuta insistenza nel melodramm-..lco e negli effettacci dello scandalo, l'opera ha ruvide e provocanti suggestioni che crescono di scena in scena. Basta, del resto, la felice inquadratura: Marianna de Leyva si risveglia nel nostro tempo,, in una « notte di sortilegi e dì paure », ha intorno a sé le larve dei parenti, dei complici, dei superiori — tutti « spettri f...j ammassati, gli uni sugli altri, come relitti di un naufragio» -— e 11 fa rivivere come testimoni e interlocutori di una delirante rievocazione del proprio dramma. Di qui, nell'accàvallarsi di voci e sbandati tremori, una tregenda disperatissima. E l'eroina passa dalla terra al cielo con guizzi e brividi di raccapriccio: in terra, il suo inferno senza mai ombra di pentimenti; in cielo, la penombra di una fede che ha le sue radici nel mistero del peccato. Certe battute, poi, del principio del dramma — « Dt tanto in tanto sento anch'io il bisogno di inginocchiarmi e pregare » — sembran chiarirsi nel monologo finale, rivelando la segreta aspirazione a un cristianesimo tempestoso: «Liberaci dalla nostra carne; liberaci dal nostro sangue; liberaci dalla nostra morte C..J. Ci senti? E allora, liberaci »! Ma sulla presenza, e sull'efficacia, di tale « segreto» abbiamo troppi dubbi: resta, e piace, l'indemoniata aggressività delle passioni. f g GIOVANNI TESTORI: La Mollava di Monza - Ed. Feltrinelli pagine 181, lire 1800.

Persone citate: Giovanni Testori, Leyva, Luchino Visconti, Manzoni, Testori

Luoghi citati: Monza, Roma