Il dibattito a Palazzo Madama di Cesare MerzagoraFausto De Luca

Il dibattito a Palazzo Madama Il dibattito a Palazzo Madama (Nostro servizio particolare) Roma, 6 novembre. Il Senato ha respinto questa sera le dimissioni di Cesare Merzagora da Presidente di Palazzo Madama, nonostante che nella sua lettera all'assemblea le abbia definite «irrevocabili». Hanno votato per il rigetto delle dimissioni ì democristiani e la destra (liberali, monarchici, missini) e il senatore a vita Eugenio Montale; si sono astenuti i socialisti più l'ex presidente della Repubblica Gronchi e l'ex presidente del Consiglio Parri; hanno votato per l'accettazione i comunisti, i socialproletari e il senatore a vita Carlo Levi. Si è votato per alzata di mano, ma i socialisti hanno voluto la controprova per far risaltare la loro astensione (che però al Senato equivale al voto contrario). Il calcolo fatto dai segretari ha dato: 110 contrari alle dimissioni, 62 favorevoli e 30 astenuti. Dopo la rotazione la seduta è stata chiusa e rinviata a domani. Il vicepresidente anziano Zelioli-Lanzini (de) sì è recato a casa del sen. Merzagora per comunicargli l'esito del dibattito. Secondo le previsioni degli ambienti politici, Merzagora. pur sensibile al gesto dì stima della maggioranza dell'assemblea, manterrebbe le dimissioni. In tal caso Zelioli-Lanzini ne darebbe comunicazione all'assemblea domani pomeriggio, il Senato prenderebbe atto della decisione irrevocabile passando poi all'elezione del nuovo presidente. La seduta di oggi è stata presieduta da Zelioli-Lanzini il quale ha assolto all'« ingrato dovere» di leggere la lettera di dimissioni di Merzagora. Subito dopo, su proposta del sen. Lussu (psiup), la riunione è stata sospesa per essere ripresa tre quarti d'ora dopo. Nei discorsi degli esponenti dei gruppi è stata espressa, come motivo comune, la più incondizionata stima ed ammirazione per l'imparzialità, la correttezza e la signorilità con cui Merzagora per oltre quattordici anni ha diretto l lavori dell'Assemblea. Neil'esprimere questo elogio il sen. Lussu ha dichiarato che, a suo giudizio, sarà diffìcile, per molti anni, trovare un degno successore. Lussu, e poi il democristiano Gava, hanno aggiunto che nessuno meglio di Merzagora avrebbe potuto dirigere il dibattito sulle Regioni al Senato, tenendo conto dei propositi ostruzionistici della destra. I giudizi dei gruppi si sono invece differenziati nella" valutazione del discorso tenuto dal sen. Merzagora il 20 ottobre al convegno dei Cavalieri del lavoro all'Eur alla presenza del presidente della Repubblica Saragat, e si sono differenziati anche sulla questione di principio: se cioè il Presidente del Senato (o il Presidente della Camera) possa esprimere opinioni politiche personali. II liberale Bergamasco e il monarchico Fiorentino hanno sostenuto che non c'è l'incom¬ patibilità denunciata dai senatori comunisti nel comunicato che ha persuaso Merzagora a dare le dimissioni. Il sen. Bergamasco ha detto che « il Presidente del Senato, come qualunque altro cittadino, ha il diritto di esprimere le sue opinioni fuori dell'aula e nei limiti posti dalla carica. Nel discorso ai Cavalieri del lavoro Merzagora è rimasto molto al di qua di questi limiti ». Gava (de) ha aggiunto che « il manuale del perfetto Presidente non è stato ancora scritto » e che « è difficile tracciare una linea precisa tra ciò che è lecito e ciò che non è lecito, soprattuto tenendo conto di molti precedenti, da Terracini a Merzagora ». Secondo Gava, il criterio della incompatibilità è inammissibile, mentre « si possono fare valutazioni politiche, e su queste è anche possibile aprire la crisi della presidenza del Senato, ma bisogna distinguere tra i discorsi pronunciati nell'ufficio che si ricopre e i discorsi pronunciati a titolo personale ». Gava ha dichiarato che il gruppo da dissente da molte delle opinioni espresse da Merzagora, senza per questo ritirargli la fiducia. Perciò « rigetto delle dimissioni, senza che ciò significhi sottoscrivere questa o quella opinione di Merzagora, soprattutto per quel che riguarda le Regioni, che ci slamo impegnati ad attuare votando la fiducia al governo Moro ». Per i comunisti il sen. Per¬ no ha confermato che il discorso di Merzagora, con i giudizi negativi espressi sulle Regioni e sulle assemblee elettive dei comuni e delle province, aveva il rilievo e peso politico proprio perché pronunciato dal Presidente del Senato, ed è stato particolarmente grave in quanto cadeva nel momento in cui a Montecitorio era in corso una vivace battaglia politica proprio sulle Regioni. Dello stesso avviso il senatore Lussu il quale ha parlato a lungo e con commozione della partecipazione di Merzagora alla Resistenza e dei suoi meriti democratici, tra i quali l'appello alle forze politiche nel luglio 1960 « che contribuì a fare scendere dal cavallo bianco l'onorevole Tambroni, pace all'anima sua». Lussu ha detto che il psiup votava per l'accettazione delle dimissioni « a malincuore, ma per una questione di principio » Il sen. Zannier ha motivato l'astensione del gruppo socialista assumendo una posizione mediana tra le tesi degli opposti schieramenti: « Non è qui in discussione il diritto di parlare quanto la opportunità del discorso che si prestava, come in effetti è avvenuto, ad un uso strumentale della destra ». L'ex presidente della Repubblica Gronchi è intervenuto brevemente per precisare che il problema era stato discusso, a suo giudìzio, in modo inesatto: « Non è questione dì compatibilità del discorso con la carica di presidente del Senato. Tutti, anche il -Presidente della Repubblica, hanno il diritto di esprimere le proprie opinioni. Il limite è uno solo: la Costituzione. Merzagora ha sfiorato tali limiti parlando delle Regioni». I missini si sono limitati a dichiarare che respingevano le dimissioni per l'imparzialità con cui Merzagora ha sempre diretto l'assemblea. Fausto De Luca ——: *

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