I «figli del diluvio» a Firenze simbolo di vita della città di Gigi Ghirotti

I «figli del diluvio» a Firenze simbolo di vita della città Segreto di una rinascita che ha stupito il mondo I «figli del diluvio» a Firenze simbolo di vita della città I bimbi nati nove mesi dopo la grande alluvione dell'Arno sono in numero maggiore a quelli dello scorso anno alla stessa epoca - Alcune opere danneggiate dal fango, dopo i restauri, hanno guadagnato in splendore - Si rifanno le fognature e si progetta l'aeroporto - Il calo dei turisti stranieri compensato dall'aumento degli italiani (Dal nostro inviato speciale) Firenze, agosto In città s'aspettano i « Agli del- diluvio». Sono passati nove mesi esatti da che Firenze fu letto dell'Arno: i fiorentini che furono chiamati al mondo in quelle notti tetre e nebbiose aprono in questi giorni gli occhi alla luce del sole. L'annuncio corre di porta in porta, nelle botteghe si ascoltano notizie premaman su tutto il vicinato. Dappertutto nei rioni è un gaio scambio di corredini e d'auguri. Fiocchi azzurri e rosa fioriscono gli usci, nei caffè si preparano rinfreschi alla vernaccia con brigidini. La statistica? Per ora mantiene un certo riserbo: i nati risultano essere in numero uguale a quelli dell'anno scorso alla medesima epoca, ma ci sono dieci giorni per denunciare l'evento, inoltre molte signore in attesa sono state — causa l'eccezionale calura delle settimane scorse — mandate in Versilia o in montagna a prendere il fresco e a concludere il periodo di gestazione. In città, cliniche e ospedali annunciano il « tutto esaurito » nel reparto maternità. Fra qualche tempo, al tirar delle somme, si saprà di quante culle sia forte questa ondata demografica che segue di nove mesi l'ondata d'Arno fuori del suo letto. Ora l'Arno è un pigro fiume in magra (lo si può traversare in molti punti a piedi): il ricordo della sua sortita è un segno marrone che appare ad altezze diverse sui muri di quasi tutta la città: è la linea della nafta. Qua e là, piccole lapidi sono state murate a memoria dell'evento. Nelle chiese ronzano i bruciatori per asciugare muri e pavimenti che ancora trasudano. Dalle pareti sono stati distaccati centinaia di metri di affreschi, che sono adesso al restauro. Una gradevole sorpresa: dietro gli affreschi della Santissima Annunziata sono apparse le « sinopie » cioè gli schizzi che gli artisti (il Pontorno, Andrea Del Castagno e altri) avevano predisposto per traccia dell'opera definitiva; e anche le « sinopie » sono state distaccate, e poste allo studio degli esperti, e rilevano segni preziosi, incertezze, pentimenti, mani diverse, e insomma un lavoro preparatorio che era rimasto per secoli sconosciuto è diventato patrimonio della nuova Firenze dopo il diluvio. Nel battistero del Duomo, la « Maddalena » del Donatello ha cambiato colori: appariva grigiastra, come di pietra, e sotto la brusca dei restauratori la patina grigia si è disciolta. La « Maddalena » non è di pietra, ma di legno, e tutta dorata: quando ritornerà in battistero apparirà fulgente, come quando uscì dalle mani dello scultore. Ma ci sono altre voci nel conto attivo dell'alluvione: i banchi del coro di Santa Croce, ridotti a pezzi, sono stati ripuliti e ricomposti, e vi appaiono ora intarsi e sculture che il tempo aveva quasi cancellato e reso illeggibili. Orsammichele, monumento di scultura e d'architettura tra i più insigni, nel cuore della città, ma quasi inservibile e incancellabile, ha guadagnato dall'alluvione una scala e un ascensore, ed ora nelle sue due sale superiori si è aperta una mostra dei pittori trecenteschi, contemporanei di Giotto. La città, che aveva una rete antiquatissima di fognature e d'acquedotti, se la sta rinnovando di sana pianta; non aveva palazzo da congressi e ora se lo costruisce; da decenni sognava l'aeroporto, e ora ha finalmente dato incarico ai progettisti di riferire, entro ottobre, se l'aeroporto dovrà sorgere verso Prato o verso Peretola, perché è quest'indecisione che bisogna risolvere innanzitutto. Ma sentite quel ch'è successo nel settore alberghiero. L'alluvione ha duramente colpito duecentoquarantotto alberghi (sui 357 esistenti), con danni per quattro miliardi. Il momento critico per la stagione turistica fu nei mesi della primavera: impressionati dalle vicende del Medio Oriente o limitati nella valuta, tedeschi e inglesi e francesi saltarono a pie' pari la gita di Pasqua a Firenze. Ma non vi rinunciarono gli americani e, soprattutto, Firenze diventò — per la prima volta nella sua storia — una grande mèta turistica per l'italiano del Nord e del Sud. A dir la verità, l'italiano s'era sempre un po' tenuto Firenze in serbo, come la visita da farsi con tutta calma, un gior¬ no o l'altro, magari quando i figlioli saranno un po' più grandini. In questo modo, la gita era stata rinviata praticamente da una generazione all'altra. L'occasione storica per il grande incontro di napoletani, romani, romagnoli, veneti, piemontesi, marchigiani, pugliesi, lombardi, emiliani con Firenze è stata l'alluvione: l'Autostrada del Sole ha portato nei primi sei mesi dell'anno l'ossigeno alla città, comitive, gruppi familiari, circoli e clubs, scolaresche, corpi accademici, associazioni politiche e patriottiche, sportive e religiose: Firenze aveva qualcosa da rac¬ contare a tutti, qualcosa che solo il pericolo è riuscito a mettere in evidenza drammatica e che ha scatenato un interesse mai prima raggiunto per la storia, l'arte, la vita della città. Cosi, il calo degli stranieri è stato compensato e gli alberghi, i ristoranti, le pensioni hanno potuto riprendersi, e l'occasione è stata colta per far finalmente certi lavori di rimodernamento dei servizi che, d'anno in anno, in passato, erano sempre stati rimandati. C'è un dato di fatto assai singolare nella storia di Firenze che si rianima al calore di quest'eccezionale in¬ contro: molte domande per contributi e mutui, avanzate dagli albergatori nei primi momenti del disastro, sono state ritirate o lasciate cadere. Il piacere di far da soli, di rialzarsi con le proprie forze, è prevalso. E se molti oggi si domandano dove mar trovò Firenze l'animo per vincere la disperazione, la risposta è nei fiocchi rosa e nei flocchi azzurri che fioriscono agli usci in questi giorni. Altro che città-museo: fu il rabbioso appello alla vita a salvar Firenze dalla morsa del fango che sembrò sul punto di soffocarla. Gigi Ghirotti