Saper «guardare» il cielo

Saper «guardare» il cielo Im9 astronomia, MM più affasainasite dagli studi Saper «guardare» il cielo Difficoltà per interpretare le osservazioni visive e strumenti che potenziano e correggono l'occhio Dai cannocchiali di Galileo ai radiotelescopi, dalla lastra fotografica allo spettrografo - Due inganni «classici» dei nostri sensi: gli anelli di Saturno e i canali di Marte - Algol, la stella diabolica SI potrebbe fare un lungo elenco di proverbi sulle difficoltà e gli inganni del giudicare a vista d'occhio: questo preziosissimo fra i sensi dell'Uomo, rimane infatti, a volte, vittima proprio della sua qualità peculiare, che è l'immediatezza dell'informazione. Poco sapremmo dell'ambiente che ci circonda se, da piccolissimi, non avessimo imparato a giudicare la realtà delle cose mediante il più essenziale di tutti i sensi: il tatto. Questo insegnano gli psicologi; ma anche per la gente comune « toccar con mano » è sinonimo di certezza assoluta. Ne troviamo traccia anche nel Vangelo, quando San Tommaso, incredulo sulla Resurrezione, non dice «voglio vedere quest'Uomo risorto e le sue piaghe»; ma precisa che vuol mettere le dita dentro di esse. La facoltà di sperimentare in un proprio laboratorio, nel momento e nelle condizioni più adatte, è negata — ahimè — agli astronomi. Tanto che qualcuno nega all'Astronomia la qualifica di scienza sperimentale, definendola piuttosto osservativa. Io non sono di quest'avviso, perché aguzzando l'ingegno, aspettando l'occasione opportuna, l'astronomo può selezionare, fra gli infiniti fenomeni che gli si presentano, quelli che serviranno per controllare una teoria o colmare una lacuna. Tuttavia non c'è dubbio che l'informazione così faticosamente raccolta è tradizionalmente affidata a un'osservazione a distanza, avendo come veicolo la radiazione, che gli astri ci Inviano. Invece che con l'occhio, possiamo analizzare questa radiazione con la più precisa fotocellula o con quel prodigioso serbatoio di informazioni che è la lastra fotografica; possiamo cercare radiazioni di lunghezza d'onda diversa ed esplorare l'Universo coi radiotelescopi. Ma sempre ci è stato finora negato di «toccare con mano». Questa situazione non ha scoraggiato gli uomini, aizzandoli invece ad affinare l'ingegno e i mezzi, per rispondere alle sempre nuove domande che la Natura pone, per ogni risposta che dà. Per esempio, gli astronomi hanno lavorato per secoli — sempre attaccati ai loro telescopi — per cogliere, nei pochi istanti In cui l'atmosfera dà requie alle immagini, un'informazione di più sull'aspetto della Luna e dei pianeti. Sommando con pazienza queste informazioni, si son fatti via via un quadro sempre meno impreciso della loro superficie, un quadro che — nella sostanza — le esplorazioni effettuate negli ultimi anni con le sonde spaziali hanno confermato. In un certo senso, nemmeno l'emisfero opposto della Luna è stato una «novità»: la maggiore abbondanza di crateri, che esso presenta, si spiegherebbe tenendo conto che la faccia opposta della Luna è più esposta alle meteoriti, mentre la Terra intercetta gran parte di quelle che sarebbero destinate a colpire l'emisfero rivolto verso di noi. Su Marte, certe variazioni di colore osservate alla sua superficie col variare delle stagioni, avevano fatto intravedere, fin dal secolo scorso, l'esistenza di forme di vita vegetali, che il poco ossigeno e la pochissima acqua basterebbero a far sussistere. Le fotografie trasmesse dal Mariner IV ci hanno mostrato invece un aspetto desolato della superficie di Marte, più simile alla Luna che alla Terra: ci eravamo quasi dimenticati che questo pianeta si trova vicino alla zona degli asteroidi e quindi delle meteoriti; essi bombardano quasi senza freno la sua superfìcie. Nonostante questo scomodo bersagliamonto, le possibilità di vita rimangono. Tuttavia sarebbe imprudente lasciarsi prendere dall'ottimismo, come nel secolo scorso, ed entusiasmarsi per le meravigliose opere « sociali » eseguite dai Marziani, coi loro canali, le loro oasi, per utilizzare le sparute risorse idriche del pianeta. Un'analisi spassionata di quel che si vede su quel Anno 101 Numero 195 LA STAMPA Sabato 19 Agosto 1967 11 « Surveyor I propria ombra. nell'ora In alto, a del tramonto, fotografa il terreno lunare e la sua destra, si scorge una porzione dell'orizzonte lunare piccolo astro ha dimostrato che i canali erano soltanto una costruzione psicologica ottenuta dalla somma di tanti piccoli dettagli indipendenti l'uno dall'altro. Per quel che abbiamo detto in principio, ottica e psicologia sono assai strettamente legate: in attèsa di poter «toccare con mano», accontentiamoci di affermare l'esistenza di una vita su Marte, senza implicarne che essa abbia raggiunto forme superiori alla nostra. Un altro rischio, che si corre nell'interpretazione dei fenomeni, è la ricerca preconcetta di una conferma a un'idea — anche giusta — che lo scienziato vorrebbe veder generalizzata nellTJni- verso. Per esempio, Galileo cercò per tutta la vita (senza trovarla) una dimostrazione della teoria copernicana e fu felice, quando i quattro satelliti di Giove gli permisero di trovare un piccolo modello di sistema solare. Quando egli rivolse il suo rudimentale cannocchiale al pianeta Saturno, non riuscì a interpretarne l'aspetto, cioè a « vedere » l'anello. Tutto preso dalla sua idea, egli pensò piuttosto a due satelliti, in orbita attorno all'astro principale. Lo stesso Galileo, quando vide le macchie sul Sole, pensò probabilmente a pianeti che transitavano davanti al suo disco e forse attese a render pubblica la sua scoperta per determinare, di questi presunti pianeti, il periodo di rivoluzione, accorgendosi troppo tardi che essi si muovevano tutti con la stessa velocità ed erano in realtà « accidenti » della stessa superfìcie solare. Con questo non vogliamo deprimere la fantasia di chi osserva il cielo, né — in genere — di chi fa della ricerca scientifica d'avanguardia: la Astronomia progredisce proprio dalla collaborazione fra l'osservazione, che analizza freddamente i dati di fatto, e la fantasia che li interpreta e li fonde. Verso la fine del secolo XVIII, il giovane astrofilo inglese Goodricke, osservando una stella nella costellazione del Perseo (il cui nome arabo Algol, cioè il demonio, è probabilmente dovuto al variare del suo splendore, in contrasto coi principi aristotelici) aveva scoperto che ogni 68 ore e 49 minuti essa diventava più debole del normale. Goodricke, con geniale intuizione, pensò che il fenomeno fosse dovuto alla presenza di un astro di per sé quasi oscuro, il quale — rivolvendo attorno alla stella vera e propria su di un'orbita poco inclinata rispetto alla visuale — la eclissava ad ogni rivoluzione, provocando, per l'osservato¬ re terrestre, una diminuzione di luce. I pezzi grossi dell'Astronomia di allora non accolsero di buon occhio questa interpretazione (1 fatti erano inconfutabili). Lo stesso Mercurio, il più veloce fra tutti i pianeti del sistema solare, impiega 88 giorni a fare una completa rivoluzione. Come si poteva pensare a un periodo di poche ore? E poi, quando mai un pianeta ha dimensioni tali da occultare una porzione appena significativa del Sole? Meglio dunque — diceva la scienza ufficiale — pensare che un emisfero della stella Algol fosse coperto di macchie (come ce ne sono nel Sole), le quali ne riducevano la luminosità, ad ogni rotazione della stella. Sappiamo oggi che la scienza ufficiale aveva torto •e la fantasia di Goodricke aveva colto nel segno. Problemi come questo, il cielo ne offre infiniti. Partendo da fatti sicuri, qualunque ipotesi, purché in armonia con le leggi fisiche, (sulla cui validità non possiamo aver dubbi) può essere coraggiosamente e liberamente proposta. Nei congressi degli Astronomi si discute spesso, anche accanitamente, per interpretare dei fatti osservati. Le idee circolano in perfetta libertà, con un solo passaporto: che esse siano in armonia coi fatti osservati, e osservati bene, e quindi sicuri. Fra gente preparatissima, la quale conosce sulla punta delle dita la fisica, la fisicamatematica, la fisica-teorica, l'arma del duello è solo la fantasia. Mario G. Fracastoro Direttore dell'osservatorio astronomico di Torino

Persone citate: Fracastoro, Mariner Iv, Marziani, Perseo, San Tommaso

Luoghi citati: Torino