La ritirata verso il Piave

La ritirata verso il Piave La ritirata verso il Piave Sulla cartina sono segnati il fronte italiano (linea nera continua) prima della battaglia di Caporetto, al 23 ottobre 1917, ed il nuovo fronte al 10 novembre (linea tratteggiata), dopo la ritirata sul Piave. La massiccia offensiva austro-tedesca contro le linee italiane fu scatenata nell'autunno di un anno particolarmente difficile per gli alleati: la Russia, sconvolta dalla rivoluzione, era di fatto uscita dalla guerra; l'esercito francese in primavera aveva attraversato una crisi di estrema gravità. Berlino e Vienna approfittarono di questa situazione come dell'ultima speranza per non perdere la guerra, prima che si facesse sentire il peso dell'intervento degli Stati Uniti. I piani nemici prevedevano una grande « azione di alleggerimento » sul fronte austro-italiano, da eseguire con un determinante contributo di forze germaniche. Per l'attacco, previsto contro l'ala nord della II Armata italiana, tra Plezzo e Tolmino, era stata costituita la XIV Armata, con otto divisioni austriache e sette divisioni tedesche, sceltissime, addestrate ad operazioni offensive. L'azione ebbe inizio alle ore 2 del 24 ottobre, con un massiccio bombardamento ed il largo impiego di gas asfissianti; alle 8 incominciò l'attacco delle fanterie. L'unico successo, ma decisivo, della prima giornata, fu conseguito da una divisione tedesca; in sette ore, spezzando le linee del corpo d'armata di Badoglio, si impadronì di Caporetto. La falla costrinse l'esercito italiano, duramente premuto su un fronte ristretto e male organizzato, a ritirarsi. Il 27 ottobre fu ordinato alle truppe di ripiegare sul Tagliamrtiin che gli austrotedeschi raggiunsero il 29 ottobre e riuscirono ad attraversare il 2 novembre pres¬ so Comico. Divenne indispensabile un secondo ripiegamento sul Piave, completato tra il 9 ed il 10 novembre. E qui, sulla linea saldamente tenuta, si infranse l'offensiva nemica. Le perdite italiane furono gravissime: 40 mila tra morti e feriti, 280 mila prigionieri, 350 mila sbandati all'interno del paese; cinquemila cannoni e mortai caduti in mano al nemico, insieme a ventidue campi d'aviazione. Queste cifre indicano la gravità della crisi, che tuttavia non intaccò la capacità di resistenza dell'esercito, né le possibilità di rapida ripresa. Gli atti della Commissione ufficiale d'inchiesta su Caporetto sono ancora in gran parte segreti; tuttavia una lunga serie di studi importanti dimostra, al di là di ogni dubbio, che le responsabilità più gravi del disastro di Caporetto ricadono sugli errori degli alti comandi e non sulle truppe. /Bressanone VICENZA « VERONA pADO\

Persone citate: Badoglio