Intervista con il prof. Robecchi sul dramma della sposa torinese

Intervista con il prof. Robecchi sul dramma della sposa torinese Morta. mGMitjfG attende tra, memi bimbo Intervista con il prof. Robecchi sul dramma della sposa torinese La donna è stata stroncata da un tumore al cervello: il nascituro, tratto vivo dal suo grembo, è deceduto dopo dieci ore - Il primario dell'ospedale Sant'Anna afferma che vi sono 20 minuti di tempo per salvare il bambino dalla madre morta - Se l'agonia della gestante è prolungata il feto non sopravvive per mancanza d'ossigeno - Ma se il decesso è istantaneo il piccolo ha più possibilità di restare in vita L'altro giorno nella clinica neurologica dell'Università di Torino un bimbo è nato pochi minuti dopo la morte della madre, una giovane sposa di 30 anni al settimo mese di gravidanza, stroncata da un tumore al cervello. Appena avvenuto il decesso, i medici hanno portato il corpo della donna nella sala operatoria ed hanno praticato il taglio cesareo per salvare il bambino. Il piccolo, che pesava un chilo e mezzo, è stato estratto vivo dal ventre della mamma ed immediatamente trasferito in una incubatrice del reparto « immaturi » della clinica pediatrica. Ma, nonostante le cure degli specialisti, è morto nella notte. In meno di dieci ore la sventura si è abbattuta due volte su di una famigliola felice distruggendola. Abbiamo parlato del drammatico episodio, che ha profondamente colpito l'opinione pubblica, informata da « La Stampa », con il prof. Emilio Robecchi, primario dell'ospedale ostetrico-ginecologico S. Anna. «Questi tragici eventi — egli ci ha detto — non sono eccezionali, ma rari. Un solo caso del genere si è verificato negli ultimi quindici anni nella mia divisione ospedaliera, dove avvengono circa tremila parti ogni dodici mesi». Il sistema che i medici usano per salvare il bambino non è una pratica recente. «Settecento anni avanti Cristo — ricorda il prof. Robecchi — la "lex regia" attribirìta a Numa Pompilio, stabiliva già l'obbligo di aprire l'utero della donna morta per estrarre il feto vivo, consuetudine conservata dalla religione cattolica per salvare il nascituro». . Dopo il decesso — spiega il medico — il bimbo può vivere nel grembo materno ancora venti minuti. Ma il tempo per intervenire con il taglio cesareo dipende dalle cause che provocano la morte della mamma. In proposito il prof. Robecchi precisa: « Se l'agonia è prolungata, il feto muore malgrado la sua notevole vitalità, poiché la madre adopera per se l'ossigeno. Quando invece il decesso, provocato da un incidente, è istantaneo, la possibilità di sopravvivenza del feto è maggiore». «Problema grave — prosegue — è stabilire se si debba effettuare il taglio cesareo sul corpo di una donna agonizzante ». Una decisione drammatica di cui il medico,- posto di fronte al dovere di difendere con ogni mezzo la vita del nascituro, non può però assumersi tutta la responsabiltà. «In questo caso ci vuole il permesso del marito». Lo specialista ci ha anche illustrato le caratteristiche dell'intervento dopo la morte della gestante. «Non è certo difficile per l'ostetrico esperto eseguire questa operazione che deve essere condotta con grande rapidità e tecnica sempre corretta», C'è una creatura in pericolo Quale rischio corre? « L'as fissia, inevitabile quando la madre sta per morire o è morta ». Minori preoccupazioni desta il periodo della gravidanza. Diciamo al prof. Robecchi: «Il bimbo nato l'altro giorno nella clinica neurologica era di sette mesi ». Egli intuisce la domanda che stiamo per fargli e anticipa la risposta: «Il feto settimestre normalmente vive Ciò può avvenire anche prima di questo periodo se il bimbo ha superato alla nascita i 1300 grammi di peso (teoricamente mille grammi). Però le probabilità di vita aumentano con il prò trarsi della gravidanza, an che se la credenza popolare ritiene più vitali i nascituri di sette - mesi che quelli di otto ». Su questo punto è categorico: « Un'opinione asso lutamente sbagliata, senza alcun fondamento scientìfi co». Il bimbo riceve dal grembo materno sostanze preziose per il suo organismo. Più si avvicina ai nove mesi, più robusto affronta la vita. E quando la donna è ammalata? La natura protegge il bambino, che rappresenta la' continuità della specie, anche a scapito della mamma. « In caso di tumore ma¬ ligno — dice lo specialista il parto può precipitare la situazione dell'inferma; ma il figlio nasce sano ». Risente, naturalmente, delle condizioni fisiche della madre. Non è ben nutrito perché il cancro impoverisce il corpo della donna. « Ma non contrae la malattia e può sopravvivere ». Ricordiamo al prof. Robecchi il fatto recente della giovane svedese che sarebbe guarita di un tumore mali- gno dopo aver dato alla luce una creatura. Egli non ritiene che esista un collegamento tra i due eventi. « Per certi tumori — dice — ed in forme non avanzate, si possono avere delle battute di arresto con o senza gravidanza». Però aggiunge «Qualche volta, per la donna ammalata di cancro, è più pericoloso interrompere la maternità, specialmente se avanzata, che lasciarla proseguire ». r. g. La diciannovenne Franca DelIi Muti ricoverata per le gravi ustioni all'ospedale di La diciannovenne Franca DelIi Muti ricoverata per le gravi ustioni all'ospedale di Milano. La ragazza si era appiccato il fuoco dopo essersi cosparso il corpo di alcool

Persone citate: Emilio Robecchi, Numa Pompilio, Robecchi