Due condanne a 16 anni e una a 10 chieste per i rapinatori di Torino

Due condanne a 16 anni e una a 10 chieste per i rapinatori di Torino La requisitoria del P. M. in Corte d'Assise Due condanne a 16 anni e una a 10 chieste per i rapinatori di Torino Gli imputati sostengono di essere stati percossi dalla polizia milanese durante le indagini - Il processo rinviato a domani pomeriggio per la sentenza Il p. m. dott. Silvestro ha pronunciato ieri la requisitoria nel processo in Corte d'Assise a Torino, contro i tre giovani che, dopo aver confessato alla « Mobile » di Milano due rapine, uno «scippo » ed un furto, hanno negato tutto accusando la polizia di aver estorto le ammissioni con violenze fisiche e morali. Il P. M. ha ritenuto gli "imputati colpevoli di rapina e di furto aggravati ed ha proposto 16 anni ciascuno per Gianfranco Bronzi e Gianfranco Veronese (oltre a 4 mesi di arresto per detenzione e porto abusivo di armi) e 10 anni e 6 mesi per Salvatore Fici. La differenza è dovuta al fatto che Bronzi e Veronese sono recidivi. « Costoro — ha osservato 11 dott. Silvestro — hanno tentato di trasformare il procedimento a loro carico in un processo contro le forze dell'ordine. E non hanno esitato ad attaccare funzionari. sottufficiali ed agenti della "Mobile" di Milano accusandoli di maltrattamenti incredibili: pugni, calci, litri di acqua vuotati in gola con un imbuto. Queste pretese torture, tuttavia, non hanno lasciato alcuna traccia. Non abbiamo un solo certificato medico che le documenti. « La verità è che le violenze non vi furono e che essi confessarono spontaneamente la rapina con sparatoria commessa a Torino, in via San Marino: lo "scippo" ai danni di Giovanni Bottacco in corso Rosselli e il furto nella ditta "Master", con particolari di prima mano, che la polizia milanese non poteva conoscere e tanto meno suggerire. « Il Bronzi, inoltre, era stato operaio nella ditta del fattorino rapinato e la sua famiglia era cliente dell'impresa di riscaldamento per la quale il Bottacco raccoglieva le rate. Il Veronese, invece, aveva lavorato alla "Ma¬ ster". Sono coincidenze più che sospette ». Nella mattinata la Corte ha interrogato il Bottacco che, il 30 gennaio 1964, alla fermata del filobus, in corso Rosselli angolo corso Re Umberto, fu' depredato di una borsa contenente 600 mila lire. «Guardi bene gli imputati — gli ha detto il presidente dott. Luzzatti —. C'è tra loro il giovane che le ha preso la borsa? ». Il Bottacco si è avvicinato ai tre e li ha osservati; poi, indicando, il Fici, ha detto: « E' quello ». Presidente — Ne è sicuro? Teste — E' passato molto tempo, ma mi sembra proprio lui. Presidente — Lo riguardi con calma. Giovanni Bottacco, che porta spesse lenti da miope, si avvicina di nuovo al banco degli imputati e poi dice: « Sì, è lui ». La prova viene ripetuta con la studentessa Luisa Miola, di 20 anni, che era vicina al derubato nel momento dello « scippo ». La ragazza osserva a lungo i tre, a un metro di distanza, e alla fine dichiara: «Il primo non lo riconosco, l'ultimo nemmeno: potrebbe essere quello al centro». Indica anche lei il Fici. Gli imputati tacciono. Hanno perso tutta la baldanza dimostrata durante gli interrogatori degli agenti della « Mobile ». Parlano i primi due difensori, gli aw. Gabri e Ledda, che sostengono.; l'insufficienza di pròve. La causa viene quindi rinviata a mercoledì pomeriggio. Dopo l'arringa dell'aw. Dal Piaz, la Corte si ritirerà per la sentenza. g. a. f

Luoghi citati: Milano, Torino