Forse già scoperto l'uccisore del avvelenato con una forte dose di arsenico

Forse già scoperto l'uccisore del avvelenato con una forte dose di arsenico CONCLUSA L'INCHIESTA PER IL GIALLO DI PAVIA Forse già scoperto l'uccisore del avvelenato con una forte dose di arsenico Nel fascicolo consegnato al magistrato ci sarebbe il nome del presunto colpevole - La vittima, trentunenne, vedovo e padre di un bimbo di dieci anni, non aveva nemici - Lavorava con la zia, ricca proprietaria terriera, e si presumeva fosse il suo erede - La donna, una sessantenne energica e volitiva, lo ha smentito: «Ho altri tre nipoti — ha detto — e a nessuno di loro lascerò i miei quattro stracci» (Dal nostro inviato speciale) Pavia, 28 settembre. Giuseppe Caselgrandi, l'impiegato trentunenne unico erède di una grande proprietà ad Alagna Lomellina, morto per una dose di arsenico sufficiente ad uccidere cento persone, è stato avve¬ lenato in due riprese. La prima volta ha rischiato di morire la notte di Natale dell'anno scorso, ma la dose era troppo lieve. L'organismo del giovane, al quale evidentemente erano già state somministrate leggere dosi di veleno, aveva subito un proces- so dì « mitridatizzazione » assuefacendosi all'arsenico. Il Caselgrandi aveva subito una grave crisi ma l'aveva superata. La seconda volta, il 12 febbraio, gli è stata, fatale. Alle 5,30 del mattino la vittima, dietro insistenza del dottor Siro Brambilla che sospettava una intossicazione acuta, viene ricoverata all'ospedale di Pavia. Tré giorni dopo, mercoledì 15 febbraio, il collasso mortale: al capezzale c'è la zia Francesca Cadei. Vengono disposti i funerali ma qualcosa nel decorso della malattia ha fatto nascere dei sospetti e la magistratura ordina l'autopsìa. L'arsenico lascia abbondanti tracce e la presenza del veleno nella salma del giovane è tale da non consentire altra ipotesi che quella della morte violenta. Il maresciallo Latini, del «nucleo di polizia giudiziaria » di Pavia, che ha svolto le indagini, ha già presentato al magistrato dottor Borghese le sue deduzioni. Nel fascicolo che ora è all'esame del giudice istruttore si fanno anche i nomi dei presunti colpevoli. Toccherà al dottor Borghese (se riterrà valide le prove indiziarie portate dal carabinieri) di convalidare i risultati dell'indagine, spiccando i mandati di cattura., Fin dal primo momento si è potuto escludere che si trattasse di suicidio o di disgrazia. Si sono raccolte numerose testimonianze in questo senso. , Il dottor Siro Brambilla, medico curante del Caselgrandi e suo amico intimo, ci ha confermato: « Escludo due cose: che si sia ucciso e che abbia fatto una cura a base di arsenico. Nessuna delle mie prescrizioni era a base d'arsenico. Soffriva di disturbi che attribuiva ad un'ulcera gastrica e cercava di cu-rarsi senza ricorrere ad una operazione nel timore di una disgrazia che avrebbe lasciato orfano il figlio Ernesto, di 10 anni ». La suocera del Caselgrandi, Regina Dezza, a sua volta ha detto: «Dopo la disgrazia (allude alla morte di sua fi~lia Vittoria Costa, avvenuta l 29 settembre 1962 mentre in auto tornava dall'aver accompagnato il Caselgrandi alla stazione di Garlasco) non faceva che ripetermi: dobbiamo preoccuparci solo di Ernesto. Dio mi tenga in vita fino a quando si sarà fatta una posizione. Non si sarebbe certo ucciso, non fosse che per il bene che voleva al suo bimbo ». Anche i carabinieri sono partiti da questi primi elementi e da alcune voci raccolte in paese. Soprattutto una che indicava il giovane come unico erede di una zia benestante, la signora Francesca Caselgrandi vedova Cadei, una donna dinamica ed energica sulla sessantina, proprietaria di una vasta tenuta - Villa Baker — ad Alagna. Ora questa eredità controversa (sedicimila ettari di riserva di caccia, 500 pertiche di terreno e la residenza) è al centro del « giallo di Villa Baker ». Perché è scontato che il movente del delitto è l'interesse. Ma chi può aver desiderato la morte del giovane? Giuseppe Caselgrandi non aveva nemici, o almeno non credeva. di averne. Non ha confidato nulla a nessuno. Non si sa neppure con certezza se questa eredità sarebbe toccata proprio a lui, o no. Tutto ruota intorno ad un mare di indizi, che i carabinieri hanno raccolto pazientemente. Stamane abbiamo intervistato nella sua splendida villa la signora Francesca Caselgrandi, vedova Cadei. Una donna piena di vita, nono stante l'età. « Io ho altri tre nipoti — dice — oltre al povero Giuseppe. Nel 1958 quando mori mio marito ho fatto testamento. Nessuno dei mìei nipoti vi è stato nominato. Nessuno di loro avrà "questi quattro stracci". Ultimamente avevo ripreso con me Giuseppe come impiegato rurale: gli avevo dato questa qualifica per assicurargli la mutua ed essere in regola. Ma non intendevo né fargli amministrare il mio patrimo nio, né altro. Fin quando sarò in senno amministrerò i miei beni da sola. Certo quello che è accaduto è terribile. Da mesi mi chiedo cosa sia accaduto ». Parla seduta, ad un tavolo rotondo, in una delle stanze della villa, foderate di acero. In un angolo un bar forni tissimo, ed una biblioteca rie ca di volumi ben rilegati Una casa arredata con un lusso un po' opprimente. Pare di vivere nel ventre di una nave tante sono le scalette, gli stretti corridoi e gli angoli in penombra. In piedi accanto a lei, mostrando un'aria familiare e servizievole ad un tempo c'è Lorano Lenzi di quarant'anni (e vi rimarrà per tutto il tempo dell'intervista), Uno dei due fratelli che sono i factotum della possidente. Lorano Lenzi è scapolo; suo fratello invece ha famiglia. Quando ' Lorano Lenzi interviene, lo fa sema preoccupazione di essere interrotto dalla padrona. Dice: « Negli ultimi tempi Giuseppe era ingrassato. Credevo stesse bene. Ma poi un amico mi ha detto che è uno degli effetti tipici dell'arsenico ». Apre bocca una seconda volta congedandoci sul cancello: « Ho fatto presente alcuni miei dubbi, nella deposizione che ho reso ai carabinieri. Ma non vi posso dire nulla ». E se ne va a lucidare una delle due auto della signora, una « 2300 » e una « 124 » coupé. m. b. Da sinistra, il morto Giuseppe Caselgrandi ed il fattore della tenuta Lorano Lenzi Ernesto, figlio del morto. Quattro anni fa era rimasto senza mamma

Luoghi citati: Alagna, Garlasco, Pavia