Malraux «licenzia» il musicista Auric per risolvere la grave crisi dell'Opera di Sandro Volta

Malraux «licenzia» il musicista Auric per risolvere la grave crisi dell'Opera I parigini trascurano «Rigoleteton e «Traviata» Malraux «licenzia» il musicista Auric per risolvere la grave crisi dell'Opera Ha affidato la guida del teatro al regista Jean Vilar - Il direttore precedente, compositore illustre, non comprendeva l'importanza della regìa negli spettacoli lirici - Vilar dovrebbe accostare all'opera i giovani e il pubblico operaio (Dal nostro corrispondente) Parigi, 30 ottobre. Una rivoluzione delle scene liriche francesi è quella operata da André Malraux, che ha sostituito Georges Auric con Jean Vilar come amministratore generale dei Teatri d'Opera nazionali. Non si tratta di un problema di persone, perché la fama e i me riti di Auric come compositore sono non meno grandi di quelli di Vilar come regista, ma la decisione del Ministro per gli Affari Culturali significa riconoscere alla regìa la preminenza sul fatto puramente musicale. Era una decisione che si imponeva per far fronte ad una certa disaffezione verso il melodramma ottocentesco che si manifesta sempre più nel pubblico d'oggi. Opere di repertorio, come la Traviata o il Rigoletto, per parlare soltanto di due dei più recenti spettacoli dell'Opera di Parigi, ricche di tesori musicali e di possibilità per i cantan ti che le interpretano, nor arrivano più a sollevare l'en tusiasmo degli spettatori quando vengono rappresenta te nella forma tradizionale Per Georges Auric, uno dei più famosi musicisti del no stro tempo, questa necessità di rinnovamento appariva inammissibile: bel canto, orchestra e cori erano per lui gli elementi essenziali dello spettacolo lirico; tutto il resto gli sembrava un contorno trascurabile. Georges Auric è nato il 15 febbraio 1899, gli avvenimenti decisivi della sua vita sono stati rincontro con Erik Satie quando aveva 14 anni e, poco tempo dopo, quelli con Igor Strawinsky. Era appena uscito dal Conservatorio e quegli incontri determinarono la sua appassionata adesione al movimento dell'avanguardia musicale francese; tanto che, subito dopo la prima guerra mondiale, entrò a far parte del « gruppo dei sei », che aveva Jean Cocteau come animatore. Do po di allora, Auric fu il musicista di Serge Diaghilev per i balletti russi e di René Clair per il film A nous la libertà. Egli è anche autore della musica di numerosi altri film e di alcune opere cui non è mancato il successo, fra le quali, principalmente, Phèdre. La sua partitura più emozionante, quella che rive la forse la maggiore finezza e intelligenza, è il commento a Sii poemes di Paul Eluard. Con Jean Vilar, la direzio ne dell'Opera di Parigi e degli altri teatri lirici passa ad uno dei maggiori registi francesi della generazione del dopoguerra. Vilar debuttò come attore a vent'anni a fianco di Charles Dullin; oggi, a 46 anni, ha un passato come pochi altri uomini di teatro. Basta ricordare gli anni memorabili in cui diresse il Théàtre National Populaire, quando si ebbe, fra l'altro, la rivelazione di Gerard Philipe nel « Cid ». Le idee di Jean Vilar sul teatro non sono nuove neppure in Italia, dove egli ha messo in scena alcune opere alla Scala. Si possono, comunque, riassumere in poche righe: il teatro, non esclusa la scena lirica, non può più essere il privilegio di una ristretta categoria di pubblico, che lo frequenta più per mettere in vista le tqilettes delle proprie mogli che per l'interesse dello spettacolo. Deve farsi popolare, estendere il proprio pubblico ai ceti più minuti ed anche alla classe operaia, deve ringiovanirsi, mettersi al passo con il gusto attuale, attirare i giovani che sempre più se ne allontanano. Nella vecchia sala dell'Opera di Parigi, carica d'ori e di stucchi, creata per lo sfarzo un po' pacchiano del secondo impero, la direzione di Jean Vilar è destinata a operare una rivoluzione, necessaria per far fronte alla crisi che stava diventando sempre più acuta. Georges Auric, che ne era a capo da cinque anni, ha fatto tutto il possibile per risollevarne le sorti, ma le sue erano iniziative che rimanevano nell'ordine della tradizione: non bastavano a fare fronte alle esigenze del nostro tempo. Sandro Volta

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