Fanfani giunto a Bucarest per colloqui con i capi romeni di Ferdinando Vegas

Fanfani giunto a Bucarest per colloqui con i capi romeni LA VISITA DURERÀ QUATTRO GIORNI Fanfani giunto a Bucarest per colloqui con i capi romeni Calda accoglienza del ministro degli Esteri Manescu, che nel settembre scorso venne a Roma - Fanfani dichiara: « Esprimo fiducia che le conversazioni diano qualche utile risultato per la collaborazione tra i nostri paesi » - Possibili intese politiche ed economiche: Bucarest è favorevole al piano italiano per la non proliferazione atomica e desidera incrementare gli scambi - L'Italia è al secondo posto (dopo la Germania) nei rapporti commerciali tra Romania e Occidente Viaggio utile alla distensione La grande stagione della politica estera romena prosegue senza sosta: ieri, poco dopo la partenza del ministro degli Esteri tedesco Brandt, è arrivato Fanfani, a breve scadenza sono attesi i colleghi danese e belga. Senza contare, poi, il «mistero » del presidente sovietico Podgorni, della cui presenza a Bucarest ufficialmente «non si sa nulla». Comunque, «ori o senza visite sovietiche di controllo, il momento internazionale della Romania è attualmente caratterizzato dalla « apertura ad ovest ». E' naturale, del resto, che alla sempre più accentuata autonomia dei romeni nei confronti di Mosca corrisponda la ricerca di contatti più mtimi e frequenti con i Paesi dell'Europa occidentale. L'analogia con il comportamento della Jugoslavia dopo la rottura col Cominform appare evidente, ma ben diverso è l'atteggiamento dei dirigenti romeni rispetto a quello del maresciallo Tito. Questi, respinto dal campo comunista e non volendo lasciarsi inglobare nel campo occidentale, ha impostato la politica estera jugoslava sul principio del non allineamento, proclamando un'apposita dottrina e praticandola con grande fervore. I romeni, invece, rifuggono dalle affermazioni di principio, non fanno sventolare alcuna bandiera eretica, ma procedono empiricamente, dall'uno all'altro fatto concreto. Così, solo per restare alle mosse più recenti, Bucarest ha allacciato rapporti diplomatici con Bonn, ha rifiutato di intervenire alla conferenza comunista di Karlovy Vary, ha preso sul conflitto arabo-israeliano una posizione! equilibrata. Il risultato di tutti questi singoli passi ammonta ormai a una dissociazione della Romania dai propri alleati, tanto più profonda nella sostanza quanto più prudente nelle forme in cui viene attuata ed enunciata. Ceausescu, anzi, nel recente discorso al Parlamento, ha affermato che l'alleanza coi Paesi socialisti rimane «l'elemento centrale» della politica estera romena, deludendo così quanti si aspettavano decisioni clamorose, quale l'uscita dal Patto di Varsavia o dal Comecon. Il discorso, però, era cosi ben equilibrato nelle sue sfumature, che giustamente la Neue Zuercher Zeìtung lo ha definito «un piccolo capolavoro di arte politica e di diplomazia ». Infatti Ceausescu ha bilanciato la fedeltà all'alleanza socialista con la riconferma di tutte le posizioni ed esigenze autonomistiche della Romania. Così per la cooperazione fra Paesi socialisti, che non va intesa nel senso di integrazione sovranazionale; per il problema tedesco, per la non proliferazione nucleare, per la crisi del Medio Oriente. Tralasciando il primo punto, che riguarda i rapporti all'interno del campo socialista, è chiaro che gli altri punti si prestano ottimamente all'incontro fra la Romania, da una parte, e i Paesi dell'Europa occidentale dall'altra. Il successo della visita di Brandt a Bucarest indica appunto che tra Germania Occidentale e Romania è stato gettato un ponte solido e assai utile, politicamente non meno che economicamente. Sul piano politico, anzi, l'avvicinamento tedesco-romeno rappresenta una tappa importante della distensione fra le due Europe. In particolare, va rilevato che proprio a Bucarest Brandt ha colto l'occa¬ sione per riconoscere l'esistenza di due «ordinamenti statali» nel territorio tedesco, compiendo così una avance molto significativa verso la Germania di Ulbricht. Ora il viaggio di Fanfani viene a saggiare la nuova politica romena su diversi problemi, meno scottanti certo di quello tedesco, ma tutti di grande rilievo. La base di partenza del dialogo tra Italia e Romania è stata preparata fin dalla visita di Manescu a Roma, nel settembre 1966, che adesso Fanfani ricambia. In quest'anno i rapporti italo-romeni sono ulteriormente migliorati, non perché l'Italia abbia imboccato un cammino autonomistico simile a quello romeno, ma — al contrario — per l'accostamento della Romania alle posizioni italiane e occidentali in genere su alcuni dei maggiori problemi internazionali. Roma e Bucarest sono molto vicine riguardo al trattato di non proliferazione, che entrambe intendono firmare, facendo però salvi i legittimi interessi delle potenze non nucleari. La proposta avanzata pochi giorni fa a Ginevra da Fanfani ha ricevuto accoglienza favorevole a Bucarest, sicché su di essa si potrebbe avviare un discorso specifico e concreto. Anche l'atteggiamento romeno sulla crisi del Medio Oriente non è molto dissìmile da quello italiano, sopratutto per l'aperto riconoscimento del diritto di Israele all'esistenza. Aggiungendo gli accordi bilaterali che saranno discussi e firmati, vi è dunque ampia materia perché gl'incontri tra Fanfani e i dirigenti romeni diano un risultato fecondo, in particolare per l'Italia e la Romania, in generale per il progresso della distensione in Europa. Ferdinando Vegas