«Lo straniero» di Luchino Visconti fedele (forse troppo) ad Albert Camus

«Lo straniero» di Luchino Visconti fedele (forse troppo) ad Albert Camus LE PROIEZIONI ALLA MOSTRA DI VENEZIA «Lo straniero» di Luchino Visconti fedele (forse troppo) ad Albert Camus Lo scrupoloso rispetto di Algeri che uccide significato ci sfugge verso il romanzo non ha consentito al regista di darci un'opera personale - La storia dell'impiegato un arabo senza sapere perché e finisce sotto la ghigliottina è resa con esattezza: ma il suo L'interpretazione di Marcello Mastroianni - «Alba», di Purisa Djordjevic, inquieto film jugoslavo (Dal nostro inviato speciale) Venezia, 6 settembre. Gli ultimi film in concorso si ingorgano (due oggi e due domani); ed è peccato, perché si vorrebbe poterne parlare a mente sgombra. Tanto più che nell'accoppiata di oggi è capitato il film di Luchino Visconti, Lo straniero. Mersault, il protagonista del romanzo di Albert Camus (premio Nobel), uscito nel '42, è uno dei più significativi personaggi della narrativa francese moderna, precursore di tanti confratelli in angoscia esistenziale. Di questo perfetto « antieroe » in un mondo sentito come assurdo e rifiutato con una specie di rinnovato orgoglio cartesiano, Visconti ci ha restituito con perizia i lineamenti principali, disponendoli sullo sfondo di una lucida cronaca di vita algerina negli anni '40. Ma dal Mersault di Camus, tutto immerso e motivato in una luce di simbolo, al suo, che pur ne rispetta per lunghi tratti il monologo interiore, si avverte un salto; il che potrebbe dare occasione, chi ne avesse voglia, a intonare il vecchio discorso sulle difficoltà dell'amplesso film-romanzo. Discorso che non reggerebbe quando Visconti avesse fatto con Camus quello che già fece con Verga, con Dostoievski e, in misura minore, coll'autore del «Gattopardo »: dar dentro a quegli autori col peso del suo temperamento e con la forza della sua ispirazione. Qui invece si è imposto la più scrupolosa fedeltà, cercando l'unisono, sempre un po' illusorio, tra immagine e parola. Ne risulta che Lo straniero, come è la meno caratterizzata delle opere viscontee, così subisce i in parte la. sorte diminutiva dei fac-simili cinematografici delle opere letterarie, i quali danno soprattutto la voglia, nel caso migliore, di leggere il libro. Non è nemmeno sicuro che lo spettatore non illuminato dal testo riesca a raccapezzare i sensi riposti, i profondi perché di una vicenda che pur si snoda in maniera semplicissima e addirittura cronachistica, e nella cui condotta, cosi bene graduata, si avverte la mano di un eccellente architetto di spettacoli. E c'è persino pericolo che i più rozzi scambino per imbecillità l'indifferenza, qui quasi tutta livellata, con cui il limpido, tenero e simpatico Marcello Mastroianni, a forza di ripetere «Per me fa lo stesso » finisce col lasciare la testa sotto la ghigliottina, respinto prima il soccorso del prete che avrebbe voluto introdurlo in una dimensione non sua. Richiamata brevemente, è la storia di un francese d'Algeri, piccolo impiegato, che conduce la desolata vita dell'uomo comune, ma sotto il segno di un'imperiosa sincerità. Il giorno che gli muore la madre, da lui lasciata andare all'ospizio di mendicità, sente soprattutto il caldo che picchia implacabile; e il giorno dopo va con la sua amante Maria a vedere un film con Fernandel e poi a letto. Egli non fa che lasciare documenti della propria insensibilità, i quali poi serviranno benissimo al processo, per stringerlo nella morsa. Le sue stesse simpatie e tenerezze, che in genere vanno ai derelitti (il vecchietto col suo cane rognoso), sono come censurate da un austero pudore. Un uomo di questa sorta, che fa l'amore con Maria dicendole di non essere sicuro di amarla, e che se mai propenderebbe per il no, è disponibile per tutte le trappole sociali. Coinvolto passivamente nella querelle che il suo vicino Raymond, un lenone, ha con un'araba e coi suoi fratelli, trovandosi casualmente in mano una pistola ne uccide uno con cinque colpi, mettendo riflessivamente spazio tra il primo e gli altri quattro. Dirà poi che un riflesso di sole balenante sul coltello dell'arabo, lo ha automaticamente indotto al primo sparo. Ma per gli altri? Qui è il mistero dell'uo¬ mo, che il film appena lambisce. Presidente, pubblico ministero e giurati, hanno buon gioco contro l'imputato: tutte le testimonianze, anche quella della buona Maria, danneggiano la sua posizione. Mentre si scatenano i tromboni dell'accusa e della difesa, e la società liquida in fretta il figlio insen¬ sibile e il gelido assassino, Mersault ha tanto acquistato di sincerità interiore da rendersi totalmente irrangiungibile, straniero. Il suo volto bianco, isolato Marcello Mastroianni ed Arma Karina interpreti del film «Lo straniero» (Tel. AiP.) brechtianamente nell'oscura cella, mentre il condannato aspetta l'ora dell'esecuzione, è .anche il tocco più luminoso del film, esprime quella intrepida sensazione di solitudine che è la « costante » poetica del personaggio, e che nelle altre parti del film bisogna integrare coi ricordi della lettura. Visconti, intricatosi un po' con le sue stesse mani, non ha dunque colpito pienamente il segno, slittando, specie nell'episodio culminante del processo, verso quel forbito cinema di comproduzione (qui è italo-franco-algerina, e nel cast sfoggia, con Mastroianni, Anna Karina, George Wilson, Bernard Blier, Jacques Herlin e George Geret) che suole andare da sé, su lubrificate rotelle. In altre pagine invece (e ricorderemo la veglia funebre della madre, l'incontro coll'arabo, la scena del parlatorio e le ultime immagini), l'unghia si sente. Delle sincere inquietudini dell'ultimo cinema jugoslavo ha poi fatto fede Jutro («Alba») di Purisa Djordjevic, storia di un giovane reduce della guerra appena finita, che scopre, in sé, negli altri e nella natura stessa, le difficoltà, per cosi dire, di una pace vera. L'opera è interessante perché testimonia uno stato d'animo di delusione) ideologica, di data molto più recente che non sia quella indicata dal film. Ma pur tra pagine felici anche si avverte la tendenza, che non è del cinema di Belgrado soltanto, a impreziosire di toni intellettualistici o di audacie un po' accattate dalle diverse «nouvelles vagues», una materia che si presenta con un suo fondo di sofferta e nuda severità. Leo Pestelli

Luoghi citati: Algeri, Belgrado, Venezia