Le due facce della Romania

Le due facce della Romania Il più spregiudicato dei paesi comunisti europei Le due facce della Romania In politica estera Bucarest tende ad accentuare l'autonomia da Mosca e ad avvicinarsi sempre più all'Occidente - Ma all'interno il regime governa con pugno di ferro, come ai tempi di Stalin - Il capo del partito, Ceausescu, diventerà probabilmente anche primo ministro - L'attuale "premier" Maurer andrebbe agli Esteri, in sostituzione di Manescu, candidato alla presidenza dell'Assemblea dell'Onu (Dal nostro inviato speciale) Bucarest, 18 agosto. Il mese prossimo, per la prima volta nella sua storia, l'Assemblea dell'Onu avrà come presidente il rappresentante di un paese comunista: Corneliu Manescu, il ministro degli Esteri romeno. Da parecchi mesi una abile azione diplomatica sta preparando il successo della candidatura; e ormai il lavoro è a buon punto. « Possiamo afferriiare — ci diceva qualche giorno fa un autorevole funzionario del governo romeno — che l'ottanta per cento dei paesi rappresentati all'Onu è favorevole al nostro ministro degli Esteri ». Una maggioranza, dunque, è già precostituita; e l'ha confermato anche Fanfani nei suoi recenti colloqui romeni. Se Manescu, in settembre, porrà ufficialmente la sua candidatura alla presidenza dell'Onu (e non si vede perché non dovrebbe farlo) la sua elezione sarà assicurata. Ma che accadrà in questo caso? Tra i giornalisti politici, che pur essendo uomini di partito sono abituati a parlare con una certa franchezza, si dice che ne risulterà un incoraggiamento per Bucarest a proseguire la sua attuale politica estera, preoccupandosi sempre meno delle rimostranze e delle. proteste sovietiche. Una delle affermazioni che più frequentemente abbiamo sentito in Romania è la seguente: « Se i russi non sono contenti dì noi, questo è affar loro, non nostro ». L'atteggiamento di sfida nei confronti dell'Urss che queste parole vogliono esprimere sembra destinato ad accentuarsi dopo l'elezione di Manescu alla presidenza dell'Onu. Già si dice che i romeni non intendano partecipare alle manovre interalleate delle forze militari del Fatto di Varsavia: anche per ribadire la loro scarsa fiducia in Jacubovski, il comandante sovietico delle truppe dei paesi comunisti, nominato, in luglio, dopo diversi mesi di sorda, ma decisa resistenza di Bucarest. E intanto quella che è già una precisa scelta in politica estera trova corrispondenze sempre più significative alla base del paese, tra la gente. Tra i giovani po chissimi sono ormai coloro che studiano russo e molti di quelli che l'hanno imparato preferiscono non parlarlo o, addirittura, affermano di averlo dimenticato Spariscono le scritte in russo dai locali. La propaganda turistica esalta le caratteristiche latine del popolo romeno e lo stesso fa la let teratura. La gran parte dei film che si proiettano in queste settimane a Bucarest sono italiani, francesi e americani. E nei bar e nei ristoranti ha uno straordinario successo una nota bibita americana che ora si fabbrica in Romania su licenza statunitense. L'autonomia della Romania in politica estera che ha una componente nazionalistica molto evidente (lo ha confermato anche il discorso che Ceausescu, il segre tario del partito, ha tenuto qualche settimana fa rievocando una famosa vittoria dei romeni durante la prima guerra mondiale: un uomo di destra non avrebbe pronunciato parole più esaltate su quel successo militare) sembra dunque destinata ad accentuarsi. E di più dopo l'elezione di Manescu all'Onu che a Bucarest viene già considerata come un riconoscimento della giustezza delle f. tuali posizioni romene e un incoraggiamento a continuarle, in concreto si dovrebbe arrivare all'intensificazione degli scambi con l'Ovest, a possibilità di convergenze con i paesi occidentali anche sui problemi politici generali (tali possibilità sono apparse molto reali nei colloqui avuti da Fanfani in Romania) e a differenziazioni sempre più nette dagli atteggiamenti sovietici, con la speranza, forse, di trovare imitatori negli altri paesi dell'Est e di costituire, all'interno del mondo comunista, un blocco di filo-romeni. In politica interna le prospettive sembrano diverse. E questo è facilmente spiegabile se si considera che già oggi, in Romania, la faccia della politica estera assomiglia ben poco alla fac¬ cia della politica interna. La prima è estremamente aperta, realistica, contraria alle posizioni dogmatiche. La seconda rivola chiusure che non si trovano più neppure in molti dei paesi comunisti che ancora accettano la guida sovietica. La polizia politica, nonostante le continue epurazioni (l'ultima sarebbe ancora in corso) esercita sui cittadini forme di controllo e di sorveglianza insistenti e a volte ossessive. Le direttive del partito sono rigide e la presenza dell'organizzazione comunista, a qualsiasi livello, si avverte pesantemente. La stampa si alimenta quasi esclusivamente di comunicati e di testi di discorsi di esponenti comunisti. E', in un certo senso, una politica neo-stalinista, anche se in¬ telligentemente rinnovata e liberata, ad esempio, degli elementi fideistici che della dittatura di Stalin furono la base e la forza. Il culto della personalità in Romania è quasi inesistente: durante tutto il nostro viaggio in questo paese non abbiamo visto un solo ritratto di Ceausescu, leader comunista, e abbiamo notato come le scritte colossali sulle facciate degli edifici pubblici e delle fabbriche inneggino al partito e non ai suoi dirigenti. - La -contraddizione tra politica estera e politica interna della Romania richiederebbe un lungo discorso. Si pub forse semplificarlo sottolineando che queste due manifestazioni, apparentemente in contrasto runa con l'altra, della « via romena al comunismo » puntano allo stesso obiettivo: lo sviluppo economico del paese. Per lo sviluppo economico del paese i dirigenti romeni ritengono necessaria sia una politica aperta, liberale, verso l'estero (che permetta, tra l'altro, l'afflusso di preziose energie dall'Occidente), sia una politica interna chiusa, rigida, che comprima i consumi e assicuri l'applicazione di una pianificazione coercitiva. L'elezione di Manescu alla presidenza dell'Onu, comunque, dovrebbe avere delle conseguenze anche nella situazione interna della Romania. Si tratterà, anzitutto, di sostituire il ministro degli Esteri. Secondo le voci più insistenti toccherebbe a Maurer (l'attuale presidente del Consiglio) di assumere la direzione degli affa¬ ri internazionali: mentre Ceausescu realizzerebbe l'antica aspirazione di essere insieme capo del governo e leader del partito. La concentrazione, nelle mani di una sola persona, delle due cariche più importanti del governo e del partito, colorirebbe ancor più di neo-stalinismo il quadro politico romeno: anche se sarebbe avversata dagli esponenti che vengono considerati più stalinisti: uomini come Stoica (l'attuale capo dello Stato) e Draghici (l'ex capo della polizia). Ecco un'altra contraddizione della situazione politica romena ma con un'altra spiegazione: la lotta per il potere, ancora aperta nonostante l'attuale solidità della posizione di Ceausescu e dei suoi amici. Mario Pinzauti