«Nathan» di Lessing a Firenze un apologo sulla tolleranza

«Nathan» di Lessing a Firenze un apologo sulla tolleranza La rassegna internazionale dei Teatri Stabili «Nathan» di Lessing a Firenze un apologo sulla tolleranza Il testo settecentesco, oggi particolarmente attuale, contiene un invito alla comprensione ideologica fra arabi, ebrei e cristiani - Lo spettacolo presentato dal «Deutsches Theater» di Berlino Est (Dal nostro inviato speciale) Firenze, 25 ottobre. In Terrasanta gli eserciti hanno appena deposto le armi, la pace è ancora appesa al filo dt un precario armistizio, ma a Gerusalemme ebrei, arabi e cristiani vivono d'amore e d'accordo, in un reciproco rispetto che soltanto qualche fanatico tenta, invano, di turbare. Questa non è, purtroppo, una corrispondenza da Israele, ma la cronaca di uno spettacolo, Nathan il saggio di Lessing, che il Deutsches Theater ha presentato alla Rassegna internazionale degli Stabili. E gli avvenimenti in esso descritti si svolgono, immagina l'autore, otto secoli fa, negli anni della Terza Crociata. Eppure il messaggio di tolleranza, che la mente illuminata dello scrittore tedesco affidò nel 1779 a una favola teatrale quando gli fu impedito di continuare una battaglia teologica in cui, ancora uha volta, la lettera della Bibbia veniva usata contro 10 spirito del cristianesimo, quel messaggio è valido per tutti i tempi. Tanto più oggi che sembrano offuscarsi gli ideali di fratellanza e di bontà lucidamente proclamati da Lessing in questa e in altre opere. A differenza del generoso Saladino, che è il campione della fede maomettana, e a differenza di un impetuoso templare e d'un umile fraticello, che rappresentano due volti genuini della cristianità (mentre un tenebroso e dogmatico patriarca ne è l'immagine contraffatta), il saggio ebreo Nathan non è tanto il simbolo di una religione, di cui del resto non mostra di seguire i riti esteriori, quanto dell'universalismo e dell'umanitarismo dello stesso Lessing. - Tre giorni dopo che i cristiani gli hanno ucciso la moglie e sette figli, Nathan ha accòlto come ùn'.dono e un rls^hnéhto raff\; -'jc^s^, uùa bimba battezzata, TRechà,,- e l'ha cresciuta come pròpria. All'inizio -del cbramma, egli" è appena tornato, da un viaggio di affari che ha aumentato la sua .prosperità e ha trovato la figlia adottiva innamorata di un giovane guerriero cristiano che l'ha salvata dal fuoco. Nathan non si oppone alle nozze, disposto anche a sacrificare il suo affetto paterno, ma prende *»mpo: già sospetta che, per un caso incredibile ma che da secoli si ripete regolarmente in tante commedie, i due siano fratello e sorella. Chi aspira alla mano di Recha è infatti un templare che aveva infranto la tregua fra cristiani e turchi e che tuttavia il sultano Saladino, turbato dalla somiglianza del prigioniero con un suo fratello scomparso, aveva graziato. Naturalmente, alla fine si scoprirà che tanto .il giovane cavaliere quanto Recha erano figli di quel fratello del Saladino, fuggitosene in Germania per i begli occhi di una nobildonna tedesca. Ma tutte' queste agnizioni, che lo stesso Lessing si guarda bene dal drammatizzare accettandole come un classico e necessario espediente, scalfiscono appena l'armonia di un'opera che si dispone come un teorema intorno a una famosa novella del Boccaccio. E' la favola dei tre anelli, che l'autore del Decamerone derivò a sua volta dal Novellino, con la quale Nathan risponde al sultano che aveva creduto di farlo cadere in un tranello chiedendogli quale delle tre religioni, cristiana, ebraica e mussulmana, fosse la vera. E il saggio ebreo spiega: come il giudice non potè stabilire quale fosse l'anello autentico fra tre uguali lasciati a bella posta da un padre ad altrettanti figli, così è ancora da risolvere l'analoga controversia fra le tre professioni di fede, libero ciascuno intanto di ritenere, e a buon diritto, che si tratti della propria. Il colloquio tra Nathan e 11 Saladino, come quello tra l'ebreo e il monaco che un giorno gli portò Recha e con il quale rievoca quel terribili momenti, sono le scene della commedia in cui spira più impetuoso l'afflato razionalistico di Lessing. E sono anche le più commoventi e le più persuasive di uno spettacolo esemplare per linearità e semplicità che il Deutsches Theater ha in reperto rio da non più d'un anno e che già si colloca tra le più splendide riuscite del grande complesso di Berlino Est. Il regista Solter ha messo in scena Nathan der weise l con la scioltezza e il distacco necessari per farne accettare l'ingarbugliata e inverosimile vicenda. E nel finale ha lasciato che affiorasse una sottile ironia sia nel broncio dei due giovani, non appena apprendono di essere fratello e sorella, sia nei disinvolti abbracci nelle scene di riconoscimento, ma soprattutto nell'ammiccare al pubblico, per un attimo soltanto ma da grande attore, di Wolfgang Heinz (un. eccellente Nathan) prima di avviarsi verso il fondo mentre intorno a lui si scompongono é spariscono verso l'alto, lasciando il protagonista sul palcoscenico nudo, i diversi elementi scenici. La scenografia di Heinrich Kilger, di cui sono anche i costumi, risolve ingegnosamente il problema dei frequenti cambiamenti di quadro disponendo su tre piani, che si combinano in un gioco di fondali, la città musulmana con il palazzo sultanesco e le moschee,' quella cristiana di chiese e di conventi, e la casa di Nathan. Scorrevole e di notevole efficacia, la cornice scenica ha avuto la sua parte di merito nel successo cordialissimo che lo spettacolo ha ottenuto al Co¬ munale. Il pubblico, che ha potuto seguirlo con attenzione grazie ad un efficiente impianto di traduzione simultanea, ha festeggiato a lungo con il protagonista Heinz, che è anche l'attuale direttore del «Deutsches Theater», tutti i suoi valorosi compagni. Alberto Blandi ,—*

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