I Paesi produttori di petrolio discutono l'aumento dei prezzi di Arturo Barone

I Paesi produttori di petrolio discutono l'aumento dei prezzi Oggi comincia la riunione a Roma I Paesi produttori di petrolio discutono l'aumento dei prezzi Partecipano alla conferenza cinque Stati arabi, oltre Venezuela, Iran e Indonesia - Il rincaro del greggio dipenderà soprattutto dall'atteggiamento che assumerà il governo venezolano (Nostro servizio particolare) Roma, 14 settembre. Avrà inizio domani, in un grande albergo della capitale, una riunione dell'Opec (Organizzazione dei Paesi produttori ed esportatori di petrolio). Fanno parte dell'organizzazione, fondata nel 1960, cinque Paesi arabi (Kuwait, Arabia Saudita. Iraq, Lib,ia e Qatar) e tre Paesi non arabi (Venezuela, Iran e Indonesia). Sebbene abbia sede a Vienna, VOpec si riunisce questa volta a Roma, ina in clima di estrema riservatezza. Tra gli scopi dell'incontro, sembrano esservi quello di far aderire all'organizzazione altri produttori (è infatti prevista la partecipazione di osservatori algerini ed egiziani) e l'avvio di cauti sondaggi per la creazione di una organizzazione dei Paesi consumatori, che riduca il potere contrattuale delle grandi compagnie concessionarie. Queste sono però solo congetture. Certo, invece, è che a Roma si discuterà della proposta di alcuni Paesi arabi, mirante ad approfittare della presente crisi del Medio Oriente per aumentare in via permanente i prezzi del petrolio ai porti d'imbarco e, di conseguenza, il gettito delle «royalties» pagate dalle compagnie. Basta quest'accenno per capire quali conseguenze può avere per l'Europa un''eventuale accordo sulle basi indicate. L'esito della conferenza, che durerà almeno sino a martedì, •'dipenderà soprattutto dall'atteggiamento del Venezuela, Paese che ha visto crescere — dopo anni di stasi — le sue esportazioni di greggio e i relativi proventi, proprio in seguito alla chiusura del Canale di Suez. Se il governo venezolano aderisse alle proposte, un certo aumento sarebbe quasi inevitabile; se rifiutasse, la stessa Opec rischierebbe di spaccarsi. Arturo Barone