Il successo della calzatura italiana nel Salone inaugurato a Vigevano di Giorgio Lunt

Il successo della calzatura italiana nel Salone inaugurato a Vigevano La rassegna annuale aperta dal ministro Trentèlimi! Il successo della calzatura italiana nel Salone inaugurato a Vigevano Presenti circa 500 espositori; una cinquantina le industrie straniere - Lo scorso anno abbiamo esportato oltre 88 milioni e mezzo di paia di scarpe per un valore di 160 miliardi e 121 milioni - La nuova moda primavera-estate 1968 (Dal nostro invialo speciale) Vigevano, 30 agosto. Una piazza di Vigevano — la più ampia, dove sorge il palazzo delle esposizioni — è intitolata al « calzolaio d'Italia ». Un'iniziativa che non deve stupire il forestiero, dal momento che tutta la popolazione attiva della cittadina — oltre 65 mila anime — lavora nel migliaio di aziende calzaturiere del circondario e a Vigevano affluiscono ogni giorno, dai centri viciniori, 4-5 mila operai « pendolari ». Altrettanto logico che la « capitale della scarpa italiana » organizzi annualmente un « Salone internazionale della calzatura » e cerchi di svilupparlo e valorizzarlo. La 31" edizione del « Salone » è stata inaugurata stamane dal ministro Tremelloni, in rappresentanza del governo. Lo hanno accolto il presidente della rassegna, ing. Torello Puccini, le autorità e gli esponenti della « Pro Loco », alla quale è stata affidata l'organizzazione della mostra con la collaborazione della Civica amministrazione, della Giunta provinciale, della Camera di Commercio di Pavia e di altri Enti. Non è esagerato affermare che in tutto il mondo civile si cammina oggi con scarpe italiane. Lo dimostrano le cifre dell'esportazione. Nel 1951, erano state spedite all'estero 302.288 paia di scarpe, per un valore di 905 milioni. Cinque anni dopo, il numero di paia era già salito a 1.704.367, corrispondenti a 4 miliardi e 717 milioni. Nel 1960, varcarono i confini della penisola 27.684.601 paia di scarpe, equivalenti a 61 miliardi 219 milioni. L'ascesa è continuata con ritmo sempre più intenso, fino a raggiungere nel 1966 la cifra di 88.600.520 paia e un valore di 160 miliardi e 121 milioni. Le prospettive per quest'anno sono ottime, poiché nel solo mese di gennaio sono state esportate 11.543.882 paia di scarpe (19 miliardi e 874 milioni di lire) contro i 9.805.236 paia nello stesso periodo del 1966. L'importanza del settore calzaturiero per la bilancia commerciale è tanto più notevole, in quanto i dati surriferiti riguardano esclusivamente le scarpe di cuoio, senza tener conto di quelle confezionate con prodotti « misti » e di quelle destinate al consumo interno. Nei trecento « stands » del Salone, circa 500 espositori — tra cui una cinquantina di industrie straniere, che rappresentano i Paesi più progrediti dell'Europa, dalla Svezia alla Cecoslovacchia, dall'Inghilterra alla Francia, Belgio, Svizzera, Germania, e con la partecipazione degli Stati Uniti — presentano le « novità » che nel campo della calzatura segneranno la moda della primavera-estate 1968. E' proprio il caso di dire che se ne vedono di tutti i colori e di tutte le fogge. I modellisti si sono sbizzarriti nell'ideare scarpe femminili che rievocano i calzari degli antichi romani, scarpette che si potrebbero scambiare per modellini di automobili da corsa. Ai quattro lati spiccano, infatti, rotelle ornamentali e qualcuna ha anche un rettangolino disponibile per stamparvi il numero di targa della propria macchina. Una semplice civetteria, o una larvata insinuazione di smemoratezza per le donne che siedono al volante? Difficile individuare una nuova (( moda », in queste rassegne. La linea preferita dalla maggior parte dei calzaturieri italiani è quella cosiddetta « cammello », perché ha due gobbe come la cavalcatura del deserto: una sul collo del piede, l'altra sulla punta. Una forma già in voga da tempo, ma che tende ad esasperarsi (non sappiamo con quale vantaggio per la grazia muliebre). Punte larghe o addirittura larghissime, tacchi a « colonna », un senso di massiccio che i colori vivacissimi e gli estrosi accoppiamenti di tinte riescono in parte ad attenuare. Lo stesso discorso vale per le calzature maschili, molte delle quali sembrano destinate a scalatori. Pesanti, con suole spesse un dito, rabescate o adorne di frange e fibbie. E' opportuno precisare che le scarpe classiche, raffinate, affusolate non mancano negli « stands » del Salone. In mezzo all'imperversare di « scarponi », fanno un po' la figura delle cenerentole ma finiscono per ricordarci che la moda è una questione personale: ognuno è libero di adottare quella più adatta alla sua persona. In passato, le scarpe nasce-1 vano dalle mani dell'artigiano, come gli abiti confezionati su misura. Il progresso, | la tecnica e la necessità di affrontare la concorrenza han-1 no decretato la quasi totale j scomparsa del calzolaio di un j tempo. Al martello, al trincetto e allo spago impeciato si sono sostituite le macchine. Le scarpe escono dalle fabbriche a migliaia, decine di migliaia al giorno, come fossero caramelle o bulloni. Si considerano aziende artigiane quelle che occupano un centinaio di operai, le altre sono tutte industrie di vaste proporzioni. E' per questo che buona parie dei 20 mila metri quadrati del « Salone internazionale » di Vigevano è dedicata all'esposizione dei macchinari e di tutte le « voci » merceologiche che hanno qualche affinità con le calzature, compresa la concia e l'industria della gomma, presente per la prima volta alla rassegna. Le macchine moltiplicano la produzione, tuttavia richiedono tecnici e operai specializzati. Mancava in Italia una scuola capace di istruire maestranze qualificate nel campo della calzatura. E' sorta a Vigevano, per iniziativa del locale istituto professionale di Stato per l'industria e l'artigianato. Ai due corsi istituiti quest'anno — per addetti al taglio delle tomaie e per l'orlatura delle medesime — se ne affiancherà uno per modellisti. A corollario del Salone — che chiuderà i battenti il 5 settembre, per cedere il posto a quello analogo, che si svolge a Firenze — sono in programma convegni, un premio giornalistico indetto dal « Lions Club » di Vigevano, la proclamazione dei vincitori del premio di pittura « Italnord 1967 ». Le opere in lizza sono state oltre cento, al primo posto la giurìa ha classificato il ferrarese Giovanni De Stefani per l'opera « Il ciabattino ». Giorgio Lunt * Una graziosa hostess di Vigevano indossa un nuovo modello di scarpette per l'auto

Persone citate: Giovanni De Stefani, Torello Puccini