Una casetta in Canada di Luciano Curino

Una casetta in Canada TORONTO, LA METROPOLI PIÙ RICCA E DINAMICA DELLA NAZIONE Una casetta in Canada II sogno degli emigranti, accorsi da tutto il mondo in questo Paese immenso e fertile, è diventato per molti una realtà - II Canada ha oggi il maggior reddito individuale dopo gli Stati Uniti - Ma il benessere è una conquista difficile e dura - A Toronto, città che si è sviluppata in modo vertiginoso proprio per l'afflusso degli emigranti, la gente lavora con un ritmo frenetico, ossessionante, fra una concorrenza spietata, con negozi aperti 24 ore su 24 - Spesso qualcuno non «tiene il passo», crolla: l'anno scorso più di mille persone tentarono il suicidio - Il week-end è, per tutti, una necessità - Ogni settimana, il sabato e la domenica, là città si svuota - Due giorni di riposo nelle ville sparse nelle verdi campagne dell'Ontario sono il premio di tante fatiche (Dal nostro inviato speciale) Toronto, agosto. « Mangiamo bene e moriremo grassi » dice la pubblicità di un libro di cucina; nelle vetrine delle banche ci sono cartelli: « Raddoppiate il vostro denaro »; il Governo pubblica manuali che insegnano « come' tenersi in forma ». Sono scoperte che si fanno in un paese prospero e — si pensa — felice. Dopo gli Stati Uniti, è il Canada che ha il più alto standard di vita del mondo. E Toronto è la città canadese dove c'è più ricchezza. Cento anni fa era poco più di un villaggio. Alla fine del secolo ha costruito un palazzo comunale che è costato tre miliardi di lire, ma dopo una cinquantina di anni, sembrandogli quel palazzo vecchio ed insufficiente, Toronto ne ha costruito vn altro da 15 miliardi. Sulla torre di 80 metri del primo « city hall » aveva alzato una campana di oltre cinque tonnellate, che ha suonato la prima volta per salutare il ventesimo secolo alla mezzanotte del 31 dicembre 1899, benché il ventesimo secolo non sarebbe incominciato che un anno dopo. C'è in questo episodio l'impazienza di Toronto di gettarsi in un'epoca nuova, piena di fortuna. Toronto ha quasi due milioni di abitanti. Altrettanti vivono nelle città e cittadine che vi sono nel raggio di 150 chilometri, e che gravitano sulla metropoli. In totale, quattro milioni — un quinto della popolazione canadese — e posseggono un terzo dei capitali del paese. La città è cresciuta vertiginosamente per le leve dell'immigrazione. Erano gli anni della canzone Una casetta nel Canada e la gente lasciava una vita grama, accorreva qui da ogni parte del mondo. Quasi tutti, ora, hanno la casetta; parecchi hanno anche molto dì più. Gli immigrati hanno fatto di Toronto una delle città più cosmopolite. Gli italiani sono 250 mila e hanno un loro quartiere: bisognerà parlare di loro. Vi sono una comunità tedesca e una ucraina assai forti, vi sono duemila famiglie giapponesi. Nell'elenco telefonico trovo che a Toronto, oltre a quelli inglesi e francesi, escono giornali italiani, ungheresi, ebraici, tedeschi, finlandesi, greci, lituani, ucraini, olandesi e jugoslavi. L'espansione è stata folgorante e disordinata: ora la città è forte, grande, potente, ma brutta. Dino"o che si può trovare bella Toronto soltanto guardandola dall'oblò di un aereo che vola a tremila metri. Cose belle ce ne sono: qualche quartiere residenziale della periferia: i parchi ben tenuti e con i cartelli che dicono « Plei.\se, walk on the grass » , se ne avete voglia, prego, camminate sull'erba. Il nuovo palazzo comunale è un capolavoro ed alcuni grattacieli sono impressionanti. Ci sono cose belle, ma è l'insieme che è decisamente brutto. Toronto è ancora alla ricerca di un volto. Città di « lealisti » e « bastione dell'Impero », non vuole rinunciare alle tradizioni britanniche. Ma poi vede la rivale Montreal che costruisce un grattacielo di 40 piani e, gelosa, ne alza uno di 45. E l'influenza degli Stati Uniti (sono a pochi chilometri, sull'altra riva del lago Ontario) è forte. Un po' d'Inghilterra e un po' d'Ameri-a, e poi tutti gli stili pos•bili e impossibili. Accanto ' grattacielo di cemento e cristallo vi è la casa a un piano, di legno e mattoni, mezza in rovina. Una pagoda, una casetta come se ne vedono nei film del West, una villa vittoriana ricoperta d'edera: sono una appog- una delle librerie « aperte 24 ore ». Sullo stesso scaffale ci sono, vicini, il Mein Kampf di Hitler, il fumetto Peanuts e A History of Eroticism. Andiamo in un grande magazzino: dieci piani più quello sottoterra che comunica Con una stazione della Metropolitana. Qualunque cosa si voglia com- lunque cosa si voglia comgiata all'altra. Qua eia ampi | perarei quì c-è- si pu0 acQUÌ. i bbdli Di fn stare una collana di perle pazi abbandonali. Di fron'e. a un supermarket che pare la sede di un ministero, vi sono negozi che sono cubi di mattoni, con la porta e la vetrina, una lamiera ondulata sul tetto piatto. Sopra questa confusione dominano, poderosi come fortezze, i palazzi delle banche. Siamo nella « city », qui batte il cuore di Toronto. Qui c'è la Borsa, superata in importanza solo da quelle di New York e di Londra: Da una galleria''si può vedere il grande mercato del denaro, ed è uno Spettacolo-che stordisce. C'è l'agitazione di un formicaio calpestato. Grida si sovrastano, foglietti corrono di mano in mano, ogni volta che si accendono cifre su un quadro elettronico, esplodono urla. Un affannarsi convulso che ai non iniziati fa temere che la fine del mondo sia per domani. Fuori dal palazzo della Borsa trovo la stessa frenesia. Penso alle città italiane che in questi giorni sono pigre e silenziose. Qui ci sono parchi con panchine che restano vuote, perché nessuno trova dieci minuti per sedersi in un'ombra e distendere i nervi. Un ingegnere di Forlì, immigrato otto anni fa, mi dice: « A Toronto bisogna essere sempre pronti. Se non sei pronti arriva un altro prima di te ». Siamo in Yonge Street, una strada di negozi, ristoranti e cinema spazzata dal vento che soffia dal lago. Migliaia di insegne al neon accese anche adesso che il sole è a picco: alcune annunciano: « Aperto 24 ore ». Ci sono ristoranti che non chiudono mai; ci sono librerie, tabaccherie, negozi dì ogni genere che restano sempre aperti. A qualsiasi ora del giorno o della notte puoi comperare una camicia, un disco, un rotolo fotografico. Entriamo in o un'auto, una pistola, una barca o un pianoforte, si può arredare un appartamento, ci sono vestiti da quattro soldi e pellicce da due milioni, ci sono ristoranti e l'ufficio postale. Giorno e notte tutte le strade del centro sono fervide e nevrasteniche come Yonge Street, ma il sabato e la domenica si svuotano. Morte. Se non hanno locali « 24 ore », niente è aperto. Domenica scorsa, in una strada lunga forse un chilometro, l'unico segno di vita l'ho visto nella vetrina di un ristorante: c'era un acquario e quattro o cinque aragoste si trascinavano. Non una persona in tutta la strada, niente. Quel ristorante era chiuso, ma le luci erano accese nella vetrina e nella sala. Erano le tre del pomeriggio, le luci e le insegne al neon di quella via erano tutte accese, si sarebbe detto che ì proprietari avessero avuto troppa fretta di scappare per pensare a spegnerle. Ed erano soprattutto quelle luci accese che davano angoscia, si aveva paura dì essere in una città abbandonata e in pericolo. « A Toronto — mi dice l'ingegnere di Forlì — quasi tutti lavorano per cinque giorni dalle 9 alle 17, con poco più di mezz'ora d'intervallo per mangiare. E' molto, ma è soprattutto il ritmo del lavoro che logora Se non tieni il passo degli altri, Toronto non fa per te, ma ti schiaccerà come una nocciolina ». Il week end nella bella campagna dell'Ontario serve per rimettere in forma ed essere efficienti per altri cinque giorni. La domenica sola di vacanza non basta, ci vuole anche il sabato. E ogni tanto è necessario un « lungo week end ». Tuttavia questo riposo non ~ è sempre sufficiente. Spesso c'è qualcuno che cede. Racconta l'ingegnere: « Sere fa tornavo a casa in auto e ho visto un assembramento in Park Plaza. C'era sul marciapiede un uomo ancora giovane, morto. Pòco prima era salito al bar di un albergo che è al decimo piano, aveva ordinato un martini. Bevuto, pagato, lasciato la mancia. Poi, calmo, era andato alla finestra e l'aveva scavalcata ». L'anno scorso a Toronto vi sono stati 145 suicidi « accertati», i tentativi di suicidio sono stati quasi mille. Un terzo di questi casi riguardava uomini dai 30 ai 39 anni. «E' incredibile 1— ha commentato il dottor Shulman, coroner capo della città —. Bisognerebbe sapere perché quella gente ha voluto ritirarsi dalla società nel momento preciso di integrarvisi veramente ». Il motivo, forse, è quello di cui si è detto sopra: Toronto è forte, grande e nevrastenica: se sai stare al suo passo ti fa milionario, ma se sei debole ti schiaccia. E poi, è troppo difficile e logorante essere « sempre pronti ». Luciano Curino Una veduta aerea di Toronto, capoluogo della regione dell'Ontario. E' una delle più popolose città del Canada mmiimmiimimimmmiiimmmimim

Persone citate: Hitler, Park Plaza, Shulman, Spesso