E' un favoloso "spettacolo" d'arte la grande Mostra dell'antiquariato di Marziano Bernardi

E' un favoloso "spettacolo" d'arte la grande Mostra dell'antiquariato SI APRE OGGI A FIRENZE LA RASSEGNA INTERNAZIONALE E' un favoloso "spettacolo" d'arte la grande Mostra dell'antiquariato (Dal nostro inviato speciale) Firenze, 21 settembre. Come le precedenti quattro Biennali anche questa «Mostra - Mercato Internazionale dell'Antiquariato » che si apre con solenne inaugurazione domattina a Firenze è anzitutto un grande, stupendo e per certi aspetti favoloso spettacolo. A Palazzo Strozzi, gremito di oggetti di straordinariamente varia ed affascinante bellezza, si sono dati convegno con il meglio delle loro collezioni antiquari famosi d'Italia, Belgio, Francia, India, Inghilterra, Iran, Israele, Messico, Olanda, Perù, Svizzera, Stati Uniti d'America: in totale 140; c giornali come Le Monde c il Figaro già hanno parlato di quest'esposizione come della più importante del mondo, superiore a quelle di Parigi, nel campo antiquario, mentre la rivista Connaissance des Aris le ha dedicato un fascicolo speciale. Questo eccezionale successo induce ad alcune rapide considerazioni. Prima: che al rinnovarsi di simili smisurate rassegne si rinnova anche lo stupore per la sopravvivenza — malgrado le innumerevoli calamità e distruzioni che colpirono universalmente la vita civile si può dire fin dal suo sorgere nelle più remote epoche — di una sterminata dquantità di manufatti che ri- sacevettero, nei modi più diver- msi, un'impronta d'arte, al di slà della loro destinazione di suso pratico e comune. E ci gdomandiamo se un simile fe- anomcno sarà ripetibile per l'età — iniziatasi circa la metà del secolo scorso — che coincide con la società industriale. In altre parole: se il mito del funzionalismo, che appunto ha voluto dare alla funzione utilitaria una sua propria estetica, concederà in fu- sMrnzlol emturo, a partire da quella da- mta, di comprendere, in un an- ptiquariato da definirsi «arti- lastico», gli oggetti dichiarati l« utili ». Insomma, la doman- ida è questa: nel 2500 o giù ndi lì esisterà ancora un an- btiquariato — tolti dipinti, psculture, disegni, incisioni ec- tcetera — relativo agli ultimi dcinque ò sei secoli? Saremmo tindotti a rispondere no, os- sservando che qui, indipenden- mtemente dall'uso italiano che Bassegna all'antiquariato il li- pmite di cinquant'anni a ritroso nel tempo, poco o nulla si vede dal 1850 in qua, compreso il « Liberty ». Seconda considerazione: «l'o- itdGcpera d'arte ha sempre ripaga- tto i suoi amatori, i suoi col- vlezionisti». Parole che si leg- agono sul foltissimo, illustratissimo catalogo, concesso a un prezzo irrisorio, che coi suoi testi c un vero trattato di antiquariato. E infatti tutti sanno non esservi oggi, forse, migliore investimento di denaro dell'oggetto d'arte, che quotidianamente si rarefa e cresce di prezzo. L'invito al collezionismo, anche del picco- drrdpdMtEslo collezionismo, è quindi una pseduzione provocante; e lo at- Ltua la Mostra con due appo- msite sezioni, entrambe di prò- poste molto allettanti ed acces- sibili anche alle borse mode- ste. Sono al pianterreno, e co- stituiscono un malizioso pre- ludio alla visita. Contempora- neamente ci ricordano che proprio al collezionismo pri- vato, più o meno cospicuo, si deve il salvataggio, lo studio, la valorizzazione, l'ammissio- ne nel circolo della cultura e del gusto, d'infinite opere dar- té. E il primo collezionista, non sempre per lucro, bensì spesso per passione, è proprio l'antiquario. Di quante sco- perte non gli siamo debitori? Quante volte il mercante pre- cedette il critico e lo storico dell'arte? Infine quest'esposizione è un simbolo di coraggio, di spi- rito d'iniziativa e di fiducia, Come ha detto Mario Belli- ni che col fratello Giuseppe — i grandi antiquari di Fi- renze — è fra gli strenui e intelligenti propugnatori e i maggiori organizzatori della biennale manifestazione, l'ai- luvionc dell'anno scorso par- ve avere dato all'antiquariato fiorentino (una delle massime risorse turistico-commerciali della città) un colpo mortale. La rinascita, nel giro di dieci mesi, è stata prodigio sa. Un'opera paziente di «ram mendo» del suo tessuto arti stico devastato è tuttora vi sibile per tutta Firenze, da gli affreschi di Santa Trinità alle porte sublimi del Batti- stero; e sarà opera di anni. Ma intanto 38 antiquari fiorentini, fra i 95 italiani, sono in lizza a Palazzo Strozzi a testimoniare un miracolo di risurrezione. Il panorama, lo si è detto, l e di una ricchezza in certi momenti addirittura oppri- mente; e in verità, non sa premmo a quale settore dar la preferenza. Senza dubbio la pittura, che di per sé po irebbe comporre un museo di notevole livelle», tiene, col mo bile, il primo posto. I dieci pezzi esposti dai Bellini, con tre grandiosi arazzi — 'due di Bruxelles fine Quattrocen to, uno mediceo cinquecente sco —, con bronzetti rinasci mentali dal Riccio al Giam Bologna al Danti, spiccano per la loro preziosità: citiamo Fcil fondo oro di scuola giottesca, la Madonna di Segna di Bonavventura, l'altarolo di Giovanni da Ponte, il dittico d'Andrea di Niccolò, la tavoletta di Marco Zoppo, av vertendo che per le paternità artistiche ci atteniamo alle in- dicazioni date dagli, espositori. Esse potranno essere forse riesaminate e discusse in sede scientifica; comunque sempre sono attendibili. Come il complesso offèrto dalla Galleria « Manzoni » d Milano: un grande Tintoretto, Giovanni Bellini, Cariani, El Greco, o l'eccezionale Poussin, « Eliezer e Rebecca al pozzo » pendant di quello del Louvre, che si valuta a 700 milioni di lire, qui portato dal Mazzoleni di Milano con la grande magnifica « Natura morta » di Pierpaolo Bonzi, quel cosiddetto «gobbo dei Caracci » che tanto interessò alla Mostra della Natura mor ta di Napoli. O i Francesco Guardi e Maneschi di Luigi Galli di Carate Brianza. O il Gozzoli, il Botticelli, il Signo relli, il Tiepolo, il Giacomo Ceruti detto il « Pitocchetto j., - del Frascione di Firenze, pa ragonabile a quelli visti que stanno a Torino. O il Frano cesco Maffei del Ventura e il - Van Dyck del Giubilei. O lo Strozzi, il Traversi, il Batoni - del Viancini di Venezia, il o Ghirlandaio e il Solimena del Rovelli, il Matsys del Del Giu- n dice di Genova, - Alla pittura forniscono con, tributi imponenti gli antiquari - stranieri: il De Boer, olandese, e con 55 opere da Agnolo Gaddi - a Patenier, da Jan Stecn a e Gabriel Metsu, da Salomon i van Ruysdael a Hobbema, da a Van Cleve a Teniers; il no- tissimo Robert Finck, di Bru- xelles, con 88, da Albert Bouts o rrdi a Van Orley, da Clouet Breughel il Giovane (Finck gli prepara un'esauriente monografia), dall'incantevole Desportes al Vanvitelli; l'altro Finck, Alex, pure di Bruxelles, con una schiera impressionante di maestri fiamminghi, da Van Dalem a Breughel dei Velluti; il Cramer dell'Aia con la raffaellesca « Madonna di Leone X », che sarà uno dei dipinti più osservati' e discussi della Mostra, e due superbi ritratti di Nogari; e via via le Gallerie Pardo, Heim (due grandi Daniele da Volterra) e altre di Parigi, la Acquaveiia di New York coi suoi Monet, Renoir, Sisley. Il mobile. E' l'altro protagonista della Mostra, che ha ritrovato un equilibrio fra la alta epoca », cioè i mobili rinascimentali. Non tentiamo nemmeno di azzardarci in questa foresta incantata, dove si passa da meraviglie a meraviglie. Diciamo semplicemente che una delle più forti impressioni l'abbiamo avuta dalle tre librerie in noce, datate 1765 ma riecheggiami lo stile Luigi XIV, provenienti da un famoso castello veneto (l'anonimato è di rigore), esposte da Tullio Silva di Milano, con deliziosi esemplari d'ebanlste ria veneziana del Settecento, lacche gialle di suprema raffi natezza, e con poltrone già appartenute a Palazzo Grassi Tutte e tre valgono 80 mi lioni. Mobili dunque a centinaia, ciascuno dei quali dimostra l'impegno stilistico "maturato attraverso generazioni d'artigiani, i quali vivevano in epo che di così sicuro ,e unitario linguaggio artistico che persino il più semplice lavoro manuale ne veniva nobilitato. E' il caso degli oggetti che (sol tanto per le loro dimensioni) si posson dire minori: le porcellane di Sassonia e cinesi presentate dal Boskovitch di Bruxelles o le maioliche di Deruta poste nelle scansie dell'Alavoine di Parigi con bronzetti di cui due — uno tedesco' ed uno di Francesco di Giorgio Martini — già fermati dal Louvre. Oppure dei mirabili strumenti musicali di avorio firmati da Sigismondo Mahler, d'avorio, dell'antiqua rio Sangiorgi di Roma. Sculture dell'età romana in poi (rammentiamo quelle e sposte dalla Longari di Mila no), tappeti, arazzi, orologi (ancora Zoccai), argenti di ogni genere, cornici e specchiere (spettacolosa quella intagliata dal Corradini per casa Dolfin, del Rovelli di Roma), antichità persiane, indù, thailandesi, peruviane, pezzi di scavo israeliani. Duole che dalla Mostra sia pressoché assente l'antiquariato torinese, che pur ha un posto eminente in Italia. Non vediamo che la sezione di « arte antica » con splendide incisioni da Diirer a Rembrandt la partecipazione di Martino Silvestri. Ignoriamo le ragioni di questa diserzione, o piuttosto non vogliamo discuterle Ma da una rassegna di tanta importanza internazionale probabile che sia un errore ritirarsi sull'Aventino. Marziano Bernardi Una curiosità esposta alla Mostra internazionale dell'antiquariato a Palazzo Strozzi: una piccola slitta settecentesca dell'alto Veneto riccamente intagliata e laccata