La madre di Savona ha ucciso sconvolta da un ingiusto sospetto la bimba sul marito

La madre di Savona ha ucciso sconvolta da un ingiusto sospetto la bimba sul marito Arrestata sotto l'accusa di omicidio aggravato La madre di Savona ha ucciso sconvolta da un ingiusto sospetto la bimba sul marito Credeva che l'uomo insidiasse la figlia tredicenne - Il fatto è stato escluso anche dagli esami medici - Prima di gettare la piccola di 6 anni sugli scogli, la donna aveva scritto tre lettere al marito e a parenti - La tormentata convivenza dei coniugi Maria Milazzo è trasportata in barella all'ospedale di Savona (Telefoto Ansa) (Dal nostro inviato speciale) Savona, 9 agosto. Maria Milazzo, la sposa trentacinquenne che ha uccìso a Savona la figlioletta di sei anni gettandola sugli scogli del lungomare ed ha poi tentato di togliersi la vita, è stata condotta in carcere stamane: l'accusa è di omicidio aggravato. Probabilmente, nei prossimi giorni la donna verrà sottoposta ad una perizia psichiatrica. Ha seguito gli agenti che la portavano via come un automa, lo sguardo assente, inebetito. Aveva passato la in un sonno pesante, provocato dall'iniezione di sedativo che le era stata praticata poco dopo la tragedia. Quando sono andati a prenderla, non ha chiesto di sua figlia, non sa nemmeno che è morta, come se l'avesse dimenticata. Ripeteva soltanto un sinistro ritornello, con la cadenza di un lungo lamento: « Perché non mi hanno lasciata morire? ». Presa da un folle assalto di sospetti, Maria Milazzo credeva che il marito insidiasse la figlia tredicenne, Graziella: era ossessionata da questa idea, un incubo che negli ultimi giorni la tormentava di continuo. Ma l'ipotesi è stata esclusa anche dal risultato di una visita medica compiuta sulla ragazza. Il marito. Mansueto Nalbone, quarantenne, è stato interrogato per tutta la giornata in questura. Respinge energicamente l'accusa della moglie: « Piuttosto che far del male a mia figlia, mi ucciderei ». E' un uomo tarchiato, il viso bruciato dal sole che picchia sul cantiere nel quale lavora come manovale. Racconta la storia del suo matrimonio, di una vita intessuta dì stenti e di rancori. « Sposai Maria sedici armi fa al mio paese, Villalba in provincia di Caltanissetta. Era una bella giovane, mi piaceva molto, anche se era un po' strana ed inquieta. Laggiù c'era poco lavoro, non si i poteva campare con la fami- j glia: tre anni dopo le nozze i erano già nati due bambini. i Cosi me ne venni da solo ad Albenga, trovai da occuparmi a scavar ghiaia, dormivo in un camerone con alcuni compagni. Guadagnavo discreta¬ mente e dopo un certo periodo decisi di far venire su la moglie e i figli ». Si sistemarono alla meglio, con qualche sacrificio. Ma presto la convivenza dei due coniugi si fece burrascosa. « Maria era molto gelosa — dice Mansueto Nalbone —, cominciò a credere che io avessi un'amante e diventava sospettosa ogni volta che uscivo di casa. Un giorno prese le valigie e se ne andò, lasciandomi solo con i bimbi. Seppi poi che era andata in Francia, dove aveva dei parenti. Tornò dopo quaranta giorni ». Qualche anno dopo, il manovale sì trasferì con la famiglia a Ceriate: affittò un alloggetto in una vecchia casa, due stanze e cucina, lungo una stradicciola che s'arrampica verso la collina: aveva trovato lavoro in un cantiere poco distante, mentre la moglie andava a servizio a ore ed i figli erano stati ospitati in diversi collegi. Ma le liti in casa continuavano. Maria Milazzo, incalzata da una gelosia morbosa, andava facendosi sempre più cupa, diffidente. « Scappò un'altra volta — racconta il marito —, me lo vennero a dire dei conoscenti mentre stavo lavorando. Poi fece ritorno e io la perdonai di nuovo. Ma era una vita insopportabile per i continui litigi. Infine, decisi di andarmene io. Lei presentò contro di me una denuncia dietro l'altra. E io mi misi nei guai: finii in carcere ». Mansueto Nalbone è uscito da una casa di pena di Capraia nel marzo scorso. La famiglia s'è di nuovo riunita nel piccolo alloggio di Ceriale, i figli erano da poco tornati a casa dal collegio per le vacanze. Ma era lo stesso squallore di sempre. La donna era in preda ai rancori nei confronti del marito. Nei giorni scorsi, si è insinuato nella sua mente ormai sconvolta l'ultimo sospetto: quello che l'uomo insidiasse la figlia tredicenne. E l'ossessione non le dava tregua. Maria Milazzo deve avere meditato a lungo il tragico gesto, forse durante una notte insonne gremita di allucinanti pensieri. Ieri pomeriggio, mentre il marito è al lavoro, la donna veste in fretta i due figli più. piccoli, Michela di 6 anni e Giuseppe di 11. Li prende per mano e li porta fuori; in casa ri¬ mangono Graziella ed il fratello Biagio, di 15 anni. La madre arriva alla fermata delle corriere e sale con i due bimbi sul pullman diretto a Savona. Un viaggio assurdo. Maria Milazzo scende in città e comincia ad aggirarsi per le strade piene di Michela, la piccola uccisa dalla madre a Savona gente. Ad un certo momento, entra in un bar e acquista una bottiglia di vermouth: la berrà quasi tutta durante il suo folle girovagare e ne darà un po' anche ai figli. Verso le 20, la donna giunge sul lungomare Matteotti, trascinandosi dietro i due piccoli, stanchi e accaldati. Lei si siede su un muricciolo e scrive in fretta tre lettere, con una grafia convulsa, tremolante, a tratti incomprensibile. Uno degli scritti è indirizzato al marito, gli altri forse a dei parenti. In essi, la giovane ripete le gravi accuse all'uomo e dice che ha deciso di uccidersi con la bimba: « Voglio farla finita ». D'un tratto, due coniugi che siedono su una panchina ad una certa distanza vedono la donna agitarsi violentemente: si prende a schiaffi, si tortura smaniando. Un attimo dopo, afferra la piccola Michela, la solleva in alto e la scaraventa giù: è un salto di una decina di metri, la bimba batte il capo e resta esanime, quasi lambita dal mare. Maria Milazzo fa per scavalcare il muricciolo e gettarsi. Ma un agente di polizia. Armando Zunino, che ha assistito di lontano alla tragica scena, è già accorso, riesce a balzare addosso alla donna e trattenerla. Michela è raccolta in fin di vita, la drammatica corsa all'ospedale è inutile: la piccola spira durante il percorso. Verso le 20,30, a Ceriate. Mansueto Nalbone torna a casa dal lavoro. E trova sol- i tanto Graziella e Biagio « Dov'è la mamma? », chiede \ « E' andata via ». « E Miche- | lina e Giuseppe? » «Li ha presi con sé. Ha detto che li portava sulla spiaggia ». ( : 11 II 1111H11 i 111 f 11111111 ! 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Persone citate: Armando Zunino, Giuliano Marchesini, Mansueto Nalbone, Maria Milazzo, Matteotti, Nalbone