"Ere l'aostano Crepaldi il vero capo della banda"

"Ere l'aostano Crepaldi il vero capo della banda" Lo avrebbe confessato il Notarnicola al giudice "Ere l'aostano Crepaldi il vero capo della banda" Il bandito ha proseguito: «Lui ci spingeva a rapinare le banche, lui studiava i " colpi ", lui dava gli ordini » - Pietro Cavallero, invece, rivendica la responsabilità di tutti gli assalti alle banche: i due complici saranno messi di nuovo a confronto Milano, lunedi mattina. Affiorano i primi contrasti fra Pietro Cavallero e Sante Notarnicola. Sono venuti fuo ri dalle deposizioni fatte dai due al magistrato che conduce l'inchiesta sulle tragiche imprese della banda di rapinatori . assassini, il Sostituto Procuratore della Repubblica dott. Licciardello. Com'è noto, Pietro Cavallero ha sempre sostenuto, sia davanti ai carabinieri sia davanti al giudice, di essere stato la « mente » di tutte le rapine, escludendo l'esistenza d'un « quinto uomo » che avrebbe spalleggiato gli assai ti restando al coperto. Secon do quanto è trapelato dal riserbo che circonda il lavoro del dott. Licciardello sembra invece che Sante Notarnicola abbia seccamente smentito il Cavallero. «Il vero capo — avrebbe confessato il luogotenente — non era Cavallero, bensì Danilo Crepaldi. E' sta to lui che ci ha spinto a ra pinare le banche, è stato lui l'organizzatore, quello che ha studiato tutto il sistema, quello che dava gli ordini ». Ma dopo quattro assalti Crepaldi (che com'è noto morì l'anno scorso in un incidente aereo ad Aosta) si stancò anche perché sembra avesse ormai avviato affari importanti: l'attività di bandito, dunque, era diventata per lui troppo pericolosa. Non poteva continuare. Ma c'era un particolare assai im portante: le rapine fruttavano. Perché perdere quei facili proventi? Così il Crepaldi (sempre secondo le affermazioni di Sante Notarnicola), ad un certo momento avrebbe detto agli amici: « Io non ci sto più, ma continuate voi. Voglio solo che mi diate il 10 per cento su ogni bottino ». A questo punto i complici si sarebbero ribellati, anche perché erano rimasti scossi (cosi come afferma sempre Notarnicola) dalla rapina di piazza Rivoli a Torino, dove un impiegato rimase ferito e un'impiegata accecata dalle loro pallottole. In questo frangente il Crepaldi tuttavia si era rivelato il vero « duro » della formazione: «Non mi importa — questo all'incirca il suo discorso — ormai siete in ballo e dovete ballare. Altrimenti vi denuncio». Inoltre il Crepaldi avrebbe lasciato una lettera di denuncia in mano ad un amico fidato nel caso che Cavallero, Notarnicola e Rovoletto non avessero più voluto proseguire nella loro attività criminosa. Chi era questo amico? Esisteva o era un'invenzione? Di fronte a Cavallero e No tarnicola è stato successivamente portato anche Adriano Rovoletto, il quale pare abbia accusato il « capo » di avere fatto sempre la « cresta » sul bottino. Era veramente una « cresta? ». Oppure Cavallero metteva da parte la fetta di bottino per il «quinto uomo» fantasma? E' possibile che per chiarire tutti questi punti il magistrato debba nei prossimi giorni interrogare di nuovo i tre rapinatori. c. b.

Luoghi citati: Aosta, Milano, Torino