Per gli italiani soltanto posti d'onore

Per gli italiani soltanto posti d'onore Serata di speranze e di delusioni ad Amsterdam Per gli italiani soltanto posti d'onore Oltre al secondo posto di Beghetto, i nostri velocisti hanno ottenuto il terzo ed il quarto con Damiano e Maspes - Inseguimento: TUrss, T Italia - Sorprendente piazzamento di De Lillo, 30 nella corsa dietro motori (Dal nostro inviato speciale; Amsterdam, 29 agosto. I Campionati del mondo su pista sono finiti male per noi, nella velocità professionisti, dove eravamo riuscito a piazzare in semifinale ben tre azzurri contro un solo belga, siamo stati sconfitti ed in modo così chiaro e lampante da rendere proprio inutili le discussioni. Oggi pomeriggio, nelle ore della vigili?, come spesso succede in occasioni del genere, avevano preso a circolare voci di più o meno evidente combines che, nauralmente, avrebbero dovuto ancor facilitare la nostra affermazione. Ma è bastato che i velocisti comparissero in scena per convincersi che, di combines, stavolta, davvero non era il caso di parlare. In semifinale, Sercu era opposto a Maspes. Un Maspes, che, a trentacinque anni tentava coraggiosamente la conquista dell'ottavo titolo iridato e che si trovava sulla sua strada proprio quel Sercu, che, due stagioni or sono, a San Sebastiano aveva concluso in maniera burrascdsa il duello con il milanese. Maspes, fino a ieri, non aveva nascosto la sua assoluta fiducia. Ma una cosa è parlare a vanvera, ed un'altra cosa è la realtà. I ventitré anni di Sercu avevano facilmente battaglia vinta ed il belga, superato l'ostacolo forse con minore pericolo di quanto avesse creduto, doveva Incontrare nelle due prove risolutive, Beghetto, che, dal canto suo, si era sbarazzato di Damiano. Credevamo, con sincerità, che l'azzurro avesse il trionfo a portata di mano. Invece le due « manches » inquadravano quasi con crudeltà una realtà nuova, una realtà che presenta Sercu come il più forte sprinter attuale. Nella prima prova, il belga cercava di far partire Beghetto che non abboccava. Però, quando l'azzurro si lanciava, Sercu lo tallonava da vicino per superarlo, sia pure d'un soffio, sulla linea del traguardo. Le nostre speranze restavano così attaccate ad un filo molto tenue. E Sercu tagliava questo filo nella seconda prova. Beghetto, dopo due « surplaces » cercava l'azione di sorpresa. Scattava presto, alla campana. Sercu si scatenava nella caccia. I due piombavano sul rettilineo conclusivo con Beghetto ancora avanti, il nostro velocista forse sbagliava a dar una sbirciatina all'indietro. Comunque, sbirciatina o no, Sercu coronava il suo inseguimento, sfrecciando primo sul traguardo. Niente da fare e niente da dire. Beghetto riconosceva leal- mente la superiorità del suo avversario. Mormorava: « Oggi non ero io, oggi non mi sono sentito in giornata ». Tutto qui. Per nostra sfortuna, in giornata e come, s'è trovato Sercu, che ha pienamente meritato la maglia iridata, infliggendoci una di quelle lezioni di modestia, che di tanto in tanto, bruciano la pelle, ma fanno bene. Primo Sercu, dunque, e secondo Beghetto. Terzo Damiano, senza colpo ferire, dal momento che Maspes ha denunciato un improvviso e strano malore e non si è più presentato in pista per le due regolamentari «mancttes» appunto valide per il terzo e quarto posto. Gli altri due titoli della riunione conclusiva sono toccati all'Unione Sovietica (inseguimento dilettanti a squadre) e al belga Proost (mezzofondo professionisti). Per quanto riguarda l'inseguimento a squadre, gli azzurri hanno strappato il secondo posto, ma il piazzamento sa un po' di delusione, visto che la formazione italiana (composta da Chemello, Roncaglia, Pancino e Castello) raccoglieva alla vigilia il pressoché unanime favore dei pronostici. Ad essere sinceri, come il torneo s'andava sviluppando, s'era avuta l'impressione che il compito del nostro quartetto sarebbe stato ben più duro di quanto in genere si credesse; pure ci siamo affacciati alla serata conclusiva con la fiducia che la perfetta preparazione degli atleti, curati in modo particolare da Guido Costa, riuscisse ad imporsi. E perciò la sconfìtta cparsa più dura da incassare. La sorte, in principio, ci ha sorriso. Nelle semifinali, infatti, la compagine italiana ha vinto senza dover faticare troppo contro una Germania Occidentale che perdeva per foratura, quasi subito dopo il via, uno dei suoi atleti. Ed intanto l'Unione Sovietica sudava non poco, nell'altra semifinale, per imporsi alla Cecoslovacchia. Nel match per il titolo, quindi, Unione Sovietica contro Italia. La Russia partiva di slancio e conquistava un leggerissimo vantaggio che manteneva per alcuni giri. Poi gli azzurri stringevano i denti, si portavan a poco a poco alla pari, persino davano l'impressione per circa mezzo giro di condurre la corsa. I sovietici riprendeva¬ no però il sopravvento. D'un nulla, centesimi di secondi, la partita restava aperta e ci si preparava ad assistere ad una conclusione incande- scente, nella quale la mag-1 gior «grinta» dell'Italia avrebbe potuto imporsi. Invece, capitava l'imprevedibile. A due girl dallo stop, Pancino, di colpo, cedeva. Ur- lava per avvisare i suoi com¬ pagni d'equipe, che, nello stadio gremito di folla vociante, non udivano l'urlo. Così Castello, che era al comando del quartetto, dando il cambio prendeva per così dire le solite misure, lasciava cioè lo spazio per lasciar passare tre azzurri. Ce n'erano due soltanto e Castello perciò restava indietro di qualche metro. Il gioco perfetto della squadra di Costa si rompeva, Roncaglia e Chemello erano costretti a frenare -il ritmo per permettere a Castello di riprenderli (bisogna, per regolamento, finir la corsa almeno in tre). Era l'addio ad un sogno. L'Unione Sovietica pigiava sui pedali verso l'ormai certo trionfo. A noi, il secondo posto, alla Germania Occidentale il- terzo, alla Cecoslovacchia il quarto. Pancino spiegava il suo cedimento: atroci crampi alle gambe; aveva resistito fin quando gli era stato possibile, poi era stato costretto a cedere. E così, la « macchina » perfetta del nostro quartetto s'era inceppata.... Una soddisfazione del tutto inattesa ci è venuta invece dal mezzofondo professionisti, grazie a De Lillo che ha conquistato un brillantissimo terzo posto. La gara è stata molto bella, avvincente dal primo all'ultimo dei cento chilometri ed il pubblico si è appassionato alla condotta spregiudicata ed intelligente dell'azzurro. Tanta è l'abitudine — tra gli stayers — di veder gli italiani in pos.i di scarsissimo rilievo, che .la corsa di De-Lillo ha suscitato un vero sbalordimento. La maglia iridata è stata vestita dal belga Proost, seguito dal suo connazionale De Loof; ma gli onori ed il piacere di un'ovazione immensa sono toccati proprio a De Lillo, che ha finito la prova con soltanto 160 metri di distacco da Proost ed una cinquantina di metri di distacco da De Loof. Gigi Boccacini Sercu alza il braccio in segno di vittoria dopo aver battuto Maspes in semifinale: lo sguardo dell'italiano esprime la disillusione di un grande atleta al tramonto