La pittura russa dalle origini ad aggi di Sandro Volta

La pittura russa dalle origini ad aggi La mostra si apre oggi a Parigi La pittura russa dalle origini ad aggi Trenta secoli d'arte, dagli Sciti a Chagall - La rassegna presenta un migliaio di opere: la maggior parte inviate per la prima volta in Occidente dai musei dell'Urss (Dal nostro corrispondente) Parigi, 19 ottobre. La Rivoluzione d'Ottobre è Marc Chagall che l'ha fatta. Sono stati Malevitch, Kandinsky, e Lissitzky,. Larionov, Jawlensky e tutti gli artisti che, al principio del secolo, hanno provocato l'incontro, risultato poi uno scontro, fra la santa Russia e la cultura dell'Occidente. Insieme con loro, sono stati scrittori come Blok, Essenin, Maiakosky o Pasternak che hanno avuto sulla Rivoluzione d'Ottobre la stessa influenza che ebbero Diderot o Rousseau sull'ottantanove. E così pure Diaghilev, Eisenstein, Stravinsky. Se la rivoluzione permanente di Trotzky si fosse affermata, è probabile che quello slancio rivoluzionario avrebbe continuato con altrettanto impeto anche nel campo dell'arte e della letteratura. Non bisogna infatti dimenticare, a questo proposito, il legame che, negli ultimi anni della sua vita, Lev Trotzky aveva stretto con André Breton e con i surrealisti. Vinse invece Stalin e la ragion di Stato; la Rivoluzione d'Ottobre si imborghesì, si è conclusa nella convivenza pacifica. L'arte ha subito la stessa involuzione: col realismo socialista è ripiegata su una pseudo-tradizione, che non ha niente che fare con la tradizione popolare delle antiche icone, ma si rifa all'accademismo ottocentesco di Repine, Surikov, Levitan. Gli sviluppi di questa secolare vicenda vengono narrati ora (con una certa tendenziosità) in una mostra che si inaugura domani a Parigi, in cui sono presentate un migliaio di opere, la maggior parte delle quali inviate per la prima volta in Occidente dai musei della Unione Sovietica: « L'arte russa dagli Sciti ai nostri giorni li. Per gli Sciti bisognerebbe fare un altro discorso: poco o nulla si conosce di questo popolo nomade che, dall'ottavo secolo a. C. al secondo della nostra èra, occupò un immenso territorio fra il Danubio e il Don. Vivevano di guerra e di rapina, ma, non avendo nessuna forma di scrittura, non hanno lasciato ricordi storici quando, respinti da nuove invasioni, se ne sono perdute le tracce. Esistono tuttavia stupendi esemplari di oreficeria, che dimostrano un'insospettata raffinatezza in quella gente dai costumi estremamente rozzi: sono opere di influenza greca e iraniana e, in ogni modo, costituiscono un caso a parte nella vicenda dell'arte russa. La quale ha invece origine nel Medioevo con le icone, di indiscutibile discendenza bizantina, di cui, però, si liberano verso la fine del XIV secolo e, in immagini di smagliante bellezza, determinano un carattere schiettamente nazionale. E' appunto da quel momento che si può parlare di tradizione artistica russa, una tradizione che, attraverso l'alternarsi di periodi di grandezza e di decadenza, è ancora viva e operante nei nostri giorni. Ci se ne rende conto quando si entra nella sala in cui sono riunite le icone della fine del XIV e del XV se colo. Quella figurazione popolaresca, espressa in una ardita architettura del quadro, quella libera fantasia che rompe irresistibilmente gli schemi imposti dal dogma religioso, quello smagliante giuoco di colori, tutto contribuisce a dare a prima vista l'impressione di essere entrati nella sala di una mostra personale di Marc Chagall. Poi,.dopo Pietro il Grande e l'europeizzazione imposta e realizzata soltanto a metà, la vena tradizionale si estingue e la sostituisce un'influenza occidentale diseredata d'ogni grandezza. Settecento è Ottocento sono due secoli mediocri per la pittura russa: gli artisti guardano Parigi, ammirano magari gli impressionisti, ma li rifanno di seconda mano, in opere che non hanno neppure la limitata felicità dei macchiaioli toscani. Bisogna arrivare a Chagall per ritrovare la fresca ispirazione popolare delle icone di Novgorod, di Tver, di Mo- uatcvsètnzpt sca. Al principio del nostro secolo, la pittura russa ha un'esplosione che la porta all'avanguardia dell'arte contemporanea: suprematismo, costruttivismo, rayonismo vanno molto oltre il cubismo, precedono tutto ciò che è stato fatto poi in Occidente, fino ai nostri giorni. Di questa gloriosa stagione dell'arte russa gli organizzatori sovietici della mostra parigina hanno accuratamente evitato di offrire qualsiasi testimonianza. Hanno esposto uno dei più bei quadri di Chagall, « Al di sopra della città » della galleria Tretiakov di Mosca, del 1918, e così pure un paesaggio dell'epoca fauve di Kandinsky, «Il lago», del 1910, e «Il falciatore » di Malevitch, del 1911. Ma in quell'avaro campionario hanno esposto soltanto opere figurative. Eppure, poco tempo dopo, Casimir Malevitch aveva promosso una vera rivoluzione col suo «Quadrato nero su fondo bianco», seguito, nel 1919, dal «Quadrato bianco su fondo bianco », che si trova ora nel Museo d'arte moderna di New York. Per contro, sono ampiamente rappresentati nella mostra i pittori dell'epoca staliniana e i loro epigoni attuali. La scostante retorica propagandistica dei loro quadri è di una banalità che non si trova più neppure sulle copertine dei settimanali da pochi soldi. Sandro Volta «IIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIllll'Illllllllllllllll

Luoghi citati: Mosca, New York, Parigi, Russia, Unione Sovietica, Urss