L' età minima per le nozze

L' età minima per le nozze L' età minima per le nozze \\ Codice la fissa in 16 anni per i maschi e 14 per le femmine, con possibilità di deroga fino a 14 e 12 anni, rispettivamente - E' troppo presto Recenti clamorosi episodi rendono utile qualche considerazione sul nostro sistema di legge circa l'età matrimoniale e, in genere, le altre condizioni per contrarre nozze. Il semplice buon senso vorrebbe che la legge esigesse per determinati atti di grande importanza sulla vita del cittadino un'età e date attitudini tali da consentirgli il loro compimento. Per il matrimonio, norma basilare dovrebbe, dunque, essere quella che non si può ammettere capacità se non si ha la idoneità di intendere e valutare che cosa sia l'essenza del vincolo matrimoniale, il suo contenuto, i suoi effetti, e l'idoneità di volere quel determinato vincolo: occorrerebbe, in breve, un minimo di consapevolezza della essenza del matrimonio ed un minimo di sufficiente autonomia di volontà. E, infatti, l'art. 107 cod. civ. richiede la volontà negli sposi di prendersi rispettivamente in marito e in moglie; logico sarebbe dunque che la legge fissasse limiti di età atti a far presumere nella generalità dei casi un sufficiente sviluppo fisico (per motivi di eugenica) e psichico (per motivi di maturità intellettiva). Ma, se dalla teoria si scende alla pratica, si deve purtroppo constatare che la legge ha male tradotto i princìpii nella realtà, avendo fissato rispettivamente in 16 e 14 anni i minimi di età matrimoniale per l'uomo e per la donna. Per quanto la legge proclami in tal modo che si deve ritenere raggiunta, a tale età, una sufficiente capacità fisica e psichica, non è chi non veda che tale età è persino contraria alle stesse norme dello sviluppo biologico-sessuale e ad una costruzione seria della famiglia; a tale età gli sposi sono assolutamente immaturi, neppure in grado di comprendere la serietà e gravità del vincolo che stanno per contrarre e, tanto meno, di adempierne gli oneri. Molto più saggio era il vecchio codice civile che esigeva l'età rispettivamente di 18 e 15 anni. Ma, dopo il Concordato, la legge 27 maggio 1929 n. 847 e, poi, il nuovo codice civile (tuttora vigente) hanno voluto ad ogni costo avvicinare le due discipline matrimoniali, civile e canonica; e il fascismo, con le sue preoccupazioni demografiche, volle adeguarsi al codice canonico abbassando appunto l'età a 16 e 14 anni, dimenticando che il diritto canonico si applica a tutto il mondo, anche a popoli dove l'età stessa dello sviluppo fisiologico e le condizioni di vita sociale sono enormemente differenti dalle nostre. Fu, dunque, un grave errore fissare un'età così bassa e il peggio è che la legge del 1929 e il codice ammettono, purtroppo, la possibilità di ridurre l'età di 16 e 14 anni a 14 e 12 anni, rispettivamente per il maschio e per la femmina, se ricorrano « gravi motivi », dando facoltà al Capo dello Stato e alle autorità a ciò delegate (il Procuratore Generale presso la Corte di Appello) di accordare la dispensa. Si tratta, per lo più, dei casi di matrimoni riparatori, dove, come l'esperienza insegna, molto spesso il rimedio è peggiore del male, percné una famiglia che sorge solo per un fine di riparazione, e non su un vero amore, ha sovente come protagonisti sposi del tutto inetti, se non deficienti, e non è in condizioni di vivere. A 16 anni, dunque, il maschio, a 14 la femmina possono sposare, ma finché dura la loro minore età, hanno bisogno dell'assenso del genitore o del tutore; per il minore emancipato è necessario l'assenso del curatore solo se questi sia uno dei genitori, assenso che, purtroppo, viene facilmente accordato da genitori irresponsabili. Se, poi, il genitore o tutore nega l'assenso, è pos- sibile il ricorso al Procura- ! tore Generale che può accor-1dare la dispensa « per gravi motivi », motivi che dovreb- i bero essere sempre rigorosamente vagliati e che dovrebbero consistere solo nell'evitare al minore « un grave male che possa derivargli dal ritardo nel matrimonio ». Accanto all'età, la sola altra condizione, negativa, per il matrimonio, è il non essere interdetto per infermità di mente. Non sono, infatti, di ostacolo alla celebrazione: a) né la inabilitazione (il che è gravissimo, perché l'inabilitato può compiere da solo unicamente gli atti che non eccedono l'ordinaria amministrazione e il matrimonio è dunque ritenuto un atto di così poco conto); b) né la mancata capacità sessuale (il matrimonio dell'impotente ha vita normale e dura fino a che non venga proposta azione di nullità, sempreché ricorrano rigorose condizioni); c) la mancanza di capacità psichica, cioè una vera infermità di mente. Solo il Pubblico Ministero ha facoltà di chiedere la sospensione della celebrazione del matrimonio se gli consti la infermità di mente di uno degli sposi nei confronti del quale, a causa dell'età, non possa essere promossa la interdizione. I genitori possono opporsi alle nozze del figlio minore e promuovere giudizio di interdizione contro il figlio maggiore di età e chiedere l'intervento del P. M. per ottenere da lui la richiesta di sospensione del matrimonio. In un sistema legislativo come il nostro, che non ammette il divorilo e vorrebbe difendere a ogni costo il matrimonio, base della famiglia, il meno che si possa dire è che le norme sopra esaminate sono del tutto inidonee allo scopo. Emilio Germano

Persone citate: Emilio Germano