Intervista a Casablanca con i capi dell'opposizione al re

Intervista a Casablanca con i capi dell'opposizione al re PROFONDI CONTRASTI IN MAROCCO SOTTO UNA CALMA APPARENTE Intervista a Casablanca con i capi dell'opposizione al re Sono i sindacalisti di un movimento operaio che vuole rovesciare il regime - Panarabi ed estremisti, essi seguono la linea algerina e parecchi dirigenti sono finiti in carcere - Sono anche fanatici avversari di Israele - Nei giorni della guerra hanno provocato moti di piazza contro i settantamila ebrei residenti nel Paese, ma il re ha impedito le peggiori violenze - Oggi questi sindacati minacciano scioperi e boicottaggi contro le aziende che hanno dipendenti ebrei - A poco a poco, gli israeliti vengono allontanati dai loro posti di lavoro e costretti a emigrare (Dal nostro inviato speciale) Casablanca, agosto. Il cuore della sinistra marocchina è a Casablanca, nella sede centrale della U.M.T., movimento sindacale dei lavoratori. E' un bianco e fastoso palazzo poco distante dai grandi alberghi del centro, costruito senza badare a spese quando evidentemente i sindacati erano nelle simpatie del governo. Ora le cose sono cambiate. Molti capi del movimento, compreso il segretario generale, sono finiti in prigione e se il re non cambiera idea ci resteranno per un pezzo. Da un mese, dopo l'ondata di arresti e perquisizioni, la U.M.T. è paralizzata e sotto stretta sorveglianza. Non è consigliabile telefonare per un appuntamento perché la linea, dicono, è controllata. E sembra che. fra i diseredati accovacciati sulla gradinata d'ingresso nella rassegnata attesa di un posto, vi siano parecchi poliziotti travestiti. Comunque entro senza che succeda niente e la sola difficoltà è di trovare qualcuno. I corridoi del palazzo sono deserti, molte porte sbarrate, in un'atmosfera di abbandono. All'ottavo piano finalmente gli uffici funzionano: i superstiti funzionari della U.M.T. di Casablanca sono lì tutti al lavoro. Lo scopo dell'intervista è di conoscere l'altra realtà del Marocco, paese in apparenza disciplinato, tranquillo, devoto al suo re, ma scosso nel profondo da violente inquietudini. La persecuzione degli ebrei marocchini, nell'esplosione di odio contro Israele, ha provocato disordini e una catena di dure reazioni politiche. Ci sono stati morti, scioperi, clamorosi processi. La rottura fra il governo e l'opposizione di sinistra ha raggiunto un limite pericoloso. Il giovane dirigente che mi riceve non sembra tuttavia preoccupato di esporsi. Lavora da undici anni nel movimento sindacale di Casablanca, la grande città industriale del Marocco. Ha viaggiato molto, da Pechino a Mosca, è stato parecchie volte anche in Italia. Si informa con discrezione se qualcuno mi ha intercettato all'ingresso, poi rapido e sicuro comincia a parlare. « La U.M.T., Union Marocalne du Travail, ha seicentomila iscritti, in pratica tutti i lavoratori delle città e molti delle campagne. Non facciamo discriminazioni politiche, ma naturalmente la grande maggioranza è di sinistra. Io sono socialista e -democratico. Da quando il re ha sospeso il Parlamento, tutti i partiti si sono trovati in difficoltà e la U.M.T. è rimasta la sola forza di opposizione organizzata. Il nostro programma è sindacale e anche politico. Chiediamo profonde riforme sociali che sollevino il Marocco dalla miseria e un governo democratico regolarmente eletto. Siamo contro gli imperialisti americani, i sionisti, tutti coloro che vogliono la rovina dei popoli arabi. Per questa ragione combattiamo adesso anche gli ebrei del nostro paese ». « Gli ebrei marocchini — domando — non sono lavoratori come voi? ». La risposta arriva dopo un attimo di silenzio. « Il Marocco non è razzista. Quando era un protettorato francese, fu il solo paese che si rifiutò di consegnare gli ebrei al governo di Vichy, salvandoli quindi dalla deportazione. Per molti anni gli ebrei perseguitati in Europa, soprattutto in Spagna, si sono rifugiati in Marocco. Ora, con la guerra di Israele, abbiamo chiesto che venissero mandati via dalle amministrazioni e dalle fabbriche lasciando il posto ai patrioti arabi. Ma il governo si è opposto ». n Come socialista e democratico non trova normale che il governo protegga i diritti di tutti i cittadini, senza distinzioni di religione e di razza? ». « Si tratta di elementi antinazionali. Del resto al governo non importa niente degli ebrei, è stato solo un pretesto per attaccarci a fondo. Il nostro leader Manjub Ben Sedik, l'uomo più popolare del Marocco, mandò un telegramma al re per denunziare la complicità dello Stato con i sionisti. Per quel telegramma Ben Sedik è stato arrestato e condannato a diciotto mesi di carcere ». «Come ha reagito la U.M.T. all'arresto del suo leader? ». « Con uno sciopero generale durato quattro giorni. La polizia ha fatto riprendere il lavoro con i mitra puntati. Il governo aveva militarizzato i lavoratori e dovevamo cedere, altrimenti avrebbero liquidato il sindacato. Decine e decine di nostri dirigenti sono in carcere, subiamo ogni giorno perquisizioni e sequestri. Siamo decisi a resistere perché la fine della U.M.T. significherebbe il crollo dei partiti di sinistra in Marocco ». Manjub Ben Sedik intanto ha interposto appello per una revisione della condanna. La sua sorte è nelle mani del re. La campagna degli oppositori, di sinistra e di destra, contro gli ebrei marocchini è servita solo a rafforzare il governo. « Questo abominevole razzismo, no! » ha detto uno dei ministri del re, firmando gli ordini di arresto. Una bella figura e un buon affare polìtico. Gli ebrei in Marocco sono circa settantamila, ma moltissimi se ne vanno. Alcuni ebrei italiani di Tangeri, e anche molti marocchini, sono emigrati in Sud America. Non hanno potuto portare via niente, né soldi né mobili, ma si pensa che i permessi arriveranno. Nei giorni tumultuosi della guerra con Israele cinque ebrei vennero uccisi, tre a Meknes e due a Casablanca. La polizia si mosse subito e, a differenza degli altri paesi del Nord Africa, in Marocco non vi sono stati né incendi né devastazioni. In alcune città non è successo niente, ma la pressione degli estremisti filo-algerini e dei nazionalisti di destra ha creato dovunque un clima difficile. « Qui a Rabat — mi racconta una signora italiana — c'erano gruppi di giovani davanti ai negozi ebrei e minacciavano chi entrava. Poi la polizia li ha dispersi ». Il pomeriggio faccio un giro nella « mellah », il piccolo quartiere ebreo di Rabat. Tutto è tranquillo, i vecchi fumano davanti alle porte, i bambini corrono nei vicoli. Però le botteghe sono quasi deserte, l'effetto delle minacce continua. Più dura la sorte degli 1 impiegati e operai ebrei nei centri industriali. Molte ditte, per non avere storie con il sindacato, li hanno mandati da due mesi « in ferie ». Altre li hanno licenziati subito. Ufficialmente il governo li protegge e si citano casi di professionisti israeliti rimasti tranquillamente ai loro posti di alta responsabilità. Ma i fattorini degli uffici, i manovali dei cantieri sono quelli che hanno pagato per i primi l'accusa di essere quinte colonne e agenti dell'imperialismo. Nessuna fabbrica vuole rischiare per loro sabotaggi e disordini. Silenziosamente li buttano fuori, privandoli di un bene irrecuperabile in un paese ad alta disoccupazione come il Marocco: un salario. Così l'impennata razzista dei sindacati ha finito per colpire i più poveri e Ì7idifesi degli ebrei marocchini. E' il bilancio umiliante di una battaglia politica perduta. Gli arresti a catena degli esponenti della U.M.T. sono stati la reazione ad un'azione demagogica e fanatica. Con tante battaglie sociali ancora da fare, i partiti di opposizione hanno scelto il bersaglio più comodo e ingiusto, i lavoratori ebrei del loro paese. E ora si trovano con i poliziotti del generale Oufkir alla porta, promossi difensori della libertà. Giorgio Fattori » Il Marocco è esteso poco meno d'una volta e mezzo l'Italia (420 mila chilometri quadrati) e conta 13 milioni di abitanti. Indipendente dal 1956, è abitato da una popolazione di origine araba e da una minoranza bèrbera, discendente degli antichi libici e mauritani Il territorio, tranne una ristretta fascia costiera, è arido e montuoso, poco favorevole all'agricoltura. Il sottosuolo possiede ricchi giacimenti di ferro e fosfati. Recentemente è stato scoperto del petrolio

Persone citate: Giorgio Fattori