Sardegna insoddisfatta di Gigi Ghirotti

Sardegna insoddisfatta Cerchiamo di chiarire il fenomeno del banditismo Sardegna insoddisfatta Lo Stato ha speso miliardi in opere pubbliche, ma non sempre con discernimento - Ad esempio, sono state costruite dighe gigantesche, tuttavia le campagne e le città soffrono ancora la sete - Terminata la stagione turistica, l'isola ripiomba nel silenzio - Le industrie promesse non sono arrivate, i disoccupati sono 30 mila, gli emigrati 200 mila - Perché non si è ammesso un minimo di partecipazione critica dal basso? (Dal nostro inviato speciale) Nuoro, 28 agosto. L'attacchino incolla sui muri il manifesto con l'ultimo ritratto della galleria dei ricercati: stavolta è Giovanni Pirari, anni ventuno, dieci milioni di taglia, due agenti ammazzati e uno ferito. Soltanto ad Orgosolo mancano, alle cantonate, questi manifesti che in tutta l'isola sono affìssi. Domandai perché, per esempio, non si vede il ritratto di Graziano Mesina, il superman della Barbagia, nativo proprio di quel paese. «A noi Mesina non ha fatto nulla di male, i manifesti li abbiamo stracciati », risposero. Dunque: sequestro di persona, uccisione di agenti, evasioni aggravate non costituiscono reato, in Barbagia, ma la materia prima d'una sinistra epopea. Un anno fa in Sardegna s'invocavano le leggi eccezionali. Arrivarono i «baschi blu», con l'aria di voler pigliare d'assalto questo nostro piccolo Vietnam pastorale. Ora, l'isola rimpiange le pazienti virtù del maresciallo dei carabinieri. E' un momento di rimpianti amari per l'isola. Non si capisce più se queste vampe di ribellione siano lo strascico d'un passato che sta per chiudersi o l'annuncio di un avvenire ancora più sanguinoso. Un mese fa il presidente della Regione, onorevole Giovanni Del Rio, chiese i microfoni della Raitv per un messaggio ai sardi; li voleva informare delle condizioni dell'isola, delle speranze deluse, delle promesse andate in fumo. I microfoni gli furono rifiutati, la Sardegna l'indomani scese in sciopero e da tutti i suoi trecentocinquan.ta Consigli comunali si levò unanime là protesta per questo sgàrbo. . Non . è poi che Giovanni Del Rio avesse in animo di dichiarar guerra all'Italia, voleva semplicemente invitare lo Stato al dialogo, presentare la lista delle «contestazioni». Il tono era dignitoso, come sono i sardi in tutte le loro cose. Forse anche troppo, e lo si vede anche nel turismo. Di che si lamentano i sardi? Lo Stato presenta una nota favolosa di opere pubbliche, un conto iperbolico di miliardi spesi nella speranza di trascinare l'isola fuori del suo secolare abbandono. A Nuoro c'è una prefettura di dimensioni spropositate, potrebbe contenere un ministero. Il nuovo carcere, quando sarà terminato, potrà ospitare lestofanti a centinaia, e ciascuno con acqua calda e fredda nelle celle. E' bene che i ribaldi, almeno in carcere, imparino l'igiene; peccato che questo vantaggio sia riservato a loro; in una città come Nuoro, l'acqua a tutte le ore ce l'ha solo l'albergo Jolly. Volando sull'isola si vedono bellissimi nastri d'asfalto, strade e superstrade semideserte che corrono sul deserto giallastro dell'altopiano, acceso qua e là dei falò delle stoppie. Da Nuoro a Macomer, e da Nuoro ad Abbasanta le strade sono due, entrambe splendide, hanno solo il difetto di correre per un buon tratto quasi parallele. E' bene che si sian prese le misure larghe, tra un paio di generazioni anche in Sardegna queste strade appariranno insufficienti. E' bene che gli enti di Stato gareggino tra loro, ma se si scambiassero le idee, l'Anas eviterebbe di fare le strade in concorrenza con la Cassa per il Mezzogiorno, e viceversa. Le dighe costruite in questi anni in Sardegna sono, in verità, capolavori della tecnica: si riveleranno utilissime, non appena si troveranno i milioni per l'induzione dell'acqua dai bacini alla campagna, ai paesi e alle città. Per ora la Sardegna è ancora assetata e riarsa. Non occorre essere esperti di bilancio per avvertire in queste cose un senso di megalomania con- j fusa e un po' ottusa, una j voluttà di spreco, un esibì-1 zionismo di potere vano e j spropositato. La Regione, per parte sua, ha pure i suoi torti. Nata vent'anni or sono nel i spsabscsmzlttscgdsqnmsrqasdsdlptcdi«nDemcpcma j j 1 j i segno delle rivendicazioni popolari e secolari di questa terra, troppo a lungo abbandonata, compilò i suoi bilanci come un immenso sudario, steso sull'isola a confortarla di tutti i torti subiti. Poiché i torti erano molti, il sudario fu sminuzzato in centomila brandelli. Sotto forma di contributi, l'Ente regionale ha finito per aiutare tutti, e per scontentare tutti. La politica della contestazione, inau: gurata dalla, nuova classe dirigènte sarda, non investe soltanto lo Stato, ma tutto quel che in questi vent'anni s'è fatto o non fatto o malfatto nell'isola. La pecora, con il suo insistente belare, sembrava un richiamo al passato, e da questo passato la Sardegna aveva gran voglia di liberarsi in fretta. Ci fu la febbre dell'industrializzazione. L'isola dei nuraghi sarebbe dovuta diventare l'isola delle ciminiere, il belato della pecora sarebbe stato coperto dallo strepito delle macchine. Poi venne la febbre del turismo: l'isola si cinse i fianchi con alberghi da « dolce vita », ville con piscina e strade panoramiche. Deserti gli alberghi, le ville e le strade per sette-otto mesi all'anno. Ora si placa la grande cuccagna dell'estate, l'isola ripiomba nel suo silenzio. Il cielo è sempre puro, le ciminiere promesse non sono arrivate. I disoccupati sono trentamila, gli emigrati duecentomila. Liberati dalla malaria, i sardi stanno crescendo in statura, ma il loro reddito individuale rimane sempre, tra i più bassi d'Italia. Uno dei dati più inquietanti del fenomeno brigantesco che ora insanguina la Sardegna è che nel periodo tra il 1918 e il 1922 non si ebbero omicidi né grassazioni. I reduci della prima guerra mondiale avevano ricevuto in trincea la promessa che, con la pace, avrebbero avuto la terra. La terra non venne. Venne Mussolini che faceva fucilare in piazza i briganti: dopo di che, per vent'anni, del brigantaggio non se ne parlò più. Sui giornali. La malapianta ricrebbe, perché l'orto restava quello di sempre: una pietraia deserta che l'ortolano si rifiutava di coltivare. In questi vent'anni, l'isola è stata corsa da miriadi di volonterosi ortolani. I notabili di tutti i partiti hanno trasformato la Sardegna in un campo sperimentale per le loro esibizioni di potere. Ora la nuova classe politica sarda ha dato il congedo ai notabili, e propone uno stile nuovo, un ripensamento generale di tutti i piani e le proposte. E' difficile, in vent'anni, dissolvere una realtà economica e sociale che rimane inchiodata alla rude dialettica delle rupi e delle foreste, dell'acqua che manca e dei bisogni che crescono. L'aria è tesa e dramma¬ tica, nell'isola: vi si sente un'acre insoddisfazione per le troppe chiacchiere seminate al vento, per le opere lasciate a metà o calate dall'alto del paternalismo di Stato, senza un mimmo di partecipazione critica dal basso. La « contestazione » è un'arma pacifica per dialogare senza scodinzolare. Uomini di virtù ferrigne, i sardi non sono tagliati per le virtù morbide che il tempo richiede. Non vogliono essere costretti tutti a portare le valigie nelle spiagge dell'Aga Khan. Era meglio lasciarlo parlare, l'onorevole Del Rio. Forse ci si sarebbe risparmiata quest'altra contestazione che adesso il brigante muove all'intera so: cietà dall'alto del Gennargentu. Gigi Ghirotti Un posto osservazione istituito carabinieri sulle montagne nella zona di Orgosolo (Telefoto)

Persone citate: Aga Khan, Del Rio, Giovanni Del Rio, Giovanni Pirari, Graziano Mesina, Mesina, Mussolini