Il festival di Lucerna ha reso omaggio al musicista Schoeck

Il festival di Lucerna ha reso omaggio al musicista Schoeck Il festival di Lucerna ha reso omaggio al musicista Schoeck Con l'opera «Il pescatore e sua moglie» Vos/ro tcrviriù 'pafiicofòi i Lucerna, lunedì mattina. Il nome di Othmar Schoeck, operoso compositore elvetico della generazione dell'Ottanta, risuona pressoché sconosciuto in Italia. Nei cartelloni dei nostri teatri non è mai apparsa alcuna delle sue sette opere teatrali, spazianti da una Massimilla Doni, di estrazione balzachiana, ad una Pentesilea su testo di Kleist; e, solo raramente, qualche cantatrice straniera ha recato nei nostri concerti un'eco della copiosissima produzione vocale di Schoeck, che ammonta ad oltre quattrocento Lieder, nei quali il musicista — sull'esempio dei suoi insigni predecessori — ha fatto ricorso agli spiriti magni della poesia romanti- ca tedesca, da Goethe, ad Eichendorff, a Lenau. Artista, dunque, di tipica impronta tardo-romantica, inoltratosi in pieno Novecento: il che spiega come, nella stessa Svizzera, un tempo ospitalissima verso i lavori di Schoeck, l'evolversi del tempo e del costume abbia condotto ad una sensibile rarefazione nell'interesse verso il musicista conterraneo. Othmar Schoeck era venuto al mondo nella pittoresca Brunnen, sul lago dei Quattro Cantoni, culla della libertà svizzera: e, quale atto di omaggio e di riparazione, ricorrendo il decennale della morte, il festival della contigua Lucerna ha dedicato alla memoria di Schoeck una esecuzione della sua cantata drammatica II pescatore e sua moglie, su testo del poeta Runge, da una fiaba dei fratelli Grimm. Dalle lontananze delle letture infantili emergono nella memoria i lineamenti di quella fiaba, intesa a prospettare le conseguenze dell'incontentabilità umana. Un bel giorno, un povero pescatore cattura un grosso rombo; ma, appreso che le sembianze del pesce celano un principe dotato di facoltà magiche, il pescatore restituisce la sua preda alla libertà delle acque marine. Della circostanza approfitta Ilsebill, la moglie del pescatore: essa induce il marito a chiedere al taumaturgico pesce un'incalzante serie di doni e di investiture. Dapprima una linda casetta, poi un massiccio castello, indi le successive dignità di re, di imperatore, di papa. Il buon pesce soddisfa ad una ad una le domande dell'insaziabile donna, trasmesse dal riluttante marito, ma all'ultima richiesta — alla stregua di Nabucodònosor, essa vorrebbe trasformarsi addirittura nel Signore Iddio — ha uno scatto di ribellione e di sdegno, ritira tutti 1 suoi doni e condanna la coppia a vivere nuovamente in gran miseria, nello squallido abituro di Pissputt. Il librettista ha suddiviso in sette brevi quadri i colloqui tra marito e moglie, inserendovi sei intermezzi, con i relativi appelli del pescatore al pesce miracoloso; ed ha fatto uso del Plattdeutsch, cioè di un dialetto tedesco, affine all'olandese, g. pi.

Persone citate: Goethe, Grimm, Massimilla, Runge

Luoghi citati: Eichendorff, Italia