Le dolci vacanze dei turisti in Tunisia

Le dolci vacanze dei turisti in Tunisia Le dolci vacanze dei turisti in Tunisia (Dal nostro inviato speciale) Tunisi, agosto. Brutta estate questa, anche per la Tunisia, la peggiore forse da cinque anni a questa parte.'I raccolti sono stati cattivi, le industrie si sviluppano faticosamente, le vecchie risorse minerarie di fosfati e ferro non bastano più ad equilibrare la situazione, quelle nuove come il petrolio non sembrano copiose e sono ancora da sviluppare. Si aspettava a partire da maggio una nuova e più doviziosa pioggia di valuta pregiata da parte dei turisti stranieri, ed in maggio hanno cominciato ad addensarsi altre nubi in Medio Oriente, a levarsi nei paesi arabi (non in questo) grida di guerra, e di sterminio: invece del danaro, è arrivato l'annullamento delle prenotazioni. Si trova troppo facilmente posto negli alberghi: ed è la prima volta dal '62. Cinque anni addietro, sembrò che improvvisamente gli stranieri avessero scoperto l'incanto delle grandi spiagge della costa e delle isole, bruciate dal sole, levigate dal vento infuocato del Sahara. Oltre a quello della natura selvaggia, anche i più distratti visitatori non potevano non sentire il fascino di questo crocevia di civiltà, segnato da Cartagine e da Roma, da Bisanzio e dall'Islam. Qualcuno forse, più raffinato, rileggeva Chateaubriand o Flaubert, Maupassant o Gidc, o rivedeva Klee intento a trarre dal paesaggio tunisino le sue geometrie verde-giallo-ocra. Più prosaicamente, tutti si compiacevano dei prezzi (allora, oggi non sono molto diversi dai nostri) molto bassi. Da cinquantamila nel '62, i turisti stranieri — in prevalenza francesi ed inglesi, tedeschi e scandinavi — salivano a centomila nel '63, a centosettantamila nel '65. Quest'anno si sperava in duecentocinquantamila: non ci si arriverà. Le loro vacanze avevano reso due milioni di dinari nel '62, quasi quattro nel '63, nove nel '65. Quest'anno si contava su tredici milioni: non verranno raggiunti. Tredici milioni di dinari, pari a meno di sedici miliardi di lire (al cambio di milleduecento) possono sembrare pochi, visti dall'Italia o dalla Spagna, ma per quattro milioni e mezzo di tunisini alle prese con tante difficoltà sono molti: equivalgono a quasi un quarto di tutte le loro esportazioni. Arrivare ad un milione di turisti, ad una sessantina di milioni di dinari, costituirebbe il toccasana per l'economia del paese. L'obiettivo può essere raggiunto nel giro di qualche anno. E Burghiba, « Combattente Supremo », si è accinto questa nuova battaglia, resistendo al mito (irresistibile per tutti i sottosviluppati) del colossale negli impianti indù striali, puntando invece sui grandi alberghi che sorgono sempre più numerosi attraverso il paese, da Tunisi a Djerba, da Biserta a Kairouan. Socialismo o no, visto che lo Stato non poteva reggere da solo al passo volutamente rapido, il Presidente, col suo consueto realismo, ha dato via libera, con ogni sorta di agevola zioni, ai privati (ai quali si devono cinquemila dei sette mila nuovi letti dell'anno scorso). Tanto sforzo minaccia ora di esser reso per lungo tempo vano dalla crisi del Medio Oriente. Rinunciando per validissimi motivi alle vacanze in qualsiasi terra araba, il tu rista europeo punisce il paese di Burghiba allo stesso modo di quello di Nasser, Bumedienne o Atassi. E questo non è giusto: non solo per le infinite differenze politiche, sulle quali non insisterò ulterior mente, tra la Tunisia e gli altri Stati, ma anche, e soprattutto, per il diverso atteggiamento e sentimento del popolo Lo straniero che arriva un po' preoccupato all'aeroporto di Tunis-Carthage si accorge subito di essere arrivato in un paese civile. La polizia, onnipresente, ha rare occasioni di intervenire per tutelare perso ne o cose. In microbikini o microgonna, le bionde bellezze nordiche possono aggirarsi per le spiagge e per le strade anche per i vicoli ombrosi dei- si elegge Miss Cartagine e dove si suona, si canta, si balla in italiano.- La serata non è molto diversa da quelle che contemporaneamente devono svolgersi a Riccione, Alassio o Viareggio. Furoreggiano solo canzoni italiane, e soprattutto una che manda evidentemente in visibilio il pubblico e che ad ogni attacco induce i miei accompagnatori a strizzarmi l'occhio sorridendo: « Bisogna saper perdere - bisogna saper pei de re ». Tornino pure numerosi i turisti stranieri sulle arroventate spiagge di Gamarth o di Djcrba. La Tunisia non è un paese da punire fuggendolo: per la saggezza del suo capo, per l'amabilità del suo popolo capace anche di una sorridente autocritici, merita di essere compreso ed appoggiato nel suo travaglio arabo-mediterraneo verso un domani migliore, questo paese che solo il breve tratto di mare tra Capo Bon e la Sicilia divide dall'Italia, e dall'Europa. Giovanni Giovannini UN PAESE CHE SA ANCORA SORRIDERE la medino araba, senza essere importunate da « pappagalli » tunisini. C'è un'antica condiscendenza per ogni libertà di costumi, una secolare assuefazione alla convivenza tra genti diverse, una naturale inclinazione all'Occidente del progresso e del benessere. E c'è un altro elemento che me sembra contribuire più di ogni altro a fare di questo paese un'isola nel suo mondo: un senso òc\Y humour insolito nell'arabo, una capacità di sorridere di se stessi e degli altri. Nello stesso numero in cui parla, con sinceri accenti di dolore, della dura sconfitta nel Sinai, la bella rivista femminile Fa'iza trova spazio e coraggio per interviste-lampo di questo genere. Domanda ad una donna di casa: «Lo sai che gli arabi hanno perso la guerra? ». Risposta: « Sul serio? ». Domanda ad un disegnatore industriale: «Cosa pensi di Nasser? ». Risposta: « Che dovrebbe ritirarsi in pensione a fare il muezzin, tanto non sa fare altro che ripetere Dio è grande». «E Moshe Dayan?». « Se ha vinto la guerra con un occhio solo, chissà cosa avrebbe fatto con due ». Gli scritti della rivista sono più significativi di quelli ufficiali dei politici. Un'altra collaboratrice racconta di camion he alla parata per la partenza dei soldati tunisini verso l'Egitto (più esattamente, verso la frontiera con la Libia) non riuscivano ad avviare il motore e passavano spinti da torme di ragazzini; o della macchina di Burghiba che, col Presidente a bordo, si è fermata e non si è mossa più. Il tono è volutamente leggero, quasi cinico (tra parentesi, si noti l'assoluta libertà d'espressione) ma la critica e l'autocritica sono sostanziali, costruttive. Dagli episodi citati e da altri consimili, ecco la conclusione che trae l'articolista: « Il vero coraggio non consiste nel correre a far gli eroi in guerra...; consiste nello studiare freddamente le qualità del nemico, nel riconoscerle, e nel cercare di fare meglio; consiste nel lavorare tenacemente, silenziosamente, a costruire una nazione forte... ». E' l'ultima sera che passo a Tunisi, i miei amici tunisini vogliono assolutamente portarmi in un locale all'aperto dove iimMmmmiimmmmimmmimmiimiimi