Sempre più difficile distinguere laburisti e conservatori inglesi di Vittorio Gorresio

Sempre più difficile distinguere laburisti e conservatori inglesi IL SEGNO DI UN PAESE CHE RICERCA LA SUA STRADA Sempre più difficile distinguere laburisti e conservatori inglesi Un cittadino su tre non riesce a scorgere la differenza fra i loro programmi - Sono entrambi preoccupati della sterlina, orientati verso il Mec, pronti a tenere le basi militari ad Est di Suez, sfavorevoli alla « integrazione » dei cittadini di colore -1 conservatori accettano una certa socialità, i laburisti non vogliono apparire sovversivi - Il prudente empirismo britannico, in questo periodo difficile, stacca gli inglesi dalla politica (Dal nostro inviato speciale) Londra, ottobre In risposta a un'indagine condotta per incarico del Sunday' Times dall'Opinion Research Centre, il 35 per cento degli inglesi ha detto di non vedere nessuna importante differenza tra la politica del governo e quella dell'opposizione. Messo alla prova1 di testi comparati, il 40 per cento si è poi sbagliato giudicando laburista il programma conservatore, e viceversa. Non è dall'incoltura politica delle masse che nasce questa confusione. In realtà, i programmi dei due maggio ri partiti inglesi si equivalgono, le ispirazioni sono comuni, ed al partito conservatore che tiene in questi giorni il suo congresso a Brighton, riesce difatti abbastanza difficile sostenere la necessità di un ricambio presentandosi come una possibile alternativa. Per di più, quanto agli uòmini, Edward Heath, che ne è il leader, è poco popolare Solo il 38 per cento dei conservatori lo considera adatto al suo ufficio, e in un confronto diretto con Harold Wilson — quale si avrebbe in caso di elezioni generali — lo si ritiene destinato a perdere la partita. In preparazione del congresso di Brighton, Heath ha percorso la Gran Bretagna per sette settimane battendo quasi tutte le contee, pronunciando discorsi in Scozia. Galles e Inghilterra, leggendo sermoni nelle chiese, appellandosi a citazioni di San Paolo ( « Riempite di felicità la mia coppa pensando e sentendo insieme », ha detto nella cattedrale di St. Giles a Edimburgo). Si è tatto fotografare ad Eyemouth con una grande aragosta in braccio, ha posato a Cockenzie tra le lavandaie, e tra i disoccupati di Cardiff. Ha cercato di rallegrare gli uditorii facendoli rìdere alle spalle di Wilson («Wilson è come la Sheerazade delle Mille e una notte, che deve continuare a inventare sempre nuove storie per non morire domattina », ha detto a Carlisle); ma come risultato finale ha ottenuto che l'indice della sua popolarità, che era del 47 per cento all'inizio di settembre, calasse in un mese a 38, come si è detto. Forse è soltanto ad Ipsurtch che ha ottenuto francamente un successo, parlando del problema razziale che anche in Inghilterra è diventato acuto, se pure non nella misura che si conosce in America. Dall'Africa, dall'Asia, dalle Indie Occidentali, continuano ad arrivare uomini di colore, molti forniti di un passaporto britannico, ricerdo dell'impero. In un paese già afflitto da una disoccupazione interna, come l'Inghilterra, e razzista di istinto, il peso di questa massa colorata (che oramai costituisce circa il 3 per cento della popolazione) giorno per giorno è sentito più grave. Heath, che parlava nel principale cinema della città ad un pubblico tutto di donne, ha dichiarato che non è più sufficiente limitare l'afflusso dei colorati chiudendo tutti i varchi e gli spiragli traverso i quali riescono a infiltrarsi, magari illegalmente. Bisogna anche ridurre, « con molta umanità, ma .altrettanta, fermezza », il numero dei già immigrati, nel loro beninteso interesse, per non farne «una massa infelice di spostati ». E' quindi necessario che il governo fornisca « ogni possibile assistenza » a quanti fossero disposti a tornarsene a casa con tutta la famiglia, portando via i bambini che domani, cresciuti, si troverebbero « spostati ». Heath spiegava il suo punto secondo una morale ineccepibile. Non si può infatti ammettere l'esistenza di cittadini di seconda classe o mezza casta. Tutti avendo diritto in Inghilterra alla felicità (ci sono inglesi, i fabiani, che da. più di un secolo si battono per costruire in casa « la nuova Gerusalemme») è bene allontanare quelli che per loro disgrazia — non per loro colpa — hanno più scarse probabilità di raggiungerla. Se anche non è molto convincente questo modo di risolvere i problemi, è certo Jil più elegante per ignorarli, e del resto le donne che ascoltavano Heath dimostrarono tutte dì aver colto il vero nodo della questione: « Mandateli via, mandateli via! », strillavano dìfatti con acutissime voci. Ma un successo del genere ha un'importanza relativa per le fortune del partito, perché gli argomenti di Heath in questo campo non sono suoi particolari. Salva una certa più decisa accentuazione, la posizione dei conservatori sul problema razziale — uno dei maggiori in politica interna — non differisce da quella dei laburisti. Anche all'ultimo congresso delle Trade Unìons, nel settembre scorso a Brighton, tirava un'aria sfavorevole all'integrazione: «Davvero vi piacerebbe avere un colorato per dirimpettaio? E che i vostri bambini giocassero con i suoi? » domandò candido e sicuro il signor J. A. Peel, delegato della National union of dyers, bleachers and textile workers (tintori, candeggiatori e tessili). Le risposte che ebbe non differivano da quelle date dalle donne dì Ipswich. I sindacalisti del Labour discussero anche se si dovesse invitare il governo di Wilson ad emanare una legislazione in tema di diritti civili, sull'esempio di quella americana, c conclusero negativamente: « Cerchino gli Stati Uniti i rimedi che credono, ma non è detto che gli stessi convengano all'Inghilterra », fu la determinante opinione di un funzionario laburista del ministero del Lavoro, J. L. Tindall. esperto della materia. Anche il ministro dell'Interno in carica, Roy Jenkins, dichiarò poi al congresso laburista di' ScarborougA che non è la legge che.può creare la tolleranza ma solo « la pazienza, la comprensione, l'educazione, e soprattutto il tempo ». Parola per parola, è lo stesso concetto che da anni va sostenendo Duncan Sandys, uno dei più eminenti conservatori. Altro argomento molto dibattuto in politica interna è quello che riguarda il sistema scolastico. Toccherebbe ai conservatori difendere ad oltranza le scuole private e ai laburisti quelle di Stato. Le rispettive posizioni, invece, non sono così nette: Sir Edward Boyle, ministro dell'Istruzione nel « governoombra » conservatore, dirà difatti al congresso di Brighton di essete disposto a sostenere soltanto quelle buone, esattamente come hanno già detto i laburisti al congresso di Scarborough. Un.loro deputato. Robert Maxwell di Buckingham, ha citato il suo esempio familiare. Padre di otto figli che hanno dai cinque ai ventun anni, egli ne manda tre alla scuola privata e cinque alla statale: « Ci sono ragazzi che profittano meglio da un metodo, altri da un altro ». Laburista e miliardario, Maxwell non crede che la scelta della scuola implichi una questione di classe o dì tradizione: « Ne sono personalmente sicuro, io che ho fatto soltanto la terza elementare », confutò con accenti di trionfo alle proteste di un interruttore. Anche in politica economica è difficile scoprire differenze programmatiche fra i due grandi partiti. D'accordo con i laburisti sulla difesa pre giudiziale della sterlina, non diversamente da loro i conservatori chiedono che siano favorite tutte le iniziative dirette ad aumentare la produzione e a diminuire la disoccupazione. Vogliono ugualmente giustizia fiscale ed'incentivi per l'agricoltura, assistenza sociale ai veri bisognosi, secondo criteri di « selettività selettiva ». Propongono anch'essi qualificazioni e riqualificazioni dei lavoratori a tutti i livelli, da quello del minatore che deve abbandonare i pozzi che vengono chiusi, a quello del manager cne deve riaddestrarsi a nuove tecniche professionali per misurarsi meglio sul terreno della concorrenza internazionale, anche in vista dell'entrata dell'Inghilterra nel Mercato comune che i laburisti si stanno sforzando di ottenere: a L'europeismo è un'esigenza che siamo stati i primi a ri vendicare », afferma però Heath. L'identità sussiste anche a riguardo dei problemi internazionali ex imperiali. Il ministro della Difesa del « governo-ombra » conservatore, Enoch Powell, insìste a dire che l'Inghilterra cjeue mantenere le sue posizioni ad oriente di Suez fin tanto che sarà necessario per difendervi interessi britannici. I laburisti si erano proposti di ritirarsi nel termine di cinque anni dopo la guerra. Ne sono passati più di venti, ed il ministro della Difesa in carica. Denis Healey, annuncia adesso di volerci restare almeno fino alla scadenza degli anni Settanta. Non si capisce se è il partito conservatore a farsi trascinare nell'andazzo laburista, o se è il partito laburista che non esce dal solco della politica conservatrice. Più o meno sono vere l'una e l'altra cosa, tra conservatori che indulgono a tutte le possibili forme di socialismo e socialità all'acqua di rose, e laburisti che per delicatezza procurano di non sovvertire gli ordinamenti tradizionali del paese, non contrastarne gli istinti profondi e non turbarne le fantasie. Essere « flt to rute », adatti e propri a governare, in Inghilterra è come dire andare cauti guadagnandosi un credito di rispettabilità. All'atto pratico significa che i laburisti mietono nei verdi pascoli conservatori. E' una scoperta che aveva già fatto Lord Balfour nel ' 1928, quando parlò della « discrezione ji di cui aveva dato prova Ramsay Me Donald, il primo governante laburista nella storia di Inghilterra: « Anche se di partiti differenti, i nostri governi alternati non divergono mai sui fondamenti della società ». A quarant'anni di distanza, con una certa ironia che può nascondere qualche rabbia, conservatori e laburisti insieme chiamano l'attuale premier laburista «il 14' signor Wilson», in quanto emulo successore di Sir Alee Douglas Home, 14' conte di Home, ultimo premier conservatore. Più si cambia e più resta sempre la stessa cosa. Vittorio Gorresio