La tv deve imparare a fare economia di Fausto De Luca

La tv deve imparare a fare economia La tv deve imparare a fare economia Roma, 30 settembre. La Radiotelevisione italiana è in difficoltà finanziarie, le spese superano le entrate e per chiudere in pareggio i conti del 1967 i proventi dovrebbero aumentare di almeno 7-8 miliardi. Poiché il governo non pensa di aumentare il canone di abbonamento, gli amministratori della Rai-tv vogliono aumentare ì tempi della pubblicità televisiva. La prima cosa che sorprende è che la tv si trovi in difficoltà finanziarie. I proventi sono cresciuti ad un ritmo assai sostenuto negli ultimi anni. Nel 1961 erano di 58 miliardi e mezzo, l'anno successivo di 67,3 miliardi, nel 1963 salivano a 76,1, nel 1964 a 88,3, nel 1965 a 94,7, per giungere nel 1966 a 106 miliardi e 600 milioni. Se badiamo solo agli ultimi due anni, troviamo un aumento percentuale di oltre il 20 per cento. Se si parte da questo dato, si resta sbalorditi nell'apprendere che con un simile incremento delle entrate, la Rai-tv non riesca a far quadrare il bilancio del 1967. Si può aggiungere che la Rai-tv, con lo splendore dei suoi edifici, con la munificenza dei suoi contratti con attori, cantanti e ballerini, con la sua generosa politica di assunzioni, non ha mai dato l'impressione di un'azienda in ristrettezze, ma, al contrario, ha accreditato l'immagine di un'azienda favolosa, dove tutto va per il meglio e le cifre del bilancio sono l'ultima cosa. Se però le difficoltà sono reali, allora bisogna dare credito alle notizie della stampa secondo le quali le 16 trasmissioni di « Partitissima » del sabato sera costeranno un miliardo, e un altro miliardo costeranno le otto puntate dell'« Odissea » realizzate da De Laurentiis per la televisione. Certo, la televisione deve trasmettere programmi di buon livello, lo esigono gli spettatori e 10 esige il buon gusto, tuttavia impegni finanziari così rilevanti per spettacoli di canzoni o per romanzi sceneggiati (l'« Odissea », peraltro, è stata gì sfruttata da De Laurentiis per il cinema) non possono trovare 11 generale consenso. Si può quindi capire che con spese cosi ingenti le uscite finiscano per superare le entrate, ma il punto non è questo. Bisogna chiedersi se si tratta di buona amministrazione. Sprechi ce ne sono dappertutto, in aziende pubbliche, in aziende a partecipazione statale, in aziende private. Ma la tendenza, in una situazione di accentuala concorrenza interna ed internazionale, è sempre di più quella di fare bene i conti. Le aziende Iri, malate e dissestate all'i¬ nizio, hanno impiegato alcuni anni per arrivare alla possibilità di competere sul mercato. Ma la Rai-tv, che pure è un'azienda a partecipazione statale, sembra andare in direzione opposta, ritenendo forse che la posizione di monopolio nel suo settore la escluda dalle regole generali. Sennonché quando la Raitv, oltre ad avere il monopolio, fa anche della pubblicità, e vuole aumentare questa pubblicità per far fronte alle sue spese crescenti, ecco che entra in conflitto con aziende, quelle giornalistiche, che invece operano in regime di concorrenza. La buona o la cattiva amministrazione della Rai-tv a questo punto diventa una questione più vasta, interessa i giornali, pone il problema della loro esistenza e coinvolge il prin- cipio della libertà di stampa. Fausto De Luca

Persone citate: De Laurentiis

Luoghi citati: Roma