Undici anni alla sposa che uccise il marito violento con sette colpi a Venaria di pistola

Undici anni alla sposa che uccise il marito violento con sette colpi a Venaria di pistola In Assise a Torino la tragedia del febbraio scorso Undici anni alla sposa che uccise il marito violento con sette colpi a Venaria di pistola Il P. M. ne aveva chiesti 16 : i giudici hanno concesso le attenuanti generiche e la provocazione - L'imputata (ventitreenne, immigrata dalla Sicilia, madre di tre figli) dice : « Mi picchiava a pugni e calci, aveva altre donne » - Il dramma scoppiò dopo una lite : « Disse che andava a vivere con una nuova amica e non gli importava nulla dei bimbi» - Ha deposto anche l'amante dell'ucciso, una donna sposata La Corte d'Assise di Torino ha condannato a 11 anni di reclusione Maria Tagliareni, di 23 anni, nata a Cammarata (Agrigento), che il 18 febbraio 1967, a Venaria, uccise il marito Vincenzo Lio con sette colpi di pistola: i giudici hanno concesso alla donna le attenuanti generiche e la provocazione. Scontata la condanna, la Tagliareni sarà sottoposta a tre anni di libertà vigilata. La suocera, Giuseppa Amormino vedova Lio, comparsa a piede libero per rispondere dell'accusa di concorso in aborto con la nuora, è stata condannata a due mesi: i giudici l'hanno ritenuta colpevole soltanto di «pratiche abortive su donna ritenuta incinta » e di conseguenza, per tale minore reato, hanno assolto la Tagliareni. Il p.m. aveva chiesto 16 anni per la nuora e 6 mesi per la suocera. La sentenza è stata emessa dopo due ore di riunione in camera di consiglio. , La Tagliareni, alla lettura della sentenza, è rimasta col capo chino, come per la maggior parte del processo. L'imputata, pur essendo ancora molto giovane, reca sul volto i segni dì lunghe e dure sofferenze. Drammatico il suo racconto della tragedia. « Mi sono sposata in Sicilia nel 1960 — ha détto — e fu un matrimonio d'amore. Mio marito mi "rapì", secondo le nostre usanze, e, almeno all'inizio, fummo molto felici. Ci trasferimmo in Piemonte e Vincenzo si occupò alla cartiera di Venaria. Nacquero tre figli (l'ultimo, Giuseppino, aveva soltanto 10 mesi quando accadde il fatto). Dopo qualche tèmpo mio marito lasciò il lavoro e cominciò una vita scioperata. Non sapevo cosa faceva e dove andava, ma finì anche in carcere, per tre mesi. Non pensava più a me e ai bambini, rimaneva fuori casa per giornate intera e quando tornava erano continue scenate. Mi picchiava spesso con pugni- -lè- calci. Venni a sapere che aveva altre donne e le frequentava abitualmente ». Presidente — Perché non lo ha denunciato? Imputata — Gli volevo bene e speravo sempre che tor- nasse quello di prima. La notte del 18 febbraio rincasò verso le 2. Era quasi un mese che non riuscivo a parlargli perché tornava sempre a tarda ora. Mi disse che aveva una nuova amante e che intendeva andare a vivere con lei. Mi picchiò, arrivò al punto di morsicarmi e mi respinse brutalmente quando tentai di avvicinarmi per indurlo a ragionare. « Poi si addormentò ed io piansi a lungo. La mattina dopo si svegliò alle 11. Mi avvicinai al Jetto, con Giuseppino in braccio. "Pensaci tuoi figlia—: -gli» dissi —, non abbandonarci". Mi rispose:. "Arrangiati^ ho' deciso, non voglio più saperne di te e dei tuoi figli. Vado a vivere con la donila che mi piace". Non ci vidi più. Afferrai la pistola e sparai ». Presidente — Di chi era là pistola e dove si trovava? Imputata — Era di mio marito, l'aveva lasciata sul comò. Vincenzo mi aveva detto che era già pronta per ammazzarmi. L'arma era a portata di mano, la presi e sparai. Non sapevo come dovevo fare, ma fu sufficiente premere il grilletto. La suocera nega l'aborto: « Mia nuora mi accusa perché non mi può vedere ». Durante l'interrogatorio della donna, che porta il lutto stretto tradizionale, si viene a. sapere phe il padre di Vincenzo Lio fu, ucciso dalla mafia. Presidente — Qualche altro membro della sua famiglia fece una fine tragica? Imputata — Sì, anche il nonno e uno zio di Vincenzo furono ammazzati. Ci volevano tutti male. La suocera lascia cadere un dubbio, insinuando che il figlio possa essere stato ucciso dalla nuora, ma con l'aiuto di suo fratello. La Tagliareni insorge: « Giuro che ho sparato io e che ero sola ». Le testimonianze non aggiungono molto alla triste vicenda. Ma viene in aula una donna. Angela D., che ammette: « E' vero, conoscevo Lio da circa tre mesi. L'avevo incontrato in un bar ed era diventato il mio amante. Ci vedevamo in casa mia, quando mio marito era al lavoro. Vincenzo mi chiese anche di scappare con lui ». I difensori della Tagliareni, gli avv. Geo Dal Fiume e Romana Vigliani, si sono soprattutto impegnati per limitare la pena. « Merita la vostra pietà — hanno detto ai giudici — per tutto ciò che è stata costretta a subire. In questa tragedia due sono i giudicabili, l'assassina e l'assassinato. Non potete stabilire la colpa di questa infelice senza valutare la condotta di Vincenzo Lio ». ÀI termine della discussione il presidente ha chiesto alle due imputate se avevano ancora qualcosa da dire. La Tagliareni ha scosso il capo, mentre la Amormino. che si era anche costituita parte civile con l'assistenza dell'avv. Vittorio Negro, Ita detto, indicando la nuora: « Mio figli' i l'ha sempre fatta contenta. Le ha comperato persino i pantaloni. Glielo chieda, se non è vero ». I pantaloni, per la siciliana che porta ancora il ' fazzoletto nero attorno alla testa, rappresentano evidentemente il massimo delia libertà per una dolina, .la prova che tutte le ataviche usanze sono state superate. Ma l'avv. Dal Fiume osserva: « E' certo che i due hanno avuto momenti felici. Ed è proprio il ricordo del bene che rende il male più amaro e talvolta intollerabile ». Gino Apostolo Maria Tagliareni, in Assise paria ucciso (Foto Moislo)

Luoghi citati: Agrigento, Cammarata, Piemonte, Sicilia, Torino, Venaria