Due pittori del primo '900

Due pittori del primo '900 URTI ED HRTISTI B—| Due pittori del primo '900 Con quella di Filippini a « L'approdo » (via Bogino n. 17), già qui recensita, due altre mostre di particolare interesse, entrambe retrospettive, si sono ora aperte a Torino: di Vittorio Zecchin (1878-1947) nella galleria Martano (via Battisti 3) e di Carlo Corsi (1879-1966) alla «Bussola» (via Po 9): sia la prima che la seconda ben riflettono certi aspetti del gusto italiano al principio del secolo, e potranno essere utilmente visitate soprattutto dai giovani che tali aspetti non conoscono. Vittorio Zecchin, figlio d'un vetraio muranesè, più che come pittore va studiato e apprezzato per quello che veramente fu: un decoratore scaltrito nelle più varie tecniche, un maestro vetraio rinnovatore dell'arte vetraria italiana, un arazziere e un mosaicista fantasioso e raffinatissimo. Ma nella storia della cultura artistica italiana ebbe una funzione non trascurabile nei primi due decenni del secolo, come ha perfettamente chiarito Guido Perocco nel suo libro Artisti del primo Novecento italiano (Torino, Bolaffi, 1965), dal quale è tolta la presentazione di questa mostra, cui s'aggiunge una sottile esegesi di Albino Galvano. Zecchin è infatti dal Perocco collocato nella schiera della più autentica (a parte la chiassosa sommossa futuristica . inquinata di confuse ideologie) avanguardia artistica italiana del tempo nostro: con Ugo Valeri, Boccioni, Gino Rossi, Arturo Martini, Moggioli, Garbar!, Semeghini, Casorati, Mario Cavaglieri; cioè la schiera dei battaglieri espositori a Ca' Pesaro di Venezia, animati da Nino Barbantini ed in polemica — fra circa il 1909 e il '20 — con la Biennale ai Giardini. Esaminando le opere esposte alla Martano, bozzetti a tempera, pannelli decorativi, illustrazioni per libri, arazzi, saltano all'occhio le affinità di invenzione, composizione, disegno, colore, dello Zecchin con gli altri componenti del gruppo: specie col Casorati delle incisioni e delle pitture intorno al 1913-15. Quando al" « Premio Bergamo » del 1941 la giuria volle premiare con 2500 lire un quadro intitolato Figure di un ignoto « giovane espositore »i risultò che l'opera era di Carlo Corsi, di anni 62, il quale dal 1912 al 1924 aveva esposto alla Biennale di Venezia (oltre che a Monaco di Baviera, San Francisco, ecc.), ma che « di fronte all'avanzare del gusto novecentesco » era stato lasciato in disparte dalle commissioni degli inviti. L'episodio, 'che dimostra da un lato la sensibilità critica e dall'altro la ignoranza di quei giudici, è ricordato da Marco Valsecchi nella presentazione di quésto ritorno a Torino (vi aveva studiato sotto Giacomo Grosso dal 1902 al 1906) del defunto artista, cinque anni dopo la bellissima retrospettiva alla galleria « Narciso ». Diciamo ignoranza perché se la giuria di Bergamo avesse conosciuto adeguatamente la pittura postimpressionistica francese, non avrebbe esitato a collocare il Corsi sessantenne nella sua scia, e in quella di certi Nabis. Qui alla « Bussola » vi sono dei quadri deliziosi che subito fanno pensare ai più delicati Bonnard, e giustamente il Valsecchi scrive di « uno spazio in funzione di una pienezza luministica ». Purtroppo nei suoi tardi anni il Corsi si lasciò trascinare dal gusto per degli inerti collages alla Schwitters. mar. ber.

Luoghi citati: Bergamo, Monaco Di Baviera, San Francisco, Torino, Venezia